Le torride estati arabe

Si dice che con il tempo le cose si aggiustano; quello che non si dice è quanto tempo deve passare prima che ciò avvenga. Sono passati dodici anni da quando il Medio Oriente e il Nord Africa sembravano poter guardare al futuro con un certo ottimismo dovuto all’esplosione delle cosiddette primavere arabe in buona parte di questa regione. Quanto invece rimane di quel fenomeno, sia in Egitto che in Siria, Tunisia, Libia, sono solo le esplosioni in senso reale. Le Primavere, speranze di rinascita e di cambiamento, sono diventate torride, involute su loro stesse e finite tragicamente nel sangue con la collaborazione miope dell’occidente. Ultima ad arrivare a questo triste epilogo è la Tunisia che magari al contrario delle altre non è sfociata in una guerra civile, ma comunque nelle mani di un personaggio losco che cerca di dirottare la rabbia della popolazione, giustificata da una crisi economica infinita, nei confronti dei più poveri tra i poveri. Quelle decine di migliaia di subsahariani che disperatamente cercano di fuggire dagli orrori vissuti nei lager libici e di partire dalle coste tunisine verso un’Europa che preferisce vederli affogare nel Mediterraneo piuttosto che dimostrarsi un minimo civile ed accoglierli come sarebbe almeno umano.
Naturalmente i “democratici” governanti occidentali sono disposti a spendere quanto basta (ma stiamo tranquilli che comunque non basterà) per foraggiare dittatori e le loro corti ipercorrotte per tenere lontano dalle loro amate sponde con le buone o con le cattive chi cerca di fuggire dalla miseria, dalla fame e dai diritti negati. Altrettanto pronti oi a firmare contratti commerciali per importare gas e petrolio a prezzi favorevoli per mantenere le loro economie a galla, fregandosene bellamente delle conseguenze legate ai quei cambiamenti climatici che solo i ciechi e gli idioti non riescono o piuttosto non vogliono vedere, ma che stano mettendo in ginocchio una dopo l’altra le nostre regioni. Naturalmente va da sé che si preferisce anche fingere di non vedere che i nostri “fornitori” non vanno troppo per il sottile con i loro metodi di governo che altro non sono se non rozza dittatura. Ma come diceva Roosevelt: “sono figli di puttana, ma sono nostri figli di puttana”.
Non solo, ma definiscono pomposamente le loro operazione commerciali così inette come “nuovo piano Mattei”. L’Italia deve diventare un hub per la distribuzione del gas in Europa! Proprio quando è palese che se ci sono investimenti da fare, questi devono andare in direzione opposta e a finanziare le energie rinnovabili. Poveri noi che dobbiamo sorbirci tutta questa retorica prosopopea completamente vacua che non ci porterà da nessuna parte se non ad ulteriori disastri che naturalmente verranno definiti come estemporanei e non come dimostrano i fatti e le opinioni di gran parte degli studiosi come inevitabili conseguenze delle nostre scellerate scelte.
Pensiamo di affrontare fenomeni di portata gigantesca come cambiamenti climatici e le loro conseguenze rappresentate dai movimenti di centinaia di milioni di persone in fuga con politichette di piccolo cabotaggio che non porteranno ad altro se non ad aggravare ulteriormente sia l’ambiente che le condizioni di quegli esseri umani che non potranno fare altro che mettere assieme le loro povere cose e partire, qualsiasi sia il prezzo ed il rischio, verso luoghi dove la gente vive meglio e dove si possa, forse, trovare una soluzione ed una vita più dignitosa. Pensare di fermarli regalando qualche centinaio di milioni di euro a dei delinquenti (no, non sono quelli che normalmente guidano quei rottami di barconi e che spesso sono nelle stesse condizioni degli altri con la sola differenza che magari guidando quelle baracche si guadagnano il viaggio e i correlati rischi gratuitamente) è pia illusione nonché grettezza intellettuale.
Se quei soldi, che in ogni caso è chiaro non basterebbero, venissero impiegati diversamente e magari in programmi di accoglienza e di vera integrazione che si basa principalmente sul lavoro, scolarizzazione e di inserimento nelle nostre società, si otterrebbero risultati diversi e migliori. L’occidente ha bisogno anche del contributo che questi potenziali lavoratori possono portare al nostro sistema produttivo e alle nostre economie. Certo, buona parte di queste persone spesso non hanno la capacità di essere direttamente inseriti nelle nostre fabbriche o nelle nostre imprese, ma la loro formazione dovrebbe essere parte essenziale di ogni piano di integrazione.
Purtroppo anche esperimenti e sistemi che nel recente passato avevano dimostrato di essere la base per ottenere qualche buon risultato, mi riferisco in particolare allo SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), sono stati di fatto smantellati, preferendo lasciare chi arriva chiuso, ben che vada, in centri di accoglienza straordinaria che dovrebbero rappresentare solo il primo passo per l’inserimento di coloro che chiedono protezione oppure in altre strutture come i CPA (Centri di Prima Accoglienza), dove l’integrazione non è concepita. C’erano voluti anni e duro lavoro per arrivare ad un sistema umano (da migliorare certamente, ma una buona base di partenza) come quello degli SPRAR; c’è voluto un attimo e la totale ignoranza del fenomeno migratorio per smontarlo di fatto.
Ora si organizzano conferenze in pompa magna (ma di basso livello) sul problema dell’immigrazione, lasciando fuori i Paesi dell’UE che hanno il numero più alto di ingressi come la Francia e la Germania…(forse dovremo spezzare le reni anche a loro, chissà), si firmano contratti con personaggi del calibro di Saied e si continuano a regalare motovedette ai veri trafficanti di esseri umani solo per cercare di ignorare che quegli stessi personaggi useranno quei soldi per i loro personali interessi e per tenere in condizioni inumane (fino a che per un motivo o per l’altro non li infileranno in qualche barcone marcio) quei nostri simili che hanno il solo difetto di avere la pelle di un altro colore.
O magari ci si lancia in reprimende terribili contro il blocco (sicuramente criminale) del grano ucraino sostenendo che tale decisione fa morire di fame i poveri del mondo. Naturalmente non prestando attenzione agli studi di Oxfam che sostengono che solo dal 3 al 5% del grano uscito dai magazzini ucraini in virtù degli accordi precedenti e non rinnovati dalla Russia, sono davvero finiti a loro. Il resto per lo più finisce in occidente come alimento per il bestiame. Senza contare che la crisi alimentare dipende relativamente dal conflitto e dal relativo blocco degli accordi. I tre quarti dei prodotti alimentari ed in particolare del grano sono preda delle speculazioni finanziarie create dal mercato. Per ora la crisi in realtà non ci sarebbe, i depositi per ora sono (sarebbero…) in grado di soddisfare la domanda, ma il vero problema è determinato dagli alti prezzi imposti dalla speculazione che naturalmente incidono sul limitato potere di acquisto dei Paesi in via (perenne) di Sviluppo.
Chapeau!
P.S. ero partito per parlare non tanto d’altro, quanto di questioni legate a quanto sopra. Poi lo schifo che provo per questa situazione mi ha guidato altrove. Ci sarà ancora tempo per tornare sulle mie precedenti intenzioni. Il nostro pianeta è pieno zeppo di iniquità. Amen

Docbrino