Legambiente: fuori luogo le dichiarazioni dell’Assessore Bini. Sauris è una cosa, la politica turistica della Giunta Regionale un’altra
L’importante riconoscimento attribuito recentemente a Zahre/Sauris – ritenuto uno dei migliori borghi rurali al mondo, secondo il giudizio espresso dall’Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite – è dovuto in primo luogo al razionale utilizzo del territorio e all’armonico rapporto con l’ambiente che i suoi abitanti originari (e le generazioni successive) hanno saputo instaurare e di cui la tipica architettura spontanea è la testimonianza più evidente. La marginalità e le difficoltà di accesso, che hanno caratterizzato la valle fino agli anni Trenta dello scorso secolo, hanno permesso poi di conservarne la lingua, la cultura e l’impianto urbanistico. Se, però, la comunità di Sauris, a differenza della maggior parte dei paesi di montagna, ha saputo riprendersi anche dal punto di vista demografico e affermarsi in ambito turistico, facendo perno sulle proprie tipicità, lo si deve fondamentalmente ad una serie di fatti accaduti tra la fine degli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta. Nel 1978 il Piano Urbanistico Regionale individuava, infatti, nella località la presenza di due “centri storici primari” (art. 21 delle Norme di Attuazione); in seguito, l’approvazione della Legge Regionale n. 2 del 1983, che sosteneva gli interventi di recupero dei centri storici nei Comuni di Grado e Sauris, mise a disposizione le risorse finanziarie necessarie per la “salvaguardia dei loro valori ambientali, storici ed artistici”.
Fu grazie a questi provvedimenti che potè concretizzarsi l’innovativa esperienza avviata con il “Progetto Sauris”, ideato e coordinato dall’architetto Pietro Gremese, elaborato e discusso con tutti gli abitanti e sostenuto dalle Amministrazioni guidate dal Sindaco Adriano Petris. Quasi contemporaneamente a quello che il poeta Leonardo Zanier aveva promosso a Comeglians, si sviluppò così l’idea dell’Albergo Diffuso che prevedeva il recupero e la riconversione a fini turistici, a vantaggio innanzitutto della comunità locale, del patrimonio edilizio inutilizzato.
Fatte queste precisazioni, ci sembrano particolarmente fuori luogo le dichiarazioni rilasciate per l’occasione dall’Assessore regionale al Turismo Sergio Bini. Esse non solo rappresentano un maldestro tentativo di attribuire all’Amministrazione guidata da Massimiliano Fedriga meriti che non le appartengono di certo (Bini ha citato, vantandosene, uno stanziamento di 3,5 milioni di euro che verrebbero investiti per la “riqualificazione del demanio sciabile” e l’ammodernamento degli impianti di risalita), ma costituiscono una vera e propria mistificazione. Per Bini, infatti, lo sviluppo delle località montane (e di quelle turistiche in generale), si misura in metri cubi di cemento per nuove costruzioni e gli investimenti pubblici sono finalizzati a favorire questa attività privata.
Libri come La Casa e la vita in Carnia di Lodovico Zanini, edito nel 1968 e, soprattutto, CARNIA, architettura spontanea e costume di Adriano Alpago Novello, corredato dalle bellissime fotografie di Giovanni Edoardo Nogaro, uscito nel 1973, hanno contribuito alla consapevolezza della bellezza e del valore di quanto costruito dai nostri avi. E’ per la salvaguardia di ciò che resta ancora di questo patrimonio storico che la Regione si dovrebbe impegnare – così come aveva fatto per Sauris di Sopra e di Sotto attraverso i Piani Particolareggiati approvati negli anni Ottanta – e non per incentivare e permettere, addirittura in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi comunali, strutture di lusso con piscine coperte e centri benessere, rischiando di attirare anche capitali di dubbia provenienza. Le recenti dichiarazioni di Fedriga, che auspica una “regionalizzazione” della Soprintendenza, lasciano trasparire, poi, il desiderio di mettere “sotto controllo” anche questo “fastidioso” organo di tutela dei nostri beni storici ed ambientali. Evidentemente per la Giunta Regionale il modello da imitare è quello di Sella Nevea, che avrà anche fatto guadagnare chi ha acquistato per poche lire i terreni su cui sono stati poi edificati appartamenti e alberghi di dubbio gusto, ma che ha contribuito a svuotare i paesi della Val Raccolana. Chiusaforte, infatti, con i suoi condomini e nonostante i milioni di euro investiti negli ultimi vent’anni dalla Regione e da Promoturismo è uno dei Comuni montani che registra il maggior decremento demografico. Esatto il contrario di quello che è successo a Sauris!