Lo spettro del patto Molotov-Ribentrop ripercorre l’Europa
La Conferenza di Monaco del 1938 turba i sonni agitati degli europei. I Sudeti dopo l’Austria non accontentarono Hitler e la intera Cecoslovacchia entrò a far parte del “Lebensraum” tedeco. Che naturalmente era molto più grande e gli appetiti germanici ebbero modo di esprimersi compiutamente negli anni successivi. Chi pensa che Putin non si fermerà, dopo la digestione della prima tranche di Ucraina garantita da un accordo, ha probabilmente ragione, e quindi diventa chiaro che ogni futuro sviluppo sarà determinato dai rapporti di forza militari, veri o percepiti.
Ma, a mio parere, la situazione attuale è solo in parte assimilabile alla situazione europea dopo l’accordo “di pace” di Monaco. Io ricorderei piuttosto quello che accadde l’anno successivo. Il 23 agosto 1939, la Germania e l’Unione Sovietica stringono un patto di non aggressione conosciuto come Molotov-Ribbentrop, che suscita scalpore internazionale, e firmano un «protocollo aggiuntivo» segreto sulla spartizione dell’Europa orientale.
Oggi i tempi degli avvenimenti sono molto diversi ma quello che si prospetta nella pace possibile “Trump-Putin” è un qualcosa di molto simile: l’oggetto è la spartizione non più della Polonia ma dell’Ucraina, formalmente non in precise aree statali ma anche in suddivisione dei beni disponibili, siano esse terre agricole o minerali “interessanti” ed altre quisquiglie del genere, come può essere la stessa ricostruzione. Ci si gioca il prestigio e il posizionamento nelle prossime partite, ma capitalizzare qualcosa subito è quello che la cultura imprenditoriale di Trump capisce bene.
Dopo il Patto segreto del 1939 Hitler invase la Russia convinto di poter portare a casa l’intero piatto, e una domanda circola ancora oggi su quanto gli avvenimenti successivi sarebbero cambiati senza la sbagliata valutazione tedesca. Così oggi ci domandiamo se Putin potrà commettere lo stesso errore procedendo a tappe forzate nella riconquista di quello che appunto considera il suo ambito vitale, chiamiamolo pure Ruskij Mir, o se attenderà man mano le occasioni favorevoli che si presenteranno.
Non entro in previsioni profetiche: il caos non segue andamenti né lineari né razionali. Tuttavia il dato di un patto (più o meno segreto) in fieri ha già alcuni punti evidenti da leggere. La spartizione dell’Ucraina significa un certo aumento dello spazio “sicuro” russo ma significa anche una nuova proprietà USA (in forme diverse da Groenlandia e Panama) che si avvale di un amministratore locale che a quella proprietà continuerà a fare riferimento. Che sia la Polonia da sola o “la alleanza del Nord” (sempre a guida “polacco-lituana”) di cui oggi si parla, non cambia molto, vista anche l’incertezza politico-statale dello spazio Nato dei paesi della area di sud-est. L’Europa atlantica dell’ovest è stata fatta fuori e con essa ogni possibilità. al momento, di condizionare le politiche economiche e militari dell’egemonia.
Può l’Unione Europea cominciare a battere qualche colpo?
Molti commentatori si stanno interrogando su come i resti dell’UE, Germania e Francia nella sostanza, potranno reagire alle provocazioni USA di esclusione dalle trattative mondiali in corso, volutamente prive di qualsiasi “delicatezza” anche formale. Si parla di una prima possibile vendetta europea nel riprendere le fila dell’iniziativa cinese della “via della seta” in un quadro di riproposizione della “autonomia strategica”. Che non può significare una uscita dalla Nato ma semplicemente cogliere l’occasione dell’obbligato riarmo per un proprio rilancio tecnologico sia nei dispositivi che nella gestione delle innovazioni digitali e soprattutto della “sopravvalutata” AI.
Qui però si ripropone il tema della ricomposizione di un adeguato livello di coesione europea in questo momento in frantumi visti i due pilastri che accompagnano Trump e gli USA attualmente: come detto la Polonia a nord est e l’Italia a sud. Visti gli andamenti politici attuali l’unico quadro di ricomposizione europea non può che essere una politica fortemente anti immigrazione (con misure repressive pesanti) e riconoscimenti di “interessi nazionali” nella speranza che non divengano tra loro contrastanti, in particolare nei campi dell’economia produttiva, della finanza e della fiscalità. Non c’è da star allegri in termini di diritti (sociali, umani, di genere) ma è quello che passa il convento della democrazia.
La storia può aiutare. La partita ha quattro giocatori principali, ognuno con imprimatur che possono far capire quanto nel quadro democratico attuale ci sia ballerino. Parlo appunto di Francia, Germania, Italia e Polonia. Trascuro la Spagna proprio per la sua storica adattabilità ai giochi che prevalgono.
L’Italia ha sempre rovesciato le sue alleanze trovando nel prevalere di spazi di opinione pubblica (o di pura necessità di sopravvivenza) l’occasione per farlo. Sicuramente oggi l’elettorato che sostiene Meloni non è atlantista (per indole è “trumpiano”), ammira la potenza di Israele con venature “antisemite”, e tra Russia ed Ucraina prende atto del destino. La “nazione” di Giorgia oggi è qui, in toto con gli USA, ma credo che della stessa nessuno si fida.
Cruciale per l’UE diventa quindi l’universo polacco, spaccato tra due orizzonti politici interni per quanto riguarda i futuri governi, ma ben pronto a cogliere senza contrapposizioni preconcette le scelte internazionali che meglio garantiscano un percorso di sopravvivenza, rispetto alle minacce ai confini e anche di crescita economica e sociale. Se Germania e Francia questo sapranno proporre, prima o dopo, la lontananza degli USA, in particolare anche a seguito delle vere scelte che faranno Trump ed i suoi successori, i dubbi polacchi cominceranno a pesare. Avere ad est due imperi in ricostituzione, quello turco e quello russo-bolscevico dovrà giocoforza far guardare ad ovest, peraltro solo nel caso in cui tedeschi e francesi saranno in grado di guidare una prospettiva unitaria forte di relazione globale con i vari sistemi regionali in formazione. Se l’attuale potenza egemone da segni di voler togliere qualche accampamento non credo che l’attuale fiducia in sé del potere polacco (anche in termini di preparazione militare) possa pensare che anche questa volta basti la cavalleria.
Da qui quindi l’utilità di prendere a riferimento culturale e politico l’accordo Molotov-Ribbentrop del 1939, non semplicemente per ricordare la eterna presenza della questione polacca nella modernità europea, ma per trarne la conclusione che quanto stanno facendo Putin e Trump non è altro che un accordo provvisorio. Il suo fine prossimo è quello di essere tradito secondo convenienze (vere o percepite) ed il suo prezzo verrà comunque pagato dall’Europa se questa non saprà trovare adeguate misure che facciano naufragare le prospettive in essere. Se allora nel 39 il mondo appariva trino, nazismo, bolscevismo, democrazia, per diventare binario nei successivi 45 anni post II guerra mondiale, oggi un sistema globale, concepito quasi binario tra egemonia USA Occidentale e resto del mondo, potrà forse diventare multipolare proprio a partite da una, peraltro allo stato delle cose quasi inimmaginabile, capacità europea, o meglio franco-tedesca, di rimescolare le carte.
Giorgio Cavallo