Mark Kramer, direttore Centro studi guerra fredda Harvard University, apre a Udine il forum internazionale “Terre di confine”
La storia come strumento di lettura del nostro tempo, la Guerra fredda come antefatto per i conflitti di oggi, in Europa e nel mondo: a Udine e Gorizia, città strategiche negli anni della Guerra fredda, dal 9 all’11 marzo un Forum internazionale rilegge il ruolo chiave dei territori di confine e inaugura una partnership fra Friuli Storia, Università di Udine e Università di Harvard, all’indomani del primo anno di Guerra in Ucraina. Il Forum è organizzato con il contributo e la collaborazione della Regione Friuli Venezia Giulia, della Fondazione Friuli, della Fondazione Cassa di risparmio di Gorizia e del Comune di Udine, in collaborazione con la RAI, mediapartner la sede RAI Friuli Venezia Giulia, E sarà lo storico e analista Mark Kramer, Direttore del Centro Studi sulla Guerra Fredda di Harvard University, introdotto dal docente dell’Università di Udine e direttore scientifico del Forum Tommaso Piffer, a inaugurare il Forum, venerdì 9 marzo a Udine – nel prestigioso Salone del Parlamento, ore 18 – con la lectio che dà il titolo al programma, “Terre di confine: dalla Guerra fredda ai conflitti del nostro tempo”, uno sguardo retrospettivo per proiettare la storia sui drammatici accadimenti di questi mesi. «A posteriori – anticipa Mark Kramer – possiamo domandarci se le incursioni russe in Ucraina nel 2014 e nel 2022 si sarebbero potute evitare qualora i governi occidentali avessero risposto in modo più deciso e coerente alle ripetute violazioni dei confini dei Paesi vicini da parte della Russia a partire dai primi anni ’90. Intenzionalmente o inavvertitamente, dopo il 1991 i leader occidentali hanno dato l’impressione di considerare le ex repubbliche sovietiche come parte di una sfera di influenza russa, approccio ha dato adito a un “azzardo morale”». E sabato 11 marzo, a suggellare il Forum con l’intervento conclusivo, ricongiungendo analisi storica e fatti dei nostri giorni, sarà ancora un accademico di Harvard, lo storico Charles S. Maier. Dalla storia alla geopolitica, quindi, per decodificare gli scenari del nostro tempo, mentre prosegue sempre più drammaticamente la Guerra in Ucraina. Alla tre giorni parteciperà un think tank di una quarantina di studiosi di tutto il mondo, e dagli interventi del Forum nascerà una pubblicazione sul ruolo strategico delle “Terre di confine”, dalla Guerra fredda ad oggi. Il Forum, quindi, come un Osservatorio sul mondo dallo spicchio visuale delle Terre di confine, in un conto alla rovescia verso il traguardo di Gorizia/Nova Gorica 2025: aggiornamenti periodici e riunioni annuali scandiranno un programma di ricerche e analisi dei partecipanti sulla storia delle terre di confine guardando alla prospettiva storica e analizzando gli scenari attuali.
Spiega il docente di Storia contemporanea dell’Università di Udine Tommaso Piffer, che firma la direzione scientifica del Forum: «la tre giorni di Udine e Gorizia apre uno sguardo retrospettivo sulle Terre di confine nell’Europa centro-orientale, ma anche nella vasta area eurasiatica, e va alle radici dei conflitti che stiamo attraversando. Siamo lieti che questa iniziativa sigli la nuova partnership fra Friuli Storia, le Università di Udine e quella di Harvard, con il suo Centro Studi sulla Guerra fredda: una collaborazione progettata sul medio e lungo termine come un ponte di studio e ricerca. Con questo progetto il territorio si candida quale capitale della storia contemporanea a livello internazionale». Proprio poche settimane fa, il Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale (Dium) dell’Università di Udine è stato riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, per la seconda volta consecutiva, tra i Dipartimenti di Eccellenza degli atenei italiani per il periodo 2023-2027.
Nel corso del Forum, che prenderà il via giovedì 9 marzo alle 9.45 a Udine, a porte chiuse, si parlerà del territorio italiano di nord-est, tema della relazione di Tina Ivnik sull’area delle Valli del Natisone, e degli incidenti lungo il confine fra Austria, Ungheria e Cecoslovacchia (Philipp Lesiak e Sabine Nachbaur), fra Austria e Yugoslavia (Dieter Bacher); si parlerà anche delle minoranze russe in Corea (Timothy Webster) e di quello che succedeva attraverso i confini: varcati da contrabbandieri, spie o prostitute (Zsolt Nagy) o nel caso di rifugiati politici (Robert Nelson) o ancora di accordi sulle politiche migratorie, come nel ‘75 per iniziativa della Germania Occidentale (Stefanie Woodard). L’impatto economico della Guerra fredda sarà analizzato negli interventi degli analisti Taylor Zajicek, Peter Svik, Lorenz Lüthi e Anna Maria Scognamiglio: quest’ultima focalizzerà su un contesto di estrema attualità, le origini della cronica dipendenza dell’Europa occidentale, in particolare della Germania, da fonti energetiche russe. Il ruolo delle Grandi Potenze sarà indagato con riferimento al conflitto russo-giapponese (Yasuhiro Izumikawa) e alla disputa sino-sovietico sui confini (Sergey Radchenko), così come alle minoranze linguistiche nella polveriera dei Balcani (Nadia Boyadjieva).