Medicina di genere: trionfa l’esperienza pilota Uniud che dice “stop” agli stereotipi in tema di salute
Oltre 700 presenze ad ogni incontro e larghissimi consensi. Segno evidente che di una medicina più “giusta” e sartoriale, finalmente cucita anche sulle differenze legate al genere, e non più tarata semplicemente sul modello del paziente maschio, ce n’è davvero bisogno. A dimostrarlo è il sorprendente bilancio con cui il Dipartimento di Area Medica dell’Università di Udine ha chiuso di recente la prima edizione del Corso “Comprendere la medicina personalizzata in una prospettiva di genere” realizzato in stretta sinergia con il Comitato Unico di Garanzia (CUG) dell’Ateneo in attuazione del virtuoso Gender Equality Plan (GEP), il piano biennale adottato da UniUD, anche in applicazione del PNRR e delle indicazioni della Commissione UE, in nome della parità e dell’inclusione. Quattordici gli incontri proposti all’utenza in modalità mista con l’obiettivo di approfondire aspetti spesso trascurati e di sollecitare nei corsisti una vera e propria rivoluzione culturale; quella necessaria per ripensare doverosamente la medicina, oggi, in un’ottica di inclusività e personalizzazione alla luce delle innegabili differenze tra uomo e donna, e dare così ad ogni paziente la migliore cura possibile. «Abbiamo coinvolto l’uditorio in un complesso ed entusiasmante viaggio a tappe che in realtà ha obbligato gli stessi docenti a mettersi, per primi, in discussione e a porsi importanti interrogativi – spiega Lorenza Driul, docente di Ginecologia e ostetricia presso il Dipartimento di Area Medica, componente del Comitato scientifico e promotore dell’iniziativa – Abbiamo cercato di garantire una visione globale del concetto di salute promuovendo l’importanza della consapevolezza delle differenze di genere in ambito medico-chirurgico e sanitario per rendere sartoriali, e dunque più efficaci, gli interventi sui pazienti. Al tempo stesso abbiamo incentivato ad una maggiore attenzione alla raccolta dei dati anamnestici, strumentali e laboratoristici e alla stesura delle cartelle e dei referti proprio in relazione al genere della persona». E ad arricchire ulteriormente il viaggio, pensato per gli studenti di medicina, delle professioni sanitarie, di biotecnologie e scienze motorie ma anche per medici in formazione specialistica e professionisti dell’ASUFC, ci penserà di sicuro la seconda edizione del Corso, fortemente voluta e già pronta per aprire i battenti da ottobre. «Affronteremo altre e diverse tematiche per continuare a garantire a docenti e corsisti l’ampliamento delle competenze e la crescita culturale che hanno già decretato il successo di questa innovativa esperienza innescando un primo e importante cambiamento di rotta – anticipa Barbara Frossi, ricercatrice in Patologia generale presso il DAME e componente del Comitato scientifico dell’iniziativa – È fondamentale continuare a lavorare, come Dipartimento, per una cultura medica inclusiva che porti ad affrontare il problema sanitario in maniera sempre più personalizzata e individuale. Questa è la strada vincente per un reale e sensibile miglioramento della qualità delle cure». A confermarlo ulteriormente è Valeria Filì, delegata del Rettore per le pari opportunità e Presidente del CUG, soddisfatta per l’ottimo esito del corso, impreziosito oltretutto dalla qualificata partecipazione di esponenti della Polizia di Stato. A loro firma, infatti, l’ultimo incontro dell’iniziativa per sottolineare l’importanza, specie nei casi di violenza domestica, di una refertazione clinica precisa e accurata così da consentire alla polizia giudiziaria un prosieguo delle indagini spedito ed efficace. «È essenziale insegnare ai medici a riconoscere le violenze e le discriminazioni e ad avere maggiore consapevolezza del loro ruolo cruciale, anche nella prevenzione e repressione dei fenomeni di violenza domestica – sottolinea Filì, componente del Comitato scientifico dell’iniziativa – Proprio per questo la seconda edizione del Corso contemplerà anche un modulo di nozioni base di diritto antidiscriminatorio».