Medicina di gruppo: In attesa delle Case di comunità. Il futuro dei medici di famiglia per evitare il privato
Pazienti che superano il tetto massimo per ciascun medico di medicina generale, un eccesso di burocrazia e tanti professionisti pronti ad andare in pensione lasciando sguarnite intere aree, ma anche costi sempre più alti per mantenere un ambulatorio. “Serve una nuova organizzazione – afferma il Presidente dell’Ordine dei Medici di Udine, Gian Luigi Tiberio – per mantenere la capillarità dei nostri studi sul territorio, altrimenti andiamo in bocca al privato”.
La strada da seguire, per il Presidente, è quella della medicina di gruppo, ovvero studi associati dove lavorano più medici e dov’è possibile anche sostenere i costi dei collaboratori di studio. “Oggi il 60% del nostro lavoro è burocrazia – spiega Tiberio – se potesse farlo qualcun altro, per noi sarebbe più semplice seguire i pazienti e dedicare loro più tempo”.
Un singolo medico difficilmente può permettersi assistenti di segreteria, ma negli studi associati risulta più semplice. Non sono certo una novità, ma sono presenti nei grandi centri urbani, mentre le aree più periferiche ne sono sguarnite. Il problema, forse, sarà risolto in futuro con le Case di comunità, ma per Tiberio non saranno sufficienti a garantire ovunque il medico di famiglia: “In Friuli Venezia Giulia sono previste 20 Case di comunità, ma in territori circoscritti. Per salvaguardare il sistema, oggi è necessario costruire studi attrezzati per dare maggiori risposte ai pazienti e incrementare la possibilità prestazionale oggi bloccata dal massimale”. Ciascun medico, infatti, ha un limite massimo di pazienti, ma negli studi organizzati sarebbe possibile seguire un maggior numero di pazienti. “Bisogna creare i presupposti per andare verso questo tipo di organizzazione – aggiunge Tiberio – creando un tavolo tra le parti, medici di medicina generale, sindacati e istituzioni. E’ indispensabile puntare su questo per sopperire alla carenza dei medici di medicina generale”.