Mentre la sanità del Fvg fa acqua, strateghi in confusione all’azione

Difficile sapere se per l’assessore alla salute della Regione Fvg Riccardo Riccardi valga il “tanti nemici tanto onore” di antica memoria, senza contare che si sa o come andò a finire, di certo l’impavido politico tanto amante dell’asfalto non si muove con altrettanta dimestichezza nelle corsie ospedaliere rispetto a quelle autostradali, forse per questo è riuscito nell’arduo compito di scontentare tutti nella sua veste di vertice delle politiche sui camici bianchi e tutore della salute pubblica regionale.  A riprova di questo nelle ultime settimane l’Assessore è stato al centro delle critiche che gli arrivano da ogni parte con anche pezzi importanti del centrodestra infastiditi dalle sue sparate che ostentando sicurezza in realtà, dicono, esprime immobilismo e sudditanza rispetto alle scelte del passato da lui criticate a poi lasciate quasi intatte. Una situazione che fa prestare il fianco alla giunta Fedriga alle critiche feroci e che addirittura fa dire alla ex governatrice Serracchiani, che sul tema sanità Fvg ha le sue responsabilità, che da “Riccardi pensieri confusi”.
Comprendiamo che Riccardi continui a difendersi attaccando, dice Serracchiani,  comprendiamo assai meno alcuni pensieri confusi che associano il Pd a uomini soli al comando. Ha detto Serracchiani, forse non ricorda che quello è il marchio di fabbrica del presidente Fedriga”. “Siamo sempre pronti – aggiunge Serracchiani – al confronto leale e non strumentale, se Riccardi riesce a contenere la sua irruenza. In ogni caso attendiamo fatti e non tante parole”.  Ma se la polemica politica fra partiti è comprensibile in dinamica maggioranza opposizione, quello che dovrebbe preoccupare maggiormente Riccardi e ancora di più il governatore Fedriga, è il montare della protesta dal basso, dagli operatori del settore sanitario quando non dagli utenti del servizio sanitario regionale sempre meno tutelati (basti pensare ai tempi d’attesa per le prestazioni diagnostiche) o alla confusione che sembra regnare indisturbata nel settore. A tale proposito  Walter Zalukar Presidente dell’ Associazione Costituzione 32 segnala un episodio inquietante che riguarda la compartecipazione degli utenti alle rette RSA (residente sanitarie assistite). Scrive Articolo 32: “Sul Piccolo del 5 giugno u.s. appare la replica del Commissario straordinario dell’AsuiTs, Antonio Poggiana, alla senatrice Laura Stabile e al consigliere regionale Andrea Ussai, che avevano denunciato la mancata applicazione da parte dell’Azienda sanitaria di Trieste della norma regionale che ha esteso da 30 a 60 i giorni di ricovero gratuito nelle RSA. Lo stesso 5 giugno sono stati trasmessi dall’AsuiTs alle RSA i nuovi moduli da far firmare ai pazienti prima del ricovero. Incredibilmente i contenuti di tali moduli, predisposti dalla AsuiTs, smentiscono le dichiarazioni del Commissario di AsuiTs.  Questi aveva infatti dichiarato: “se l’Uvd (Unità valutazione distrettuale) stabilisce che il paziente ha bisogno di una settimana di ricovero in Rsa, durante quel periodo nulla è dovuto. Se il paziente decide però di rimanere nella Rsa deve compartecipare al 50% della retta fino al sessantesimo giorno”. Ma nel modulo si legge chiaramente che “non è possibile prolungare volontariamente la degenza in RSA” in quanto “la durata della degenza viene disposta esclusivamente dall’U.V.D. d’intesa con il personale della R.S.A”. Nel modulo si precisa anche che qualora il paziente “intendesse protrarre volontariamente la degenza in R.S.A. oltre la data di dimissione disposta dall’U.V.D., sarà addebitata l’intera tariffa giornaliera”; quindi il 100% e non il 50% dichiarato dal Dott. Poggiana al Piccolo. Che dire? Che la destra non sa cosa fa la sinistra? A questo punto deve essere fatta una precisazione autentica, perché qui si tratta di centinaia, se non di migliaia di euro da pagare o non pagare, e i malati e i loro familiari devono sapere a cosa vanno incontro. Comunque assai preoccupante che ciò accada nell’Azienda che si occupa della salute di tutti i triestini”.

Appare quindi evidente che c’è poco da stare allegri, la situazione di gestione se non fuori controllo è almeno in “confusione”.  Una situazione che fra l’altro  presta anche il fianco ai campanilismi sanitari che trovano terreno fertile quando la situazione del sistema fa “acqua” o non è equilibrata da buone pratiche di funzionamento . Ma c’è di più, è di oggi ad esempio una nota del Comitato Difesa Sanità Triestina che parla di “Riccardi contro Trieste e i triestini. Ora al di là delle solite litanie giuliane di campanile, alle quali fanno il paio quelle, altrettanto miopi, friulane, è evidente che i fatti ed il malessere sono reali per tutti. Si legge nella nota del Comitato: “L’ennesimo diktat del vicegovernatore Riccardi a danno di Trieste e i triestini: Trieste non riavrà la Centrale operativa 118. Non importa se altri triestini moriranno nella vana attesa dell’autoambulanza come quel cinquantenne morto di infarto due anni fa in Piazza Vittorio Veneto e rimasto a terra 14 minuti, mentre l’ambulanza era libera a poco più di un chilometro di distanza, ma la Centrale di Palmanova chissà cosa stava facendo. O come la signora morta nell’incendio della sua abitazione a Borgo S. Sergio, mentre pompieri e ambulanza venivano mandati verso via Marchesetti. Ma Riccardi ritiene che ”dividere l’attività in più parti risulta poco funzionale”, quindi per Riccardi una Centrale a Trieste, come una volta, sarebbe “poco funzionale”, mentre per Riccardi è più funzionale Palmanova, che manda l’ambulanza dalla parte opposta della città. Se poi qualche triestino in più morirà nell’estenuante attesa di soccorsi mandati chissà quando e chissà dove sarà registrato come danno collaterale, ma la Centrale deve stare a Palmanova, perché per Riccardi è più funzionale che stia in Friuli. Non importa se professionisti esperti abbiano prodotto motivazioni tecniche inoppugnabili a favore della collocazione provinciale della Centrale 118, l’architetto Riccardi neppure considera i medici, i riscontri tecnici non valgono contro il disegno politico di egemonia del Friuli. E oltre il danno la beffa: i triestini avevano votato in massa il centrodestra anche e soprattutto per la promessa di restituire alla città il 118, la Medicina d’Urgenza, una sanità finalmente efficiente dopo la devastazione della riforma Serracchiani. E invece le promesse sono state ignobilmente stracciate, le attese dei triestini liquidate in modo arrogante e beffardo, la sanità un tempo eccellente ridotta allo sfascio peggio che ai tristi tempi di Serracchiani. Ma una cosa è certa: i triestini non dimenticano”. 

Ora al di là della posizione “territoriale” del Comitato che rappresenterà pochi, come ci fanno sapere da ambienti del centrodestra,  ma è comunque  cartina di tornasole di una situazione generale della sanità che appare ai limiti del “fuori controllo”,  non è certo riferendosi agli “errori del passato” che si affrontano i problemi e neppure dando la colpa ai computer. In ogni ambito pubblico e privato per mascherare incapacità umane e colpe spesso dei vertici si addossano responsabilità alle macchine che hanno la cattiva abitudine di non potersi difendere. Così appare risibile la tesi riccardiana secondo cui per la centrale operativa del Soros “Il vero problema legato al malfunzionamento della Sala operativa regionale dell’emergenza sanitaria è dovuto all’utilizzo di una dotazione tecnologica non conforme alle necessità del sistema, problema dal quale derivano una serie di altre inefficienze….”.

Forse ascoltare di più chi in quei sistemi opera potrebbe lenire i problemi perchè c’è il rischio che no basti il generico “siamo già al lavoro al fine di sostituire quel materiale inadeguato con il quale il Sores ha iniziato la sua attività” perchè c’è il rischio che nel frattempo le persone, triestine e non, possano morire.