Mia fatsa mia ratsa
In realta’ questo sarebbe un detto greco che sottolinea la vicinanza tra italiani e greci, ma mi piace pensare che, come insegna perlatro la storia, ci siano molte piu’ affinita’ tra Mediterraneo e Medio Oriente rispetto a quanto generalmente si crede e ci insegnano.
Che i due paesi mediorientali, L’Iraq e la Siria, abbiano storicamente parecchie cose in commune con noi e soprattutto tra di loro e’ persino superfluo da dirsi. Altrettanto evidente e’ il fatto che siano stati, e sono tuttora, teatri di guerre devastanti che hanno ridotto queste due nazioni in rovina. Legati non solo da confini in comune e da aree in cui le popolazioni sono state separate solo dall’insano piano di divisione “Sykes – Picot” in cui cio’ che era stato l‘impero ottomano veniva smembrato a seconda degli interessi non degli abitanti di quei luoghi, ma delle due allora potenze coloniali, Regno Unito e Francia, e d in tempi piu’ recenti, accomunate anche dal governo dei due partiti fratelli e di impronta socialista: i partiti Baath.
Che poi ci fosse una reale affinita’ tra le due repubbliche baathiste, beh, questa e’ un’altra storia. In ogni caso, Iraq e Siria potevano vantare un buon grado di sviluppo (non in tutte le aree dei paesi, chiaro) sia economico che scolastico e soprattutto un governo di approccio secolare che nell’area non aveva eguali. Tutto cio’, naturalmente si scontrava con una realta’ completamente opposta nelle aree rurali che rappresentavano la parte piu’ consistente del territorio.
I governi dei due paesi erano entrambi retti dalle “etnie” di minoranza, non certo per una questione di democrazia; quella alawita (di fede sciita) in Siria e quella sunnita in Iraq. Cio’ non poteva che creare dissapori e diverse forme di benessere tra le zone urbane privilegiate e quelle rurali governate per lo piu’ con il sistema tribale e clanico. Va da se’ che per gestire una situazione del genere e mantenere i privilegi delle minoranze, l’uso indiscriminato del pugno duro e della repressione sistematica era (ed e’) il sistema di riferimento. Da una parte la famiglia Assad (prima Afez e poi Bashar) e dall’altra Saddam Hussein, non sono certo andati per il sottile, riempiendo le carceri di prigionieri politici e i cimiteri dei loro avversari.
Il guaio e’ che sia il Levante che il territorio dell’antica Babilonia (la Siria e l’Iraq) rappresentano aree di importanza strategica che alimenta gli appetiti di vari attori internazionali; il controllo dell’Iraq con probabilmente le seconde risorse disponibili di petrolio del pianeta e della Siria che potrebbe, attraverso l’Iraq, congiungere Il Mediterraneo con il golfo Persico e’ chiaro che fa gola a parecchi insaziabili soggetti.
Inoltre, in seguito ai conflitti che da troppi anni insanguinano questa parte del pianeta, la situazione dei due paesi e’ ancora piu’ marcatamente simile.
Se parte del nord della Siria e’ stato (tuttora lo e’) in varie fasi occupato dai turchi (o dai loro sodali), da questo punto di vista anche gli iracheni non si sono fatti mancare nulla. Nel profondo nord montagnoso iraqeno, nella zona kurda del Qandil, il PKK (partito dei lavoratori kurdo) il cui leader Ocalan (Apo) sta marcendo dal 1999 nelle carceri di massima sicurezza turche anche a causa di alcune maldestre azioni dell’allora governo Italiano di centro sinistra, ha le proprie basi. Ultimamente, da quelle parti i turchi bombardano ormai con una costanza praticamente quotidiana. Non solo, ma le truppe di terra piu’ volte sono sconfinate entrando profondamente in territorio iraqeno in caccia dei gurrriglieri del PKK, prendendosi anche la briga, ormai che c’erano, di mettere a ferro e fuoco villaggi i cui abitanti sono sospettati di appoggiare i guerriglieri di Apo. Di recente ci sono stati scontri tra il PKK, in ritirata a causa dei bombardamenti da parte dei droni turchi, e i Peshmerga (esercito kurdo-iraqeno) che hanno fatto ulteriormente salire la tensione e corroso ulteriormente i rapporti tra le due parti. Altro che solidarieta’ “inter kurda”…
Evidentemente anche questo non basta, e dunque Erdogan & C. hanno pensato bene di regolare alcuni conti con gli Yazidi che abitano (piu’ che altro abitavano) la regione del Sinjar nel nord ovest iraqeno al confine con il NES (Nord Est Siriano) e che hanno la colpa di essere stati, coloro che ci sono riusciti almeno, messi in salvo dalla ferocia dell’invasione dell’Isis, grazie ai combattenti kurdi del Rojava, YPG e YPJ. L’esercito turco, inoltre e giusto per gradire, ha costruito una sua base all’interno del Kurdistan iraqeno,; un po’ come fanno i cani per marcare il loro terreno.
Basta sopostarsi di poco dallo Sinjar e si arriva nella zona di Mosul. Mosul, ex seconda citta’ dell’Iraq e centro da cui Abu Bakr al Baghdadi, indimenticabile califfo dell’Isis, diffondeva il suo verbo. Citta’ tra quelle che ho avuto occasione di visitare che quanto a distruzione e’ seconda solo a Raqqa, simbolo della sconfitta dei barboni fanatici da cui e’ stata liberata principalmente dalle milizie sciite sia iraqene che iraniane che hanno rappresentato l’indispensabile fanteria che avanzava sotto i costanti bombardamenti della coalizione internazionale a guida Usa. Ora queste stesse milize, parte delle quali fanno riferimento ai leaders sciiti iraqeni (Al Siatani da una lato e Muqtada Al Sadr dall’altro) e parte direttamente sotto il comando delle guardie della rivoluzione iraniane, si sono piazzate nella regione a nord ovest rispetto a Baghdad e giu’ fino all’Anbar, aree in cui la popolazione iraqena e siriana hanno spesso in comune religione (sunnita), tradizioni e clan di appartenenza.
A sud di Baghdad, invece, area in cui ci sono alcuni dei maggiori siti religiosi per importanza degli sciiti, nonche’ i pozzi petroliferi piu’ importanti assieme a quelli del Kurdistan, l’Iran ha un’ influenza diretta e spesso di fatto governa. Da queste parti, in citta’ come Nassiriyah (ci dice qualcosa?), Najaf, Karbala, Bashra, i giovani da piu’ di un anno stanno dimostrando contro disoccupazione, corruzione, ingerenza delle autorita’ religiose e poverta’. In quest’area il disagio sociale ed economico e’ estremo a secondo stime assolutamente credibili ed informate ci sono stati circa 500 morti tra I manifestanti, uccisi dalle forze di sicurezza, spesso dalle milizie sciite che controllano tutto cio’ che accade.
Nella capitale, invece, le stesse milizie sciite periodicamente lanciano qualche missile verso l’iperprotetta zona verde (evidentemente non proprio cosi’ invulnerabile), quella in cui ci sono i piu’ importanti uffici governativi e le varie ambasciate tra cui quella Usa, la piu’ grande al mondo. Stessa sorte che capita all’aeroporto di Erbil (capoluogo dell’autonoma Regione del Kurdistan Iraqeno) all‘interno del quale un’intera area e’ a disposizione delle truppe Usa; sorte riservata anche ad alcune basi da cui gli stessi militari di Washington si stanno ritirando, lasciando sul terreno solo gli “esperti in consulenza militare” e probabilmente una discreta quantita’ di mercenari; pardon “contractors”!
Bene, tutto cio’ per dare un quadro generale di quanto accade in Iraq, ma anche per evidenziare il parallelo con la situazione siriana. Il livello di devastazione dei due paesi e’ davvero simile, tanto quanto la situazione di frammentazione dei due stati cugini. Se si considera che la Siria e’ divisa fondamentalmente in due parti, una in cui il governo ha buona parte del territorio sotto (parziale) controllo -quella ad occidente del fiume Eufrate- e l’altra (il NES) governata (anche li’ parzialmente) dalla Self Administration a trazione kurda, la similarita’ dei due contesti appare evidente. Non solo, ma se si considera che il nord della Siria (Afrin, Idlib, Tal Tabyad, Ras el Ain, praticamente tutti i confini con l’ingombrante vicino) e’ nelle mani dei fedeli alleati della Turchia, che le milizie sciite filoiraniane e Hezbollah governano a modo loro il sud e la zona a sud est al confine con l’Anbar in Iraq, che le forze della coalizione bombardano regolarmente (con l’aiuto dell’aviazione israeliana) le suddette milizie che a loro volta rispondono lanciando razzi e missili verso obiettivi e basi Usa, che il governo come si diceva ha solo un parziale controllo di buona parte del paese e che all’interno dei confine di entrambe le parti l’Isis ha rialzato notevolmente la cresta, ci si mette poco a capire che c’e’ poca differenza tra I due paesi “cugini”. E soprattutto che, volente o nolente, la via per portare un minimo di stabilita’ nella zona, la soluzione che tenga conto di entrambe le realta’ in comune, e’ l’unica strada percorribile.
Chissa’ che qualcuno se ne accorga.
Docbrino