Monfalcone contro il commercio delle armi, domani presidio per la cessazione dei traffici d’armi verso i Paesi in guerra
Riceviamo e pubblichiamo questo comunicato stampa di un gruppo di associazioni di Monfalcone. Mercoledì 4 settembre alle ore 17 sulla nuova scalinata del porticciolo sul canale Valentinis a Monfalcone, nel punto più a nord del mare Mediterraneo, si terrà un presidio unitario per la cessazione dei traffici d’armi verso i Paesi in guerra, quali Ucraina e Palestina, dove si stanno consumando spaventose stragi grazie anche alla complicità interessata del nostro governo e delle imprese. Denunciamo i traffici del militarismo, che per mezzo della logistica sta portando l’umanità verso la terza guerra mondiale, anche da Portorosega in violazione della legge 185/’90 – che proibisce l’export armato verso Paesi in guerra – della nostra Costituzione e del Trattato internazionale sul commercio delle armi. L’ultimo di questi episodi si è verificato ad agosto, con l’imbarco di carri armati e autoblindo dalla banchina del porto bisiaco. Il coinvolgimento militare italiano nel Mediterraneo orientale e in mar Rosso ci rende parte attiva del conflitto in Medio Oriente come in Ucraina.
Carichi d’armi verso l’Ucraina sono passati per le stazioni e i porti giuliani. Si impedisce così alle navi di arrivare in porto, mentre gli operatori vengono privati del lavoro. L’iniziativa si avvale dei dati sui traffici nel porto di Monfalcone – non abilitato al movimento d’armi – realizzati nonostante le proteste dei lavoratori e le assicurazioni dell’Autorità portuale, e diffusi dall’Osservatorio sui porti Euro Mediterranei “The Weapon Watch”.
Il 6 dicembre scorso la nave “Capucine” ha qui caricato armi ed esplosivi.
In passato aveva caricato obici carri armati e munizioni per la Sardegna e blindati per Alessandropoli, dove si rifornisce di armi pesanti l’Ucraina.
Settimane dopo è partita nuovamente da Monfalcone con un carico di carri armati.
Nel febbraio scorsoil sindacato USB si mobilitò per il passaggio di 1500 mezzi militari con destinazione ignota, a bordo della “Severine” gemella della “Capucine”, che poi sostò a Ortona dove si costruivano blindati per il governo ucraino. Ambedue le navi servono il Ministero della Difesa.
Ancora, nel 2019 il cargo “Norderney” attraccò con 360 bazooka e 415 missili sempre dall’Ucraina; alle proteste di Lavoratori e CGIL le autorità risposero che «le merci in transito non vengono movimentate in porto».
Erano destinate all’Arabia Saudita, in guerra con lo Yemen, in violazione della legge 185/’90. Yemen dove il governo italiano sta intervenendo militarmente “a protezione della libera navigazione”. La presente iniziativa costituisce un appello ai Lavoratori e ai loro Rappresentanti, a farsi parte attiva nella denuncia dei traffici d’armi in porto, tanto più se palesemente illegali. Non solo a vantaggio della sicurezza di tutti, ma come incentivo alla pacificazione del commercio internazionale, posto seriamente a rischio per le politiche guerrafondaie messe in atto, anche dal nostro governo.