Nave Gregoretti diventa trofeo leghista. “Non luogo a procedere” pro Salvini in punta di “opportunità” più che di diritto
“Non luogo a procedere” questa la definizione con la quale è uscita di scena la possibilità di processo per Matteo Salvini relativamente al caso Gregoretti. Diciamo a scanso d’equivoci che le sentenze si rispettano, ma si possono commentare. Questa decisione della giustizia in toga non collima di certo con naturale quella che vorrebbe l’umanità come filo guida. L’impressione è che questo è il caso tipico dove la decisione più che in punta di diritto sembra scritta in punta d’opportunità. Come purtroppo spesso è avvenuto in Italia la giustizia dei tribunali non coincide con quella palese della realtà dei fatti. Il motivo è semplice, nella costruzione di una decisione è evidente che entrano in gioco molti fattori. Senza voler necessariamente pensare ad aspetti di parzialità ideologica dei giudici, di certo pesa il fatto che un “non luogo a procedere” diventa la migliore uscita se, per fare un esempio nel caso fossero emerse responsabilità effettivamente non solo ascrivibili a Salvini ma all’intero governo Conte uno. Bisognerà attendere le motivazioni scritte dal giudice, ma resta il dubbio che abbiano pesato nel giudizio le conseguenze complessive di un processo che con tutti gli attori politici ora alla corte di Mario Draghi, sarebbe diventato pericoloso ed inopportuno per tutti. E’ infatti chiaro che le tesi difensive di Salvini non erano tanto indirizzate a negare i fatti (che lui ritiene sacrosante azioni di difesa della patria) ma a sostenerne la legittimità delle azioni perchè frutto di decisione non sua personale ma dell’intero governo Conte uno. Insomma la tesi del tutti colpevoli nessun colpevole. Gli indizi in tal senso ci sono tutti: come è facile ricordare la stessa procura di Catania subdorando la mega rogna che si palesava all’orizzonte, aveva chiesto al gup di emettere una sentenza di non luogo a procedere perché, appunto, questa la tesi espressa in aula dal pm Andrea Bonomo, nello sbarco dei migranti da nave Gregoretti le scelte sono state “condivise dal governo”. Una ricostruzione contestata dalle parti civili che chiedevano il processo per Salvini sostenendo la responsabilità diretta dell’allora ministro degli interni. Nel commentare il rinvio del pronunciamento il 6 ottobre scorso avevamo scritto che la decisione del Gup di Catania, Nunzio Sarpietro, era comprensibile opportunismo. Quel rinvio, sulla carta, era fondamentale per svolgere un’ulteriore attività istruttoria e ascoltare fra gli altri le testimonianze dell’allora premier Conte, dell’ex ministro Toninelli, e del ministro degli Esteri Di Maio, per valutare se la decisione di bloccare nave Gregoretti fosse o meno una decisione del governo nel sua interezza. Legittima scelta quella del giudice che ha preferito svolgere una sorta di indagine preventiva, che logica avrebbe voluto svolgersi invece proprio nel corso di un processo. Già allora avevamo sospettato che il giudice volesse coprirsi le spalle facendo tutto quanto in suo potere per evitare future critiche ed oggi, a sentenza promulgata, è su questo che le critiche sono legittime. Vedremo nelle motivazioni della sentenza ma per ora l’impressione è che sia prevalso il principio della precauzione su quello della giustizia. Del resto il “non luogo a procedere” fa comodo a molti, non solo ovviamente a Salvini che canta vittoria vestendo il vello dell’agnello che è sfuggito al sacrificio, ma anche a Conte & c, e probabilmente anche agli altri partiti che sostengono il governo Draghi che non possono permettersi strappi di natura giudiziaria soprattutto se più o meno “collettivi”. Tutti contenti quindi, con buona pace del senso di giustizia che ancora una volta è stato nascosto sotto il tappeto delle ipocrisie.
Fabio Folisi