Niente più straordinari, i medici anestesisti dell’ospedale di Udine, si limiteranno alle ore contrattuali
Gli anestesisti rianimatori dell’ospedale di Udine riuniti in assemblea hanno deciso di ridursi l’orario lavoro al minimo contrattuale a partire da dicembre 2022, faranno le 38 ore settimanali previste. In sostanza spiegano che la misura è colma, in considerazione delle sempre più difficili e peggiorate condizioni lavorative. Si tratta ovviamente di una scelta di rottura che avrà pesanti ripercussioni sul funzionamento complessivo della struttura sanitaria friulana, ma non si può certo biasimare i medici che in questi ultimi anni hanno provato di tutto per raddrizzare una situazione pesantissima che vedeva e vede spesso sorda e inefficace non solo la direzione dell’azienda sanitaria (ASUFC) ma più in generale la politica regionale sulla sanità gestita dall’assessore Riccardo Riccardi. La decisione di ritorno agli orari contrattuali, quindi azione legittima non inquadrabile come sciopero, è stata assunta dai medici nella giornata di lunedì scorso nel corso di una assemblea sindacale degli Anestesisti Rianimatori di ASUFC indetta da AAROI-EMAC sindacato di riferimento. “In questi ultimi due anni il Dipartimento di Anestesia Rianimazione dell’Ospedale di Udine, si legge in una nota, ha visto una continua progressiva perdita di personale medico dovuta non solo ai previsti pensionamenti ma anche a numerosi licenziamenti e trasferimenti, senza possibilità alcuna di reintegro. Allo stato attuale la situazione risulta molto critica mancano 18 medici anestesisti rianimatori su un organico previsto di 80 unità, con conseguente importante aumento del carico di lavoro per i restanti colleghi. L’Ospedale di Udine a livello regionale rappresenta il principale collettore regionale di tutte le patologie e percorsi di cura, soprattutto quelli più complessi. La figura del medico Anestesista Rianimatore, anche dopo la pandemia COVID-19, continua a rappresentare un ruolo di fondamentale e cruciale importanza. Proprio in questo Ospedale si sta assistendo ad una vera fuga e disaffezione di questi professionisti e risulta essere la struttura più in sofferenza in tutta la regione. Vige la costante richiesta da parte di ASUFC di garantire ed erogare più prestazioni e servizi, a fronte di un organico depauperato e non in grado di sostenere questa pressione. Questo costante aumento del carico lavorativo programmato pone di fatto oggi in gioco la sicurezza dei pazienti e dei percorsi di cura. Le risorse aggiuntive che ASUFC mette a disposizione, risultano assolutamente insufficienti a compensare il pagamento delle ore effettive già lavorate da tutti i dirigenti medici dell’Azienda oltre il normale debito contrattuale. C’è un rischio elevato che si vogliano utilizzare fondi contrattuali già destinati ai dirigenti per altri scopi per tappare le falle del sistema. È il tipico gioco delle tre carte e ancor peggio, c’è il rischio che l’Amministrazione intraprenda la strada di tagli e sanatorie arbitrarie non riconoscendo l’impegno ed il duro lavoro già svolto. Continuano a mancare ad oggi, dopo promesse e proclami pubblici, prospettive concrete di sviluppo professionale, in un’azienda sanitaria, ASUFC, la cui dirigenza strategica continua a rimandare da anni l’assegnazione di incarichi e l’attribuzione delle alte specializzazioni, sancite e previste dal contratto di lavoro. Tutti questi aspetti fanno sì che sempre più professionisti si stanno demotivando e sono spinti a licenziarsi. La professionalità deve essere valorizzata e non si accetta di barattare il riconoscimento della stessa con il pagamento estemporaneo, promesso ma sempre incerto, di ore straordinarie. Non è un aspetto secondario, se pensiamo che anche per questo motivo l’attrattività professionale dell’azienda ASUFC è ai minimi storici. I medici specializzandi che si formano presso l’Università di Udine sono portati a ricercare incarichi altrove, in aziende dove il lavoro è meglio organizzato e più gratificante. Senza la capacità di integrare nelle equipe i giovani medici specialisti, gli organici sono destinati a ridursi sempre più e già oggi non sono in grado di sostenere i turnover dei pensionamenti e dei numerosi licenziamenti volontari. I medici sono poi preoccupati, e totalmente sfavorevoli, che si ricorra a contributi esterni, come le cooperative private di medici, per coprire i buchi del sistema, in punti nevralgici ad elevata intensità di cura e di criticità dei pazienti. La sicurezza e la qualità delle cure sarebbe oltremodo penalizzata. La situazione non è più sostenibile, ed è in constante peggioramento”.