Nuovamente arrestato Ezio Bigotti, il dominus di Lady Mary 2, l’anonima lussemburghese che operò anche in Fvg
I finanzieri del Comando Provinciale di Messina stanno eseguendo due provvedimenti di arresti domiciliari nei confronti di Ezio Bigotti, imprenditore piemontese, presidente del gruppo STI aggiudicatario di numerose commesse della Centrale acquisti del Tesoro (Consip) e di Massimo Gaboardi, ex tecnico petrolifero Eni. I due sono accusati di corruzione in atti giudiziari e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale. Il procedimento è legato all’inchiesta della Procura di Messina, guidata da Maurizio de Lucia, sul cosiddetto “Sistema Siracusa” che, a febbraio dell’anno scorso, ha portato all’arresto di 13 persone accusate di far parte di un “comitato di affari” capace di condizionare indagini e procedimenti giudiziari. L’indagine coinvolse, oltre all’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo, gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore che da mesi collaborano coi magistrati. Questa la notizia di oggi, ma Ezio Bigotti è vecchia conoscenza anche per alcune attività passate in Friuli legate alla vendita di beni demaniali della Regione e lla vicenda del Teleriscaldamento dell’ospedale di Udine la cui progettazione venne pilotata per favorire una società nell’orbita degli interessi di Bigotti.
Ma in Friuli nonostante le pubbliche denunce relative alle attività disinvolte le procure non ebbero nulla da ridire, non così in Sicilia. Ezio Bigotti già coinvolto nell’operazione che nel febbraio 2018 la Procura siciliana condusse in collegamento con quella di Roma, tornato libero a dicembre scorso dopo un primo arresto è tornato ai domiciliari.
Gli investigatori della Guardia di Finanza del Comando provinciale di Messina hanno infatti notificato il provvedimento del gip, chiesto e ottenuto dai pubblici ministeri guidati dal procuratore Maurizio De Lucia, nel quale i fatti sono stati ricostruiti anche grazie alle dichiarazioni degli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore e dell’ex pm messinese Giancarlo Longo, arrestati lo scorso anno. I due avvocati, la scorsa settimana, hanno patteggiato a Roma pene rispettivamente a 3 anni e 2 anni e 9 mesi di carcere; il magistrato a 5 anni (davanti al giudice di Messina), con dimissioni dall’ordine giudiziario e interdizione perpetua dai pubblici uffici. Amara, Calafiore e Longo – attraverso istanze, provvedimenti e attività di consulenti nominati dall’ex pm – avrebbero «favorito Bigotti nell’ambito degli accertamenti condotti a carico di imprese a lui riconducibili presso le Procure di Torino, Roma e Siracusa, nonché in sede tributaria», dopo che l’imprenditore aveva avviato le procedure di voluntary disclosure per regolarizzare la sua posizione con il fisco. Gaboardi, invece, è l’autore di dichiarazioni rese nel 2016 su presunti «traffici illegali di pietre preziose a Siracusa» e complotti orditi ai danni dei vertici dell’Eni (poi rivelatisi falsi) utili a far aprire in Sicilia un fascicolo gestito dall’ex pm Longo, utilizzato secondo, l’accusa per inquinare l’indagine condotta all’epoca dai magistrati milanesi sul conto dell’amministratore delegato Claudio Descalzi e e del suo predecessore Paolo Scaroni, poi rinviati a giudizio. Dalle indagini hanno è stato accertato che i verbali di interrogatorio resi da Gaboardi a Longo (con relativa nomina di un difensore d’ufficio dello studio Calafiore) erano stati composti su un computer dell’avvocato Calafiore in orari precedenti a quelli in cui si svolsero gli interrogatori.
Fin qui la cronaca di oggi, chi invece avesse curiosità sulle passate attività del Bigotti può approfondire leggendo i due articoli ai link sottostanti.