Odore di elezioni a seggi ridotti e puzza di vitalizi acchiappati
Fra le conseguenze del voto anticipato c’è anche il dato che i collegi elettorali sono disegnati sulla base di dati vecchi, la popolazione presa a riferimento sarà quella del 2011. Se si fosse votato nel 2023, a scadenza naturale della legislatura, sarebbe infatti stato ’bollinato’ l’ultimo censimento del 2021 e questo avrebbe comportato piccoli interventi sui collegi per aggiornarli ai nuovi dati della popolazione. Poco male, dato che con il pasticcio della riduzione dei parlamentari voluto da questa legislatura che rimarrà alla storia italica per essere la più folle di sempre, a fronte di un risibile risparmio, si provocheranno guasti ben peggiori alla rappresentanza. Basti pensare che in termini percentuali il Friuli Venezia Giulia vedrà ridursi del 38 per cento la propria rappresentanza alla Camera e addirittura del 43 per cento al Senato, record nazionale condiviso con l’Abruzzo. Infatti per quello che riguarda la Camera si passerà dagli attuali 13 a 8 deputati, mentre al Senato saranno 4 gli eletti, al posto dei 7 dell’ultima tornata. Intendiamoci non vedere più certe facce aggirarsi per i templi della democrazia non sarà affatto male, anche se temiamo che nel gioco delle sforbiciate rimarranno a galla non i più bravi e corretti, ma molti dei peggiori, maneggioni e legati ai capi e capetti. Quello che dovrebbe preoccupare ancora di più è invece la funzionalità del sistema, le due Camere saranno inedite, dimagrite di circa il 30% dei parlamentari. La riforma costituzionale varata nel 2020 ha infatti ridotto dai 630 ai 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 quello dei senatori eletti, ai quali si aggiungeranno i cinque senatori a vita. Una situazione con luci e ombre soprattutto perchè, al tanto sbandierato risparmio, in realtà ben poca cosa rispetto al bilancio dello Stato si creeranno molti più costi generati dalla lentezza dei lavori nelle commissioni soprattutto al Senato dove si è cercato di correre ai ripari con la classica soluzione all’italiana, ridurre il numero delle Commissioni permanenti da 14 a 10 accorpandone alcune (Esteri e Difesa, Ambiente e Lavori Pubblici, Industria e Agricoltura, Lavoro e Sanità). Il classico uovo di colombo che comunque non risolve del tutto perchè i futuri gruppi medio-piccoli avranno uno o due senatori in ciascuna commissione, il che impedirà una loro specializzazione e partecipazione piena che imporrà un maggior ricorso a costosi tecnici esterni e ai legislativi dei ministeri. E chissà che fra i tecnici non vengano ripescate alcune facce note. Gli esperti raccontano anche che altro problema che si genererà riguarderà gli Organi Bicamerali: Vigilanza Rai, Copasir, Antimafia ecc. Questi dovranno evitare di riunirsi in concomitanza con le Commissioni permanenti di Camera e Senato, pena il rischio di far mancare il numero legale nelle une o nelle altre. Ma a dimostrare che la favoletta del risparmio fosse una bandierina come le auto blu, qualcuno in questi giorni aveva annunciato, calendario alla mano, che almeno non sarebbe scattato il vitalizio completo per questa legislazione. Dimostrazione è stato perfino detto che i senatori che hanno provocato la crisi l’hanno fatto senza badare ai propri interessi. Il vitalizio si matura come quota per i cinque anni della legislatura, quando questa è arrivata almeno a 4 anni, sei mesi e un giorno. Ma i parlamentari che hanno provocato la crisi hanno invece fatto benissimo i conti e nonostante lo scioglimento delle Camere anticipato non perderanno il diritto alla pensione pro quota di questa legislatura, seppur per pochi giorni. Se infatti i fatidici 4 anni, sei mesi e un giorno scatterebbero il 24 settembre e le camere sono state sciolte il 20 luglio, entra in soccorso la Costituzione che all’articolo 61, secondo comma afferma che “finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti” . Risultato? con le elezioni che si svolgeranno il 25 settembre, le nuove camere si insedieranno presumibilmente a metà ottobre quindi si perfezionano alla grande i requisiti. Secondo il noto assioma pronunciato da uno che se ne intendeva “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina” e quindi è ovvio che anche questo dato è stato calcolato. Per alcuni, magari ricchi di loro, non sarà stato determinante ma per altri certamente si, e anche se la “pensione” arriverà solo a 65 anni, nel caso di molti, soprattutto i senatori, il traguardo dell’età non è lontano. Complimenti.