Operazione della polizia contro l’immigrazione clandestina. Sgominata organizzazione di passeur che “curava” la tratta dalla Croazia a Trieste

Foto Polizia di Stato

L’operazione di contrasto alla immigrazione clandestina è della Squadra mobile di Trieste che l’hanno denominata “The End”, non per intendere una pietra tombale su un fenomeno ma il fatto che è identificabile la fine di un viaggio a tappe  che i migranti  intraprendevano per arrivare alla loro meta italiana. Un anno di indagini per svelare un sodalizio, che si teme non essere l’unico,  che gestiva l’ultimo tratto di rotta balcanica, quella che dal confine fra Slovenia e Croazia porta i migranti a Trieste. 26 indagati, 9 arrestati, 3 ai domiciliari, quasi tutti kosovari e albanesi. La base del sodalizio criminale  a Trieste. Ad eseguire l’operazione come accennato in apertura,  è stata la squadra mobile di Trieste con la locale Sisco, con il coordinamento della direzione centrale anticrimine della polizia e con il concorso operativo delle squadre mobili di Bologna, Rimini, Pesaro Urbino e Treviso, dei reparti prevenzione crimine di Padova, Bologna e Reggio Emilia, e delle polizie francese, slovena, kosovara e albanese. Sotto indagine il ruolo di Fitim Miftaraj e di una sorella che, secondo quanto riferito in conferenza stampa dagli investigatori, teneva i cordoni della borsa e della “logistica”, fornendo il necessario ad esempio per l’acquisto del carburante per i mezzi. Altro soggetto attenzionato quello che è stato definito una sorta di fantasma, tale Bisha, nome che risuonava nelle intercettazioni, potrebbe essere un cognome albanese o un nomignolo ma che al momento non ha un nome, si pensa che Bisha  non sia il suo vero nome ma soprattutto un volto. Sarebbe questo  il vero punto di riferimento fra le singole cellule del traffico di migranti in una congiunzione dall’inizio dei percorsi nei paesi di provenienza. Da quanto evidenziato dagli inquirenti l’ultima tratta del lungo percorso valeva 200/300 euro per ognuno e solo per il passaggio dalla Croazia a Trieste, ma a dimostrare come sia articolato ed efficiente il traffico, a pagare non era il singolo migrante, ma la cellula precedente. Il migrante in sostanza paga tutto all’inizio del viaggio, in Pakistan, in Turchia o in Siria, cifre anche di seimila euro per il pacchetto completo fino a destinazione. Come detto l’indagine è della mobile di Trieste coordinata dalla Direzione distrettuale Antimafia presso la Procura, e in particolare dal Sostituto De Bortoli. A suggellare l’importanza dell’operazione la presenza, nel corso della conferenza stampa accanto al Procuratore De Nicolo, anche del direttore Centrale dell’Anticrimine del Viminale, Francesco Messina. Nel corso della conferenza stampa sono anche emerse le modalità inumane con cui venivano trattati i migranti, non solo strattonamenti e botte ai migranti che non volevano camminare, ma anche sonniferi ai bambini per intontirli affinché non piangessero e non destassero attenzione. Durante il cammino nei boschi, talvolta ai migranti venivano fornite bevande energetiche in quantità smodate, evidentemente finalizzate a ingannare il senso di stanchezza.  Le rotte attraverso le quali i  passeur con i loro gruppi di sventurati migranti raggiungevano a piedi Trieste infatti passavano attraverso i boschi il confine tra Slovenia e Croazia per poi raggruppare i gruppi di migranti e accompagnarli, sempre a piedi, fino a Pomjan, in Slovenia da dove una volta arrivati partivano delle auto. I migranti che venivano recuperati al confine tra Slovenia e Croazia – è stato riferito durante un incontro in Procura a Trieste a cui ha partecipato anche la polizia slovena – venivano fatti convergere in quel punto da un referente che si era occupato della parte precedente del viaggio lungo la cosiddetta rotta balcanica.