Opinioni: commento sull’esame di stato Liceo scientifico
Gli studenti delle quinte dei Licei Scientifici friulani, al pari dei loro colleghi in tutta Italia, hanno sudato le classiche sette camicie durante le sei ore della prova scritta di Matematica e Fisica affrontata in questo 20 di giugno, costituita da un primo problema composto da due parti matematiche e due fisiche, un secondo problema a parti invertite, ed a seguire otto quesiti. Quest’anno si sperimentano senza troppa chiarezza varie novità, tra cui la prova orale “a buste” e una prova scritta che può essere brevemente riassunta nella necessità dello studio contemporaneo di due materie scientifiche piuttosto impegnative al posto della sola matematica, tradizione del Liceo Scientifico. Questa prova è stata ancor più complessa del previsto, e foriera di disorientamento e di delusione. Va ricordato che negli anni il MIUR ha approntato indicazioni nazionali e quadri di riferimento per l’esame: nel 2015 prende la luce una tabella una colonna della quale è adibita all’elenco dei contenuti detti “irrinunciabili”, cioè una piccola serie (che piccola non è affatto) di argomenti che formano il nocciolo duro e non negoziabile dell’insegnamento della fisica oggetto d’esame: cinque moduli/unità costituiti da cinque più dieci più dieci più nove più uno (o più a piacere) cioè almeno 35 argomenti che spaziano nei campi dell’induzione elettromagnetica, delle equazioni di Maxwell, della relatività, della quantistica. “Sarebbe bastato applicare la formuletta” è stato detto da qualche commentatore da non commentare. Da un bruto computo Tayloristico, con tre ore la settimana spese anche in laboratorio, progetti, alternanza, qualche assenza, problemi e uscite varie, dove trovare lo spazio della sedimentazione, per non dire della serenità, con cui accogliere, incorporare, rielaborare questa immensità di contenuti, e poter così amare la scienza? Dov’è l’arte maieutica, il far partorire allo studente ciò che viene imparando? Docenti (non tutti) e studenti (non tutti) negli anni lo hanno rilevato, in particolar modo durante questo ultimo anno. Non è nemmeno chiaro come appaia in questa prova la storia, grande assente pur contenuta in modo centrale nei quadri e nelle indicazioni, la cosiddetta “prospettiva storico-critica”. Ma chi manca sono soprattutto i protagonisti in carne, ossa e fatica, le persone vere, non l’insegnante ideale né tantomeno l’ideale, neutro studente in uscita, colui che “deve” saper fare questo e quello. Non compaiono gli studenti della colonna rossa, quelli schiacciati dalle difficoltà e da canali di comunicazione ancora inadeguati, né i docenti, annichiliti dalla burocrazia e dall’essere stati sempre più esautorati e sfiduciati, quelli la cui passione è messa a dura prova. Eccola alla fine la parola tanto evocata, e giustamente, da tutti, quella passione con cui vivere il proprio insegnamento e da far nascere negli studenti: vuole tempo, dedizione, lentezza, per entrambi. Ne va del rapporto con la scienza. Viene quasi da pensare che ai giovani non sia stato sottratto solo il futuro, dai meccanismi del debito e del clima, ma anche la possibilità del presente. E la risposta che mi permetto di sussurrare, finora cercata nella quantità, nell’enumerazione, nella produzione di indicazioni, non può che essere nella qualità, nella profondità e nell’anelito di libertà contenuto nel dettato costituzionale secondo cui “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”.
Lettera firmata