Osservatorio dei Consulenti del Lavoro: Edilizia: persi 539 mila posti di lavoro in 10 anni
Dal 2008 al 2017 sono oltre 3,4 milioni i posti di lavoro persi nel settore delle costruzioni a livello europeo, di cui 539 mila solo in Italia. E mentre gli altri Paesi dell’area euro hanno visto, dopo la crisi, un aumento degli occupati nel settore edile, il Belpaese ha continuato a perdere posti di lavoro registrando un esiguo aumento di 5 mila unità nel 2017. La flessione di mezzo milioni di occupati ha coinvolto principalmente i lavoratori italiani (-498 mila), specie i più giovani, mentre è nettamente inferiore tra gli stranieri extra-comunitari (-41 mila) e soprattutto tra gli stranieri comunitari, in gran parte romeni, che registrano una flessione di sole mille unità (-0,8%). Allo stesso tempo il lavoro irregolare nel settore è passato dall’11,4% del 2008 al 15,8% del 2016, rendendo l’edilizia il secondo settore produttivo, dopo quello agricolo, con il più alto livello di irregolarità. Un fattore registrato soprattutto nel Mezzogiorno dove quasi un edile su quattro lavora in nero (23,7%); quota che scende al 27,9% nelle regioni del Centro e al 10,4% in quelle del Nord. A causare il crollo dei posti di lavoro la flessione degli investimenti: negli anni presi in considerazione si registra una diminuzione di oltre 70 miliardi di euro, di cui 65 solo nel comparto delle costruzioni. È la fotografia scattata dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro nel report “Edilizia, una crisi inarrestabile” sugli effetti della crisi nel settore edile negli anni 2008-2018, che sarà presentato domani a Genova in occasione di “Verso il Festival del Lavoro”, l’evento di anteprima della decima edizione del Festival del Lavoro, che si terrà a Milano dal 20 al 22 giugno 2019. L’evento nel capoluogo ligure, organizzato dal Consiglio nazionale dell’Ordine e dalla Fondazione Studi, oltre a manifestare la vicinanza della Categoria alla città dopo il crollo del Ponte Morandi, vuole tenere alta l’attenzione sull’urgenza di un piano per ritornare a investire
in infrastrutture per far ripartire economia e lavoro. La ripresa incompiuta dell’Italia, infatti, può essere attribuita principalmente ad investimenti insufficienti: la quota di PIL persa durante i nove anni di recessione economica è pari complessivamente a 8,1 punti percentuali e avrebbe incentivato la creazione di 1,2 milioni di posti di lavoro, con il conseguente abbattimento del tasso di disoccupazione. Dal report elaborato dall’Osservatorio di Categoria si osserva che a subire la contrazione più pesante, pari al 51,3%, sono gli investimenti per la realizzazione di nuove costruzioni, di opere pubbliche e di edilizia non residenziale privata. Una spinta al settore, anche a livello occupazionale, giunge dagli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture esistenti (+74%). Ad incentivare tali interventi per la riqualificazione del patrimonio edilizio gli incentivi fiscali, che hanno svolto un’azione anticiclica, anche se non risolutiva, rispetto alla recessione registrata nel settore. Su 701 miliardi di euro investiti dal 2007 al 2017 in manutenzione straordinaria, 218 miliardi sono stati mossi dagli incentivi fiscali – pari al 31,1% del totale -, che per ciascun anno hanno attivato circa 300.000 posti di lavoro. Si conferma quindi l’importante ruolo di rilancio del settore giocato dagli sgravi. Aumentare di circa 1 miliardo di euro gli sgravi fiscali – si evidenzia nel rapporto – permetterebbe di ridurre il costo del lavoro e di creare una domanda aggiuntiva diretta e indiretta di circa 2 miliardi e 292 milioni di euro, con una ricaduta complessiva sul sistema economico di 3 miliardi e 513 milioni di euro. Questo produrrebbe inoltre un incremento di circa 15-18 mila unità nette di lavoro, di cui 10-12 mila direttamente nel settore delle costruzioni e il restante nei comparti collegati. “Investire in infrastrutture e ridurre il costo del lavoro sono le direttrici principali con cui fare ripartire l’economia italiana creando occupazione”, ha commentato il Presidente della Fondazione Studi, Rosario De Luca. “L’esempio del Ponte Morandi ha drammaticamente sottolineato come ilsistema delle infrastrutture viarie in Italia sia fermo da oltre 50 anni”. “Sono rari gli esempi – ha continuato – sia di realizzazione di nuove costruzioni, sia di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere pubbliche esistenti. Riprendere ad investire in questo settore significherà far ripartire l’economia, fare il bene delle aziende, dei lavoratori e dei cittadini italiani, che finalmente potranno godere di un Paese più moderno e sicuro”, ha poi concluso.