Per un Europa dove tutti si riconoscono

Sulla necessità dei flussi di ingresso legale in Italia di lavoratori stranieri, va detto basta ai negazionismi. La politica affronti questa sfida.
E una questione europea, una questione italiana per i prossimi 20 anni, va affrontata in modo strutturale. Un percorso verso un incontro tra due generazioni, quella Europea sempre più vecchia e quella dei migranti per lavoro, giovane. Obbiettivi e interessi reciprochi, per costruire una Europa del futuro condiviso, partecipato, rispettoso, dove ogni cittadino si riconosce.
Nei giorni scorsi, il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo decreto flussi di ingresso legale in Italia dei lavoratori stranieri per il triennio 2023/25. Il Governo prevede complessivamente 452.000 ingressi, rispetto al fabbisogno rilevato di 833.000 unità, con 136.000 ingressi nel 2023, 151.000 nel 2024, 165.000 nel 2025. Altri 40.000 ingressi, per il settore agricolo e turistico, integrativo al decreto del 29/12/2022. Categorie professionali e settori produttivi tra cui la cantieristica navale. Quindi chiama in causa anche la nostra Regione, il nostro territorio.
Fabbisogno di manodopera, flussi di ingresso legale e temi come: l’occupazione femminile, quella giovanile e quella delle decine di migliaia di giovani che vanno all’estero per un’opportunità sono tutte emergenze che hanno bisogno di risposte immediate e visioni, per la sicurezza delle persone, dell’apparato produttivo, per il futuro del paese.
Sulle decisioni del Governo, pochi titoli sulla stampa nazionale, qualche riga nelle pagine interne, una notizia nascosta, forse per non fare i conti con le strumentalizzazioni degli ultimi anni, con le scarse gestioni fatte, con le conseguenze pesantissime per questi lavoratori e per i territori in cui vivono. Nessun titolo, nessuna informazione a livello locale, forse su indicazione, forse in attesa di inventare un altro nemico, di fare un’altra crociata. Certamente il tema esiste, ma è la conseguenza delle scelte economiche mondiali.
A livello locale, importante polo produttivo, i lavoratori provengono da decine di Stati, a cui vanno aggiunte quelli da altre regioni del nostro paese. Ricordo la struttura della città di Monfalcone dove l’80% della popolazione ha radici che vanno anche oltre i confini nazionali. Ma ricordo che fino a pochi anni fa chi veniva da oltre il Tagliamento era indicato come “terrone”, il nemico, il diverso. Attenzione, sotto la cenere e sempre acceso questo sentimento. Adesso soffia un vento pericoloso, per mettere i nostrani e chi si è integrato contro gli ultimi arrivati, ma non tutti, solo contro chi ha il colore della pelle scura, e pratica un’altra religione. Ritardi, ostacoli verso l’integrazione: scuola, insegnamento della lingua, attività sportive, luoghi di incontro, ostacoli verso la prevenzione della salute per loro e per i cittadini causa la mancanza di spogliatoi, integrazione famigliare, ecc. Sono Loro le vittime, che ora vengono accusati anche di essere responsabili dei bassi salari!!!!!! Questo va chiamato per nome: razzismo strisciante, che va bloccato.
L’utilizzo della paura verso chi viene a lavorare, verso chi è più debole, ricattato, la paura utilizzata per dividere, per azioni di repressione passate per sicurezza. Questa è distorsione e strumentalizzazione della politica, che crea disaffezione e sfiducia nella società. La mancanza di risposte alle esigenze, alle necessità, al riconoscimento del merito dei lavoratori porta la città verso la povertà, il degrado, il grigiore, a rimanere spenta, porta a un isolamento territoriale.
Sulla necessità dei lavoratori stranieri,tre sono i fatti:
-noi, l’Italia ha bisogno e li richiede;
-abiteranno in Italia;
-non hanno colore della pelle, sono lavoratori.
Il Governo ha deciso i nuovi flussi regolari, rispondendo, in parte, alle esigenze dell’apparato produttivo, chi è responsabile politico e istituzionale prenda coscienza che questo non è un problema degli altri, ma è nostro, di tutti noi. Mettano in campo la ”nobiltà politica” il senso di responsabilità, e con un lavoro di squadra governino questi processi, costruendo un futuro di paese Regione, di Italia e di un’Europa dove tutti si riconoscono.
Luigino Francovig