Processo Iuventa. Le motivazioni dell’assoluzione: Nessuna consegna concordata, nessun taxi del mare, nessuna condotta tesa all’ingresso illegale dei migranti in Italia

La verità giudiziaria smaschera strumentalità politica delle campagne diffamatorie contro le organizzazioni non governative: la corposa sentenza GUP presso il Tribunale di Trapani accerta l’insussistenza di un qualsiasi reato e spazza via ogni ipotesi di collaborazione fra ONG e trafficanti, evidenziando piuttosto una indagine fondata su “materiale incompleto e “analizzato in una prospettiva solo parziale”. Così si legge in una nota della onlus ingiustamente processata.  “Dopo sette anni di criminalizzazione dell’equipaggio Iuventa sarebbe bastato all’accusa verificare l’operato della Iuventa e raccogliere i documenti che da sempre erano a disposizione per rilevare che tutto è stato fatto sotto il coordinamento dell’MRCC di Roma. Invece, come rilevato dal Gup, ci si è accontentati di “laconici brogliacci” delle intercettazioni e di relazioni di servizio che hanno distorto la realtà dei fatti (ed in particolare quella dell’undercover Luca Bracco).  Testualmente la sentenza fin dalle premesse evidenzia infatti che le autorità di indagine “in tale contesto probatorio parziale (..) hanno talvolta concentrato l’attenzione e valorizzato oltremodo aspetti di portata dimostrativa limitata, senza tenere conto complessivamente di tutti gli elementi disponibili o comunque agevolmente acquisibili, e da dati del tutto incerti e privi di significato univoco avevano sviluppato valutazioni e raggiunto conclusioni presentate come certe, giungendo in qualche occasione ad un’interpretazione dei fatti che non può più ritenersi coerente con quanto emerso all’esito dell’udienza preliminare”.” La sentenza sottolinea che sostanzialmente le autorità di indagine si sono limitate a fare affidamento sui dati emergenti “dai laconici brogliacci della Centrale Operativa dell’I.M.R.C.C. (Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo) e dalle sintetiche schede SAR dell’I.M.R.C.C., senza acquisire e adeguatamente valorizzare ulteriori elementi, quali le registrazioni delle comunicazioni telefoniche tra l’I.M.R.C.C. e gli assetti navali coinvolti nei vari eventi SAR, nonché i dati di posizionamento e di tracciamento delle navi intervenute o presenti in occasione delle operazioni di soccorso dei migranti, in modo da ottenere informazioni aggiuntive e complete che consentissero di esaminare in una visione d’insieme i singoli eventi e di verificare le condotte dei protagonisti di ciascuna vicenda”; aggiunge che le autorità di indagine avevano fornito “interpretazioni distorte di alcuni accadimenti, presentati dalla p.g. con una successione diacronica alterata rispetto al reale accadimento dei fatti” per non aver tenuto conto dei diversi fusi orari!”

Il Commento di Amnesty International

Commentando la sentenza di non luogo a procedere per gli equipaggi delle navi delle Ong Jugend Rettet, Save The Children e Medici Senza Frontiere, al termine di un procedimento durato complessivamente sette anni e basato sull’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, Elisa De Pieri, ricercatrice regionale di Amnesty International ha diffuso questa dichiarazione:

“L’indagine e l’azione penale sono state un chiaro esempio di violazione da parte dell’Italia del dovere di proteggere i difensori dei diritti umani e assicurare che possano svolgere il proprio ruolo senza temere rappresaglie. Ne è prova l’attenzione che anche la Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani ha dedicato all’udienza preliminare. Siamo quindi molto soddisfatti che il giudice abbia deciso per il non luogo a procedere nei confronti di tutti gli indagati”.

“Quest’indagine si è inserita nel quadro della criminalizzazione della solidarietà, che molti stati europei hanno deliberatamente perseguito per ostacolare, anche attraverso l’uso del diritto penale, chi in questi anni ha prestato assistenza e offerto solidarietà a rifugiati e migranti. Si è trattato della prima, più lunga e più costosa azione penale contro le Ong di salvataggio. Per questo, il proscioglimento di oggi rappresenta una vittoria di particolare significato e va ad aggiungersi alle numerose pronunce di altre corti in Italia e all’estero che hanno concluso che le accuse contro individui e ong che hanno assistito rifugiati e migranti fossero infondate”.

“È stato assai preoccupante il tentativo dell’accusa di reinterpretare quanto accadeva nel Mediterraneo centrale nel 2016/2017, come se le migliaia di persone a bordo di imbarcazioni fatiscenti non fossero realmente in pericolo. La nave ‘Iuventa’ ha salvato oltre 14,000 persone, sotto il coordinamento e nel quadro di operazioni gestite dalle autorità italiane.

“Fortunatamente la corte ha respinto la pericolosa interpretazione dell’accusa. Tuttavia, l’indagine stessa, con il sequestro della nave ‘Iuventa’, ha contribuito ad aggravare la situazione di pericolo per migranti e rifugiati nel Mediterraneo centrale, in cui nel 2023 sono morte o scomparse in mare quasi 2.500 persone. Inoltre, mettendo in discussione la situazione di pericolo delle persone che viaggiavano su imbarcazioni fatiscenti e fuggivano dagli orrori della Libia, l’indagine ed azione penale hanno contribuito a minare l’integrità del sistema di ricerca e soccorso in mare”.

“Le persone e organizzazioni coinvolte hanno comunque subito un danno grave e in larga misura irrimediabile. L’Ong Jugend Rettet si è dovuta sciogliere, la sua nave ‘Iuventa’ è inutilizzabile, le persone coinvolte hanno vissuto in un limbo per anni e si è minata la reputazione di Ong il cui lavoro si fonda sulla fiducia del pubblico”.

“Alla luce di questa sentenza, la necessità di modificare a livello nazionale ed europeo la normativa sulla facilitazione dell’immigrazione irregolare risulta ancora più evidente, ed Amnesty International continuerà a lavorare perché ciò avvenga”.

“Infine, non va dimenticato inoltre come la criminalizzazione più recente del salvataggio in mare stia passando attraverso norme e pratiche formalmente amministrative, ma in realtà gravemente punitive, specie dopo il decreto Cutro”.

“Siamo particolarmente soddisfatti di aver potuto contribuire a sostenere le persone imputate, non solo attraverso la ricerca e la campagna fatte sul caso sin dal sequestro della nave nel 2017, ma anche attraverso l’osservazione delle udienze preliminari. L’accesso alle udienze che la corte ha consentito agli osservatori internazionali e al rappresentante della Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani è stato un precedente importante che ci auguriamo venga seguito in altri casi. Ciò ha garantito trasparenza, soprattutto quando è diventato evidente quanto debole fosse l’impianto accusatorio”.

“Partecipiamo alla felicità dell’equipaggio Iuventa, che abbiamo sostenuto dall’inizio delle indagini e in tutte le udienze preliminari, più di 40, cui abbiamo preso parte come osservatori internazionali. Oggi il giudice ha espresso con chiarezza che il fatto non sussiste: resta la consapevolezza che in questi sette anni le vite degli imputati sono state stravolte, la nave resa inutilizzabile, ed è stato alimentato il clima di sospetto contro chi opera solo in difesa dei diritti e della solidarietà umana. Ora serve lavorare affinché soccorrere vite sia visto universalmente come un valore da difendere”, ha dichiarato Serena Chiodo, campaigner di Amnesty International Italia presente oggi al tribunale di Trapani.