Putin è “obbligato” dal suo personaggio ad essere soldato falso, avido, e crudele. Non facciamo lo stesso, rimaniamo onorevoli
Un aggressione militare non può trovare mai giustificazione, ancora di più oggi, in un momento così delicato, in un mondo alle prese ancora con la pandemia, una guerra sembra una follia, non è sostenibile. Ma in realtà una guerra non è mai sostenibile, è un esercizio purtroppo ancora diffuso per risolvere contenziosi che dovrebbero e potrebbero trovare soluzioni diplomatiche. Detto questo, capire le “ragioni” del nemico è certamente utile e quindi, nel caso Ucraina che è anche furbo attacco all’occidente, va anche detto che l’incauta espansione della Nato a Est dopo i crollo del Patto di Varsavia non può essere ignorata e bisogna evitare la tentazione di risolvere tutto dipingendo Putin come un pazzo sanguinario in preda ad un delirio di onnipotenza. Certo pesano le caratteristiche caratteriali, ma senza gli errori dell’occidente, la Russia putiniana non avrebbe avuto valide argomentazioni alla narrazione dell’accerchiamento. Sul piano “strategico” il presidente russo è riuscito per ora nel suo intento, mettendo Nato e Usa nelle condizioni di non poter reagire se non con delle “sanzioni” la cui efficacia è tutta da dimostrare e che probabilmente nel suo “risiko” Putin aveva messo in conto. Non sarà facile per l’occidente trovare le contromisure più adatte senza finire per auto-danneggiarsi considerando cinicamente e pragmaticamente che è missione impossibile salvare l’Ucraina da un destino militarmente segnato. L’obiettivo di Putin è probabilmente raggiunto e all’occidente non rimarrà, come è stato per la Crimea, che prendere atto della situazione in attesa di un riscatto che non può passare attraverso l’uso delle armi, ma attraverso azioni di isolamento economico e finanziario. Armi efficaci, letali come quelle tradizionali, ma a scoppio molto ritardato. Anche per questo dobbiamo evitare che prevalga la logica della propaganda a quella della realtà, esercizio non facile, perché è chiaro che a morire in guerra sia anzitutto la verità. Questo vale ancora di più nei nostri tempi quando l’immediatezza della comunicazione non necessariamente è buon giornalismo. Se questo è vero nella quotidianità informativa, in tempi di guerra, il risultato dell’accelerazione nella trattazione delle notizie rende sempre più labile ed impalpabile la linea di separazione tra il reale e il verosimile. Tutto diventa uguale, vero o non-vero, purché venga comunicato, poco importa se si amplificano tensioni e scelte conseguenti. Del resto su questo c’è chi ha costruito negli ultimi anni la propria narrazione politica e le proprio fortune, generando insicurezze in una sorta di strategia della tensione senza l’utilizzo delle bombe ma ovviamente facendo comunque vittime. Tutto questo declinato in una condizione di conflitto armato internazionale diventa estremamente rischioso, innestando reazioni imprevedibili e incontrollate. Ed allora dobbiamo tenere presente quanto già secoli fa diceva Niccolò Machiavelli: “La guerra è una professione con la quale un uomo non può vivere onorevolmente; un impiego col quale il soldato, se vuole ricavare qualche profitto, è obbligato ad essere falso, avido, e crudele.” Putin è la fotografia di quel soldato, pericoloso personaggio da tragica operetta di cui è piena la storia, cerchiamo di non diventarlo anche noi.
Fabio Folisi