Quando la politica è più realista del re. Miliardari preoccupati per le eccessive diseguaglienze e i governi no
Esistono tante diseguaglianze: fra nord e sud, fra ricchi e poveri, fra chi accede alle cure e chi no, fra potenti e cittadini “comuni”. Giusto allora promuovere il riequilibrio, da attuare prima che a pensarci sia la “livella” di cui parlava l’inarrivabile principe de Curtis in arte Totò, unica certezza per ogni essere umano, anche se il come arrivare all’ultimo respiro è anch’esso drammaticamente figlio di enormi diseguaglianze. Fatta questa premessa, cinicamente amara, l’idea di arrendersi dinanzi all’ingiustizia sembra sempre di più diventare pratica comune. L’infifferenza è la padrona quasi assoluta, l’assuefazione è difesa individuale a partire dall’abbandonare il diritto al voto, unico reale strumento di cambiamento in una democrazia, anche se il susseguirsi di leggi elettorali basate sulla “governabilità” e soprattutto tese a favorire chi, in quel momento, teneva in mano il “boccino” della maggioranza di Governo hanno nei fatti limitatola possibilità di scelta per il cittadino elettore. Stimamo lentamente ma inesorabilmente scivolando verso quella che ormai viene definita democratura, un sogno da sempre per la destra che oggi è quella che ha in mano il “boccino” di cui sopra e che non si farà scruolo ad usare alla loro maniera. Ma c’è di più, anche strumenti di partecipazione come comitati e petizioni sono oggi messe pesantemente sotto accusa, così come la stampa libera, nel mirino di chi pensa che il “manovratore”, sia esso soggetto politico che economico, non debba essere disturbato. Eppure, incredibilmente, mentre chi avrebbe tutte le ragioni per alzare la voce resta silente o quanto lo fa, come gli agricoltori in questi giorni, sbaglia interlocutori e non riesce ad uscire dalla logica corporativa. In sostanza si cercano soluzioni personali alimentando perfino il letamaio del sottobosco dei favoritismi. Volendo comunque essere positivi, vedendo segnali positivi che se pur timidamente appaiono all’orizzonte, almeno a livello internazionale con tutti i “ma” del caso, ecco arrivare dall’World Economic Forum di Davos il rapporto Oxfam sulla “Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi”. Ebbene il rapporto, tra le tante altre cose, ha evidenziato come i cinque uomini più ricchi al mondo dal 2020 abbiano più che raddoppiato, in termini reali, le proprie fortune, passate da 405 a 869 miliardi di dollari, mentre la ricchezza complessiva di quasi 5 miliardi di persone più povere non abbia avuto alcuna crescita. In sostanza a livello internazionale, il divario tra ricchi e poveri sta aumentando. In realtà la forbice fra ricchi e poveri si è perfino allargata anche in Italia con una polarizzazione drammatica verso l’aumento di quest’ultimi e lo scivolamento della classe media, drammaticamente, verso i livelli di mera sussistenza. Secondo il Rapporto Mondiale sulle Disuguaglianze del 2022, più di un terzo dei beni privati accumulati dalla metà degli anni ’90 appartiene all’1% più ricco del pianeta. Al contrario, metà della popolazione mondiale, i quattro miliardi di persone più povere, possiedono insieme solo il 2 % di questi beni accumulati. Ma il paradosso non è nel dato che era già conosciuto ma il fatto che secondo un recente sondaggio, il 74% dei super-ricchi si dichiara a favore di tasse più elevate sulla ricchezza per aiutare ad affrontare la crisi del costo della vita e migliorare i servizi pubblici. Insomma la patrimoniale fra i miliardari nonsarebbe un tabù. Si tratta di un sondaggio, come leggiamo dal sito di Oxfam, condotto da Survation per conto del gruppo Patriotic Millionaires. Sono state interpellate più di 2.300 persone provenienti dai Paesi del G20 che detengono più di 1 milione di dollari in beni investibili, escluse le loro case, facendo così parte del 5% più ricco e il 58% di esse è favorevole all’introduzione di un’imposta patrimoniale del 2% sulle persone con piu’ di 10 milioni di dollari. Inoltre, il 54% ritiene che la ricchezza estrema costituisca una grave minaccia per la democrazia. Ma c’è di più, oltre 250 miliardari e milionari, proprio nei giorni di Davos, con una lettera aperta hanno chiesto ai Governi di introdurre o alzare le tasse sulla ricchezza. Non è uno scherzo ma la evidente constatazione che per mantenere vivi i propri privilegi e capitali non si può affamare del tutto tutti.
Questo il testo della lettera:
“Ai leader globali riuniti a Davos: Siamo sorpresi che non abbiate risposto a una semplice domanda che ci poniamo da tre anni: quando tasserete le ricchezze estreme? Se i rappresentanti eletti delle principali economie mondiali non adottano misure per affrontare il drammatico aumento della disuguaglianza economica, le conseguenze continueranno ad essere catastrofiche per la società.
La nostra spinta verso tasse più giuste non è radicale. Si tratta piuttosto di una richiesta di ritorno alla normalità basata su una valutazione ponderata delle attuali condizioni economiche. Siamo le persone che investono in startup, modellano i mercati azionari, fanno crescere le imprese e promuovono una crescita economica sostenibile. Siamo anche le persone che beneficiano maggiormente dello status quo. Ma la disuguaglianza ha raggiunto un punto critico e il suo costo per la nostra stabilità economica, sociale ed ecologica è grave e cresce ogni giorno. In breve, abbiamo bisogno di agire adesso.
La nostra richiesta è semplice: vi chiediamo di tassare noi, i più ricchi della società. Ciò non modificherà radicalmente il nostro tenore di vita, né priverà i nostri figli, né danneggerà la crescita economica delle nostre nazioni. Ma trasformerà la ricchezza privata estrema e improduttiva in un investimento per il nostro futuro democratico comune.
La soluzione a questo non può essere trovata in donazioni una tantum o nella filantropia; l’azione individuale non può correggere l’attuale colossale squilibrio. Abbiamo bisogno che i nostri governi e i nostri leader guidino. E così ci rivolgiamo nuovamente a voi con la richiesta urgente di agire – unilateralmente a livello nazionale e insieme sulla scena internazionale.
Ogni momento di ritardo rafforza il pericoloso status quo economico, minaccia le nostre norme democratiche e scarica la responsabilità sui nostri figli e nipoti. Non solo vogliamo essere tassati di più, ma crediamo che dobbiamo essere tassati di più. Saremmo orgogliosi di vivere in paesi in cui ciò è previsto, e orgogliosi di leader eletti che costruiscono futuri migliori. Essendo i membri più ricchi della società, saremmo:
Orgogliosi di pagare di più per affrontare la disuguaglianza estrema.
Orgogliosi di pagare di più per contribuire a ridurre il costo della vita dei lavoratori.
Orgoglioso di pagare di più per educare meglio la prossima generazione.
Orgogliosi di pagare di più per sistemi sanitari resilienti.
Orgoglioso di pagare di più per infrastrutture migliori.
Orgogliosi di pagare di più per una transizione verde.
Orgogliosi di pagare più tasse sulla nostra estrema ricchezza.
Il valore di sistemi fiscali più equi dovrebbe essere evidente. Sappiamo tutti che l’economia a cascata non si è tradotta in realtà. Invece ci ha dato salari stagnanti, infrastrutture fatiscenti, servizi pubblici inadeguati e ha destabilizzato l’istituzione stessa della democrazia. Ha creato un sistema economico vergognoso, incapace di garantire un futuro più luminoso e sostenibile. Queste sfide non potranno che peggiorare se non si riesce ad affrontare l’estrema disuguaglianza di ricchezza.
La vera misura di una società può essere trovata non solo nel modo in cui tratta i suoi membri più vulnerabili, ma in ciò che chiede ai suoi membri più ricchi. Il nostro futuro è caratterizzato dall’orgoglio fiscale o dalla vergogna economica. Questa è la scelta.
Vi chiediamo di compiere questo passo necessario e inevitabile prima che sia troppo tardi. Rendi orgogliosi i tuoi paesi. Tassare la ricchezza estrema.”