Riconversione a gas della centrale A2A: una sconfitta per Monfalcone ignorando l’emergenza climatica
Al di là dell’arretratezza della scelta fossile di A2A di riconvertire la centrale di Monfalcone a gas, fonte inquinante e climalterante, ampiamente osannata dalla Sindaca Cisint e dalle Organizzazioni sindacali, questa operazione costituisce una sconfitta epocale per Monfalcone, che era stata illusa di poter chiudere definitivamente con la pluridecennale vicenda di polo energetico, e soprattutto per la crisi climatica che accelera di giorno in giorno.
Collocare poi questa operazione nella cornice della transizione energetica, come fa il sindacato, ha il sapore della provocazione e ci sarebbe da ridere, se gli effetti finali non fossero più che preoccupanti a causa del cospicuo contributo del gas fossile all’aggravamento dell’emergenza climatica. È appena il caso di segnalare che la “fine” dell’alimentazione a carbone, sbandierata come un grande successo, rappresenta il naturale epilogo di questo combustibile, oltre al fatto che l’impianto monfalconese è obsoleto e fuori mercato.
Viene naturale interrogarsi sul ruolo della Regione, che invece di adeguarsi alle politiche di A2A, avrebbe potuto, come sollecitato a più riprese da Legambiente, allestire perlomeno un tavolo di lavoro con l’obiettivo di valutare le alternative al consolidamento del polo energetico. Un’occasione mancata ed un approccio che contraddice il percorso verso la sostenibilità tanto sbandierato dalla Regione. Ricordiamo, a tal proposito, l’approvazione da parte del Consiglio regionale, della Legge regionale 17 febbraio 2023, n. 4, recante “FVGreen – Disposizioni per lo sviluppo sostenibile e la transizione ecologica” e la costituzione della Cabina di regia per la strategia regionale per lo sviluppo sostenibile (DGR n. 508 dd. 17.03.2023). È chiaro che questa scelta condizionerà la città per alcuni decenni, con buona pace dei vari propositi di decarbonizzazione del sistema energetico nazionale.
Stendiamo un velo pietoso sul ventilato (forse, chissà, se ci saranno le condizioni…) utilizzo dell’idrogeno miscelato con il gas, una scelta controproducente dal punto di vista energetico, anche se fosse prodotto con fonti rinnovabili. Infatti, sarebbe necessario “sprecare” molta ottima energia, prodotta con sole e vento, per produrre idrogeno da bruciare per produrre energia elettrica! Una vera e propria assurdità in termini di efficienza ed uno specchietto per le tante allodole plaudenti. Un vettore energetico che andrebbe usato solo per i settori difficili da decarbonizzare, e non certamente per quelli dove fonti rinnovabili, accumuli e sviluppo della rete potrebbero coprire tranquillamente i consumi, portando benefici sia in termini climatici che di sviluppo del territorio.
Come Legambiente ha segnalato molte volte poi, che senso ha costruire un colosso da 860 MW che, stando alle dichiarazioni di A2A, dovrebbe costituire una sorta di riserva di potenza, da utilizzare per un limitato numero di ore/anno, su richiesta della rete elettrica, facendo ampio ricorso al “Capacity market”, il perverso meccanismo di remunerazione delle aziende elettriche per tenere ferme le loro centrali ed essere pronte ad entrare in servizio in caso di richiesta della rete?
Intanto la crisi climatica procede a passi spediti, il 2023 è stato l’anno più caldo sino ad ora registrato (e rischia di essere uno dei più freschi dei prossimi anni!) e gli effetti degli eventi catastrofici sono all’ordine del giorno. Tutto ciò è sotto gli occhi di tutti, ma il grado di sottovalutazione è allarmante e, in questo quadro più che preoccupante, la reiterazione di una megacentrale a gas fossile è un pessimo segnale.