Salario minimo: opposizioni depositano proposta di legge unitaria

Depositata proposta di legge unitaria sul salario minimo: le opposizioni (tranne Italia Viva, che si è smarcata) passano dalle parole ai fatti. Una proposta che nell’ultimo articolo, l’ottavo, individua “nella data del 15 novembre 2024, che è anche quella di ultimo ricevimento” della direttiva europea sul salario minimo, “quella necessaria al fine di consentire ai contratti collettivi di aggiornarsi alla presente legge e al Tem (Trattamento economico minimo, ndr) ora inizialmente previsto in 9 euro orari”. L’articolo 7, invece, prevede che la legge di bilancio per il 2024 “definisca un beneficio temporaneo per accompagnare l’adeguamento al trattamento economico orario di 9 euro delle eventuali più basse retribuzioni previste da contratti collettivi di settori meno sviluppati da un punto di vista sociologico”. L’articolo 2, inoltre, stabilisce che “la retribuzione complessiva adeguata e sufficiente dovuta a tutti i lavoratori ai sensi dell’art. 36 della Costituzione è data dal Trattamento economico complessivo (noto come Tec) comprendente non solo il Trattamento economico minimo (Tem) ma anche gli scatti di annualità, le retribuzioni aggiuntive e le indennità contrattuali fisse e continuative, previste dal contratto collettivo…”. La pdl chiarisce, “per evitare equivoci, che questo trattamento economico complessivo dovuto ai lavoratori non impedisce che vengano stipulati anche contratti collettivi più favorevoli con efficacia limitata agli iscritti, essendo principio generale del diritto del lavoro l’efficacia e la validità delle pattuizioni sia individuali che collettive di miglior favore”. Insomma, la proposta mette in conto la necessità di sostenere i settori più indietro per l’adeguamento al salario minimo e nel contempo, pur fissando dei parametri, tutela la contrattazione collettiva. Intanto, è sempre più acceso il dibattito sul tema. Il numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi, intervenendo all’assemblea degli industriali varesini, sottolinea che “il salario minimo è una direttiva europea introdotta per una serie di motivi come il damping salariale. Si parla di 9 euro lordi, non è un tema che ci riguarda” in quanto “i nostri contratti sono sopra quella cifra”. Come è noto, sul tema i sindacati sono divisi, con la Cisl che ha più volte manifestato la sua contrarietà: “Il salario minimo serve nel nostro Paese, facciamolo con i contratti, come ci indica l’Ue” precisa il segretario generale Luigi Sbarra, sostenendo che “indicare una soglia, un compenso minimo per legge ci espone a diversi rischi: la fuga dall’applicazione dei contratti in molte aziende, uno schiacciamento verso il basso della dinamica retributiva dei salari medi e soprattutto un espandersi del lavoro nero e del sommerso”. Dal governo e dalla maggioranza sono arrivati invece segnali tutt’altro che favorevoli rispetto a un accoglimento della proposta: “Non sono convinta che ci si possa arrivare per legge” aveva detto nei giorni scorsi la ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone, sottolineando la necessità di puntare sulla contrattazione collettiva di qualità. Viceversa, le opposizioni ribadiscono la bontà della loro proposta. “È una giornata molto importante – scrive su Facebook il leader M5S Giuseppe Conte – Da anni il Movimento 5 Stelle si batte per il salario minimo legale da 9 euro l’ora e oggi abbiamo depositato una proposta condivisa da tutte le forze di opposizione, ad eccezione di Italia Viva. Giorgia Meloni, che pure guadagna 30 volte tanto, nel discorso alle Camere per la fiducia si era definita ‘underdog’, ossia ‘svantaggiata’. La presidente del Consiglio smetta di dire no al salario minimo e non si dimentichi di coloro che ‘svantaggiati’ lo sono davvero, di chi rimane indietro con buste paga da fame che non permettono neppure di soddisfare i bisogni più elementari. Si tratta di una misura necessaria per il Paese, per dare respiro a oltre 4 milioni di lavoratori, in particolare giovani e donne”. “Il taglio del cuneo fiscale negli scorsi anni si è già fatto ma non ha rimesso in moto una dinamica complessiva della crescita salariale, perché c’è un tema che riguarda la contrattazione e perché nell’ambito dei salari più bassi il taglio del cuneo fiscale è sostanzialmente irrilevante e non cambia la propria condizione di vita – argomenta il deputato Pd ed ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ad Agorà Estate su Rai 3 – C’è un tema che riguarda il salario minimo tanto più per un governo che cancella il reddito di cittadinanza perché, dicono, le persone devono uscire dalla povertà andando a lavorare. Ma il 20% dei percettori del reddito di cittadinanza, con il vecchio regime, erano lavoratori che nonostante avessero un regolare contratto di lavoro continuavano a rimanere sotto la soglia di povertà e ad integrare i requisiti per avere il Rdc. Il tema di un salario minimo è un tutt’uno con la questione della lotta alla povertà, ne abbiamo bisogno perché la contrattazione, che ha funzionato bene nel corso della storia del nostro Paese, oggi non è più sufficiente a garantire questo obiettivo”. (fonte © 9Colonne)