Disastro sanità del Fvg l’opinione di Giorgio Simon ex direttore generale ASS5 Friuli Occidentale
Può sembrare una citazione retorica o eccessiva o semplicemente un plagio, ma il documento delle organizzazioni sindacali dei medici del Friuli Venezia Giulia lancia un messaggio molto chiaro. La sanità della nostra regione è nella situazione in cui è necessario fare “whatever it takes”, nulla di meno. Manca personale in molti servizi, in molti si dimettono, molti concorsi vanno deserti, c’è una riduzione mai vista di servizi quali RSA, alcune specialità ospedaliere, salute mentale, neuropsichiatria, molte funzioni sono state esternalizzate non per scelta ma per necessità, il recupero dell’enorme numero di prestazioni perse durante la pandemia è in affanno, la mortalità per Covid, anche tenendo conto dell’anzianità della popolazione, è la peggiore d’Italia. E in tutto questo c’è un continuo via vai di incarichi dei direttori generali che aggiunge instabilità e incertezza. Sappiamo bene che una parte importante dei problemi ha carattere nazionale o addirittura internazionale. È il caso, ad esempio, dell’enorme difficoltà a reclutare medici soprattutto in alcune specialità o la grande farraginosità della procedura di sostituzione dei medici di medicina generale che vanno in pensione. Ma sappiamo anche che questo fenomeno è più grave da noi che in altre regioni per molti motivi, prima fra tutti l’incertezza del futuro.
In un editoriale di una rivista medica importante come il British Medical Journal in cui si parlava di come si risparmia in sanità si diceva “bisogna che la politica la smetta per almeno 10 anni di cambiare gli assetti istituzionali della sanità. I cambiamenti costano troppo”. A me è successo, come a molti altri, di cambiare in pochi anni quattro volte azienda pur facendo sempre lo stesso lavoro. Ogni cambiamento richiede un nuovo atto aziendale, ridare nuovamente gli incarichi al personale, ridefinire l’organizzazione, le responsabilità e le relazioni. Più è grande l’azienda e più questo è complicato e costa. Ma, anche facendo questo cambiamento c’è un grave errore che troppo spesso si fa in sanità. Si ignorano suggerimenti, opzioni e proposte di chi ci lavora producendo un effetto devastante: sfiducia, distacco e perdita del senso di appartenenza e alla fine la fuga. L’orgoglio e la passione per il proprio lavoro sono l’elemento costitutivo di un’organizzazione ad alto valore professionale come la sanità, se si minano si distruggono le fondamenta stesse dell’organizzazione. I cambiamenti in sanità di cui ci si dovrebbe occupare prioritariamente sono quelli che hanno a che fare con i nuovi modelli di cura, non con i sistemi burocratici amministrativi. E questi cambiamenti vanno dall’alta tecnologia alla presa in carico delle persone. Ad esempio, cosa si deve fare per inserire un robot chirurgico dentro un ospedale, cosa significa lavorare ad un progetto di vita con il budget di salute o che organizzazione si deve avere per fare salute di comunità. Occuparsi solo di confini delle aziende pensando di risolvere tutti i problemi è il fallimento della politica. Ma è evidente che per realizzare questo è necessario un cambio importante di mentalità e di approccio manageriale. Non ha più senso l’idea dell’uomo solo al comando, il direttore generale, che decide e dispone o che semplicemente esegue gli ordini della Regione. Non ha più senso semplicemente perché non funziona più e abbiamo visto i disastri che si combinano quando si perseguono questi modelli. Non si può governare un’azienda che si occupa di salute di una comunità senza la partecipazione attiva di chi ci lavora e l’interazione costante con i sindaci e le amministrazioni locali. Non si può lavorare nel territorio senza una stretta interazione con volontariato e terzo settore. Troppo difficile? Non credo. Penso che il “whatever it takes” debba iniziare da qui. Giorgio Simon Ex direttore generale ASS5 Friuli Occidentale