Se secondo il Censis l’Italia vede i sonnambuli, in Friuli la maggioranza silenziosa scivola verso il coma

Una società che “sembra affetta da sonnambulismo” e “cieca dinanzi ai presagi”. Sono “sonnambuli” gli italiani descritti dal Censis nel 57° Rapporto sulla situazione sociale del Paese presentato ieri mattina al Cnel. Un’analisi spietata ripresa da tutti i giornali che disegna una società che “sembra precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali dagli esiti funesti”. Gli italiani spiega il Censis dati alla mano sono “ciechi” di fronte agli effetti “largamente prevedibili” di alcuni processi economici e sociali che “sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o sono comunque sottovalutati. Benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema, l’insipienza di fronte ai cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza”, si legge nella sintesi del Rapporto che traduce in numeri questi severi giudizi. Insomma naufraga nella miseria la narrazione tutta meloniana del “va tutto bene” che, onestà intellettuale ci impone di affermare, non è tutta colpa dell’attuale governo anche se questo ci ha decisamente messo molto del suo. Ma al di là dei dati, sono le analisi impietose dell’istituto di ricerca a dispiegare, forse per la prima volta con questa intensità e precisione, la mappa dei rischi per il paese a cominciare dall’andamento demografico. Nel 2050 – prevede il Censis – l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti (come se le due più grandi città, Roma e Milano insieme, scomparissero). Si stimano quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno nel 2050: una scarsità di lavoratori che avrà un impatto inevitabile sul sistema produttivo e sulla nostra capacità di generare valore. Ma il sonnambulismo non è imputabile solo alle classi dirigenti: è un fenomeno diffuso nella “maggioranza silenziosa” degli italiani. Resi più fragili dal disarmo identitario e politico, al punto che il 56,0% (il 61,4% tra i giovani) è convinto di contare poco nella società. Feriti da un profondo senso di impotenza, se il 60,8% (il 65,3% tra i giovani) prova una grande insicurezza a causa dei tanti rischi inattesi. Delusi dalla globalizzazione, che per il 69,3% ha portato all’Italia più danni che benefici. E rassegnati, se l’80,1% (l’84,1% tra i giovani) è convinto che l’Italia sia irrimediabilmente in declino. L’Italia si è “inabissata in una ipertrofia emotiva”, rileva il Censis, in cui “tutto è emergenza: quindi, nessuna lo è veramente”. Un Paese in cui trovano terreno fertile paure amplificate, fughe millenaristiche, spasmi apocalittici dove l’improbabile e il verosimile fanno scuola. Anche il welfare del futuro instilla nell’immaginario collettivo grandi preoccupazioni: il 73,8% degli italiani ha paura che negli anni a venire non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che non tutti potranno curarsi, perché la sanità pubblica non riuscirà a garantire prestazioni adeguate. Sono scenari ipotetici che paralizzano invece di mobilitare risorse per la ricerca di soluzioni efficaci e generano l’inerzia dei sonnambuli dinanzi alla complessità delle sfide che la società contemporanea deve affrontare.
Ed è su questo aspetto che la situazione in Friuli è ancora più grave perché accompagnata  da una  ninna nanna mediatica  che diventa tossica, velenosa,  quando monopolitisca ed indirizzata a non disturbare il manovratore. Ed anche alcuni auto-mitizzati movimenti non vanno oltre la protesta  “spot” su singoli obiettivi, pur importanti ma che alla fine, come dimostra la vicenda acciaieria nella laguna riportano al letargo. Non c’è una idea di progetto alternativo restano solo fiammate protestatarie. Il resto e rassegnazione imperante davanti alla debacle, ad esempio, della sanità pubblica, un tempo di alto livello e oggi ridotta a Cenerentola italiana. In questo caso però ci sono paternità precise, ma nonostante questo, non si va oltre i mugugni e anche alle urne, al massimo si ripiega sull’astensionismo, che la storia ci racconta essere funzionale al regime in sella. Se poi aggiungiamo che la classe politica, anche di opposizione, appare ripiegata a sonnecchiare sulla comoda protesta istituzionale, si capisce come la facciano ancora da padrona personaggi che nei loro ambiti assessorili hanno ampiamente dimostrato la loro incapacità e insipienza pari solo a quella del loro capo. Così anziché mobilitare i territori su obiettivi che riguardano per davvero la vita di centinaia di migliaia di persone, il “caso” del momento è quello del “messale” in friulano. In realtà al momento basterebbe tradurre solo la preghiera che accompagna il sacramento dell’estrema unzione.