Una elezione è per sempre. Prosegue la stagione dei “bari” delle leggi elettorali. Addio alla Costituzione, siamo all’anticamera della democratura

«Il tentativo del centrodestra  di mettere mano alla legge elettorale per cambiare le regole a proprio favore è un colpo di mano che introduce vergognose e sconcertanti previsioni, a partire dalla riduzione di spesa per la democrazia, passando per l’abbassamento al 40 per cento del quorum, fino al terzo mandato per i sindaci. Siamo contrari a ogni distorsione dei principi democratici che non farà che allontanare ulteriormente i cittadini dalla politica». Usano queste parole i consiglieri regionali del Pd Francesco Russo, Roberto Cosolini, Nicola Conficoni, Andrea Carli, Massimiliano Pozzo, Francesco Martines, Laura Fasiolo, Manuela Celotti e Diego Moretti intervenuti durante la seduta della V commissione riunita per l’illustrazione del disegno di legge 15 “Disposizioni urgenti per lo svolgimento nell’anno 2024 delle consultazioni elettorali e disposizioni in materia di elezioni comunali e regionali”. Ma non solo i Dem ma l’intera opposizione, da Morettuzzo a Honsell promette battaglia su quello che viene considerato un colpo di mano per modificare le future regole elettorali piegandole alle esigenze di parte. Nel mirino soprattutto l’abbassamento della soglia del ballottaggio per l’elezione del sindaco dal 50% al 40%. Ed estensione del terzo mandato consecutivo anche per i comuni tra 5 e 15 mila abitanti. A stigmatizzare la posizione del Pd è arrivato anche il commento della segretaria regionale Dem Caterina Conti che commentando le dichiarazioni del ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani e del presidente Fvg Massimiliano Fedriga sul terzo mandato parla di “scandaloso balletto Lega-FdI”: “Lega e FdI vorrebbero far passare come normale questo loro balletto sul terzo mandato, ma è un episodio scandaloso che si consuma sulla scena politica italiana. Aspettano di contarsi sui numeri delle europee per fare una riforma elettorale che incide pesantemente su norme e regole che dovrebbero essere condivise il più largamente possibile. Altro che democrazia, è spartizione a tavolino”.
Come dare torto alle opposizioni, anche se bisogna ricordare come in passato le sirene malefiche del cambio delle regole elettorali o degli assetti istituzionali (vedi modifiche al titolo V) furono strumentalmente abbracciate anche dal centrosinistra. Oggi è evidente il tentativo della destra di ritagliare, come fosse un abito di sartoria, la legge elettorale sulle proprio “misure” ed esigenze. Basta ricordare che con la soglia del 40% al primo turno, per esempio, non si sarebbe tornati ai seggi a Trieste, Udine e Gorizia nelle ultime votazioni. In tutti questi casi il centrodestra avrebbe trionfato subito, cosa che poi non è avvenuta al secondo turno a Udine dove De Toni ha battuto Fontanini. Detto questo alcune considerazioni sono d’obbligo: Quello che meraviglia è la palesata sorpresa del centrosinistra nello scoprire che la destra italiana fa la destra ed è lontana da quelle forze democratiche “conservatrici” che in molti auspicano come alternanza. E’ evidente, che raggiunto il potere la destra post-fascista voglia mantenerlo anche truccando le regole in Fvg come nazionalmente. Del resto è un male comune della politica da quando, con la favoletta della “governabilità” a tutti i costi, si è tolto potere decisionale agli elettori violentando, con leggi presunte maggioritarie ed ogni sorta di nefandezze, il reale potere della scheda elettorale bloccando perfino la possibilità di scelta delle persone da cui farsi rappresentare e addirittura limitando il numero dei parlamentari tanto che oggi non riescono a stare dietro ai lavori parlamentari. L’abbandono del proporzionale puro (che non era perfetto ma certamente più democratico e meno truffaldino degli attuali sistemi elettorali) è stato il sistema per rendere sempre più distanti i cittadini dalla politica rendendo sempre più mediaticamente manipolabili quelli che votano e abbandonando volutamente all’oblio gli scontenti il cui non voto è sempre funzionale a chi vince. Del resto oggi per la destra meloniana il motto (mutuato da disastrosi retaggi storici) è quel “vincere e vinceremo” a tutti i costi, logica che sembra prevalere nell’agire dei postfascisti di Fratelli d’Italia e dei diversamente fascisti della Lega di Salvini, mentre Forza Italia è ancora in cerca, non solo “d’autore” dopo la dipartita del fondatore/padrone Berlusconi, ma anche di una propria identità politica precisa. Per ottenere il risultato ogni mezzo e buono, compreso l’avvelenamento dei pozzi della democrazia.   Quello che sorprende fra l’altro è la meraviglia che traspare dal centrosinistra che sembra cadere dal classico pero, ingabbiato nel proprio stereotipo di un politicamente corretto che quando ci si confronta con dei bari è sintomo di debolezza e forse anche di stupidità. esempi fra tutti la tardiva scoperta che la sanità in Fvg è un disastro assoluto e che le proposte correttive, tutte rimandate prevedibilmente al mittente, sono state, temiamo, un comodo alibi, un paravento dietro il quale nascondere la propria reale capacità di fare (per se anni)  opposizione.  Detto questo appare chiaro che rispetto alle nuove norme elettorali proposte e imposte dalla destra, il problema è nella natura rissosa del centrosinistra, alimentata nazionalmente da personaggi indegni, montati quando non costruiti come fossero “avatar” dai media televisivi. Per non parlare della stessa sinistra incapace di fare squadra e di guardare a ciò che unisce rispetto a quanto divide, perché, diciamolo chiaro, se il meccanismo futuro sarà quello “personale” dei Soru in Sardegna, dei Marchiol in Friuli (pur capendo che la proposta De Toni fosse, come si sta dimostrando, inadeguata) o dei “Santoro” e dintorni a livello nazionale, sarà forte il rischio di sbattere contro il muro di una destra granitica nella propria volontà di gestire il potere. Soprattutto se le candidature verranno ancora paracadutate dall’alto o create da individuali ambizioni smodate. Il rischio che la democrazia italiana scivoli verso una democratura in punta di premierato diventa altissimo, magari puntellata anacronisticamente da quell’autonomia differenziata contentino demenziale per autonomisti e fautori dei federalismi vari che, nonostante la “gran prova” data dalle famose modifiche del titolo V, proseguono testardamente nel pensare che basta una mano di finto potere decisionale locale, per rendere più diretta e virtuosa la gestione della cosa pubblica, quando invece la realtà è quella di appagare la sete, magari solo quella di poltrone. Eppure dovremmo aver capito che le Regioni così come sono state strutturate in realtà sono state l’anticamera dello smantellamento delle pubbliche utilità in favore di un liberismo rapace. Forse varrebbe la pena cancellare con un colpo di spugna tutte le modifiche in salsa “maggioritaria” e/o federalista e tornare ad una rappresentanza politica dignitosa, partendo magari da ripristinare i “partiti” come costituzionalmente definiti, finanziamento pubblico trasparente compreso.  Ma ci rendiamo conto trattasi di utopia. Anche se come si vede proprio dalla destra post-fascista al potere, non sempre è impossibile portare indietro le lancette della storia, loro lo stanno facendo alla grande.

Fabio Folisi