Siamo noi allo specchio

Il 2024 è l’anno delle “Radici italiane” nel mondo. Decisione presa dal Governo nel 2023, presentata nel settembre scorso, insieme al progetto “turismo delle radici” inserito nel PNRR finalizzato, tramite le associazioni interessate, a un bacino di 6 milioni di cittadini italiani emigrati in altri Paesi, dove risiedono. In realtà il bacino dei residenti e italiani discendenti di seconda e terza generazione con radici miste è stimato tra i 60 e 80 milioni di persone. Oltre cento anni di emigrazione da un Paese in trasformazione, da economia agricola a quella industriale, a quella fragile in un mondo globalizzato. In questo processo, per scelte politiche, solo il sistema e rimasto fermo, continuando a non dare risposte. Infatti, sono circa 100.000 i giovani laureati e preparati che ogni anno, in mancanza di opportunità, sono costretti a partire dal nostro Paese, con una perdita di un patrimonio umano, di conoscenza e di visione incalcolabile, immediato e futuro. Dal 1861 anno dell’Unità d’Italia al 2021, circa 31 milioni di cittadini italiani hanno lasciato il Paese, più di 19 milioni non hanno mai fatto rientro. Un esodo che non si ferma. L’Italia è un caso da studiare nel mondo.
Oltre il merito, la bontà o meno del progetto turismo, sottolineo il forte impatto del processo di migrazione, sul territorio di partenza, in quello di arrivo, e sulla persona umana. La quasi totalità delle persone è stata costretta a lasciare il Paese in cerca di un lavoro, di una opportunità, al buio, senza riferimenti, senza certezze, smarriti, senza conoscenza della lingua e con un livello scolastico basso, e senza possibilità di tornare per tanti di loro. Non paragonabili, con oggi, i mezzi di trasporto, di comunicazione, il valore del tempo, delle distanze, dei rapporti. Anche quando riconosciuti come lavoratori di alta professionalità, svolgevano lavori pesanti e pericolosi, venivano sfruttati, mal retribuiti, spesso indicati come colpevoli di tutti i mali, emarginati nelle riserve, venivano negati i diritti e la dignità. Loro non avevano scelte. Nonostante questo, legati e orgogliosi dalle proprie radici hanno contribuito a far grandi questi paesi. Le loro storie lo confermano, non vanno nascoste o cancellate, ma da loro trarre insegnamenti perché non succeda più, evitando ai giovani quello che le generazioni precedenti avevano subito. Fintanto che il sistema non verrà messo in discussione e cambiato radicalmente, va superata la debolezza delle radici come diversità in una riserva, valorizzando la storia, la cultura delle origini come conoscenza da condividere per una comune crescita.
Nella mia città, Monfalcone, negli ultimi 100 anni, queste persone sono state cercate, una migrazione richiesta, chiamate dal sistema produttivo. Le navi vanto del Paese sono state il frutto di un lavoro fatto da una comunità di lavoratori provenienti da diverse regioni e realtà. La città e cresciuta, sviluppata senza riserve indiane e supremazie imposte, con il contributo di tutti, dove si identificavano. E la nostra storia.
In città, negli ultimi 30 anni, anche per merito dei lavoratori, non si parla di crisi, di cassa integrazione, ma di carichi di lavoro, di assunzioni, di sviluppo, di futuro. Eppure è tornato il peggiore passato, lavoratori chiamati a fare le navi più belle del mondo, artisti che mentre lavorano insieme fianco a fianco, poi a una parte vengono negati gli spogliatoi, le docce, un giusto riconoscimento salariale. Gli stessi, nella città vengono divisi per riserve indiane e indicati come colpevoli. Negati i diritti e la dignità. Siamo noi, emigranti italiani allo specchio. Tutto questo non è caduto dal cielo, ma la conseguenza di una cultura della supremazia imposta, di scelte politiche povere, senza visione, pericolose. Un ostacolo per un futuro, con precise responsabilità.
Oggi le radici dell’ottanta per cento degli abitanti di prima, seconda o terza generazione non sono del luogo, ma di 84 Paesi del mondo e di diverse regioni italiane. Radici diventate un’ancora, un grande patrimonio che se conosciuto e condiviso, diventa una forza impensabile, indispensabili per la vita, la crescita e il futuro della città dove tutti si riconoscano. Un’opportunità unica e una sfida che richiede una guida inclusiva e visionaria.
La storia non è più storia, la verità non è più verità se i fatti vengono sostituiti dai silenzi o dalle negazioni. Il futuro non avrà futuro se da oggi non viene preparato.
Luigino Francovig