Stampa sempre sotto attacco, nel mirino anche il segreto professionale dei giornalisti. Sotto inchiesta cronisti di Domani
“Vietato disturbare il potere. Indagati i cronisti di Domani Giovanni Tizian, Nello Trocchia, Stefano Vergine e Federico Marconi” . Così titolava i quotidiano “Domani” di ieri sabato 2 marzo 2024 raccontando che “Tre giornalisti del quotidiano sono sotto inchiesta a Perugia per accesso abusivo e rivelazione di segreto” coinvolti dall’esposto del ministro Crosetto che “ha chiesto ai magistrati di individuare le nostre fonti” scrive Domani che sottolinea come sia “vietato pubblicare notizie riservate sul ministro della Difesa Guido Crosetto, sui finanziamenti illeciti ai partiti, sul riciclaggio di mafiosi e lobbisti. Il rischio è passare non da giornalisti d’inchiesta, ma da avvelenatori di pozzi. Un monito a Domani e a tutta la categoria dei giornalisti”. Che dire se non che fare giornalismo d’inchiesta o anche semplicemente critica è in Italia sempre più difficile e non solo da quando al governo c’è il centrodestra che semmai sta acutizzando un processo di autoprotezione della politica e più in generale dei colletti bianchi già in atto da tempo. Il problema più grosso non è dato dalla diffamazione e dalle richieste di risarcimento danni più o meno temerarie, ma dalla richiesta che spesso si accompagna alle querele di rivelare le fonti di una determinata inchiesta o semplicemente di un articolo di denuncia. Questo nonostante la tutela delle fonti del giornalista rappresenti un pilastro della professione perché strettamente strumentale a garantire il diritto di informazione che è tutelato sia dall’art. 21 della nostra Costituzione e dall’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, i tentativi di “scoprire” le fonti con tutto quello che ne consegue è fra gli obiettivi principali del potere, sia esso manovratore politico che economico. In realtà, per dirla tutta, la libertà di stampa non può però valicare i diritti inviolabili della persona. Ecco perché, come tutte le regole, anche questa conosce le sue eccezioni, ma che sono appunto eccezioni e che non possono diventare la regola. I limiti alla segretezza delle fonti (che opera come prerequisito perché al giornalista vengano fornite informazioni necessarie per avviare o consolidare la propria inchiesta), sono quindi possibili ma a due condizioni: da un lato devono rispondere ad esigenze di particolare rilevanza (come quelle ad esempio che nel processo penale possono portare all’obbligo del giornalista di dover rivelare la fonte di una notizia) ma nei limiti della giurisprudenza europea. Limiti abbastanza chiari anche se oggetto di ampie e contrastanti interpretazioni. La Corte di Strasburgo, in particolare, ha riconosciuto che il diritto di informazione prevale anche sul rispetto del segreto istruttorio e della privacy quando investe fatti che hanno già raggiunto una certa notorietà tra la collettività e che riguardano temi sociali di particolare rilevanza ed interesse pubblico. L’altro elemento è che non possono mai tradursi in una generalizzata attività di controllo dell’attività giornalistica (come si potrebbe avere nel caso della richiesta di sequestro dell’intero computer o hard disk di un giornalista). Parliamo oggi di questo perchè la cronaca ci racconta le vicende che coinvolgono i colleghi Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine, giornalisti del quotidiano Domani attualmente sotto inchiesta a Perugia per accesso abusivo e rivelazione di segreti. Tale situazione si è originata a seguito dell’esposto presentato dal Ministro della Difesa Guido Crosetto, il quale ha richiesto ai magistrati di identificare le fonti giornalistiche. Un precedente pericoloso, che vorrebbe instaurare un divieto preventivo di pubblicare informazioni riservate sul ministro della Difesa e che rischia di trasformare i giornalisti d’inchiesta in presunti violatori di segreti, invece che guardiani dell’informazione. Questo scenario rappresenta un monito non solo per Domani, ma per l’intera categoria dei giornalisti. Inoltre è importante sottolineare che le informazioni divulgate erano vere e di interesse pubblico, e non documenti manipolati o fabbricati. Sebbene l’indagine sia ancora in fase preliminare, è evidente che ci troviamo di fronte a un tentativo di mettere sotto accusa la libera informazione e di minare il ruolo fondamentale svolto dai giornalisti nel garantire la trasparenza e la responsabilità delle azioni della politica nel nostro paese. Esprimiamo anche noi la nostra solidarietà ai colleghi coinvolti in questa inchiesta e ribadiamo il nostro sostegno alla loro integrità professionale. Lavorare nell’ambito dell’informazione è sempre più difficile, ma è fondamentale difendere il diritto dei giornalisti di portare alla luce la verità senza timori o subire intimidazioni. Chiediamo che venga rispettata l’indipendenza della stampa e che venga garantita la libertà di espressione in conformità con i principi democratici sui quali si fonda la nostra società.