Strutture sanitarie Covid alla corda. Gestione pandemica regionale improvvisata provoca fuga di camici bianchi
Che Udine è la seconda provincia italiana a più alta incidenza di contagio dopo Bologna era fatto già noto da giorni, la notizia del giorno è semmai che la tendenza di crescita nell’intero Fvg non si arresta con oltre 600 casi settimanali per 100000 abitanti a Udine così, come si confermano i dati negativi per Gorizia, quarta in questa triste classifica nazionale con 525 casi. Anche a Trieste si sono superati i 300 casi settimanali. Solo Pordenone rimane ancora a livelli bassi. In sostanza la settimana appena trascorsa è tra le peggiori dall’inizio dell’epidemia e non solo per il parametro relativo ai contagi perché l’effetto si ripercuote anche sui ricoveri con tutto il carico di lavoro sulla filiera sanitaria, dai pronto soccorso alla terapie intensive. Fattori che rischiano di innestare una situazione potenzialmente drammatica e che era certamente prevedibile. Dopo oltre un anno dall’inizio della pandemia con il personale sanitario in prima linea sono soprattutto gli infermieri a non farcela più. Molti hanno optato per il passaggio a strutture private altri hanno chiesto trasferimenti verso le proprie aree di provenienza. L’allarme era già stato lanciato dai sindacati e le varie aziende sanitarie così come l’assessorato regionale alla sanità sapevano. Abbastanza ridicolo quindi il clamore suscitato dalla notizia che nell’ultimo mese 6 infermieri in servizio al Santa Maria della Misericordia di Udine si sono licenziati perchè tutti sapevano. Il problema è che nessuno di chi doveva agire cercando soluzioni l’ha fatto così ancora una volta a pagare saranno i cittadini e in questo caso il conto potrebbe essere salatissimo, perfino in termini di vite perse. Speriamo solo che si abbia la decenza di non scaricare le proprie incapacità gestionali sul personale che ha lasciato, additandolo come sorta di disertori. Molto personale soprattutto infermieristico, da mesi in prima linea, non solo è stanco e stressato, ma lamenta problemi psicologici seri. Insomma l’incapacità di prevedere il prevedibile, spremendo il personale con turni infiniti e non tenendo conto gli aspetti legati alla gestione di situazioni umanamente pesantissime e il costante pericolo di contagio, stanno riducendo le capacità e il numero di quelli che a parole sono stati chiamati eroi, che hanno sacrificato affetti e famiglia per spirito di servizio senza neppure vedere pagati gli straordinari effettuati lo scorso anno.
Le notizie sui contagi e quelle sulle carenze di personale con conseguenti drammatici problemi per la funzionalità delle strutture hanno provocato ovvie e giustificate reazioni a livello politico. Il segretario del PD Cristiano Shaurli parla di “ondata prevedibile ma lezione non imparata, gravissimo che allarmi dei sindacati siano rimasti senza ascolto”. “Era purtroppo prevedibile questa ondata e l’aumento dei casi era visibile a chiunque non si tappi gli occhi per appartenenza politica. Di fronte alla durissima emergenza che colpisce nuovamente l’ospedale di Udine e non solo si risponderà ancora che il Pd strumentalizza? si metteranno in evidenza ancora una volta solo i numeri “comodi”? Si vuole continuare a dire che va tutto bene? O finalmente si riconosceranno ed affronteranno i problemi ?”.
Per Shaurli “è gravissimo che i ripetuti allarmi dei sindacati siano rimasti inascoltati, con queste conseguenze per i nostri cittadini, che dovevano essere evitate. Non ci interessa attaccare o fare polemiche, ci interessa invece che si stia facendo tutto ciò che serve per i cittadini della Regione e per gli operatori della nostra sanità pubblica. Ogni giorno continuiamo a ricevere segnalazioni dai cittadini e dal personale di difficoltà nei nostri ospedali, di un tracciamento nuovamente in difficoltà e allo stesso tempo – conclude – abbiamo in alcuni territori un aumento dei casi fra i peggiori in Italia”.
Rincarano la dose anche dal M5s che specifica che non solo ad Udine i Pronto Soccorso sono sotto pressione ma in tutta la regione.
“La situazione al Pronto Soccorso di Udine è estremamente preoccupante, ma purtroppo non è l’unica nella nostra regione”. Così i consiglieri regionali del MoVimento 5 Stelle commentano la realtà critica che emerge nelle strutture sanitarie del Friuli Venezia Giulia. “Con la carenza di personale già presente, è molto grave sapere di infermieri che si licenziano in quanto esausti per la situazione che stanno vivendo ormai da più di un anno – affermano gli esponenti M5S -. Il tutto aggravato dal fatto che non ci sono le risorse per pagare gli straordinari del 2020, nonostante le nostre richieste a dicembre di valutare il fabbisogno in questo senso e di aumentare lo stanziamento a questo scopo. Senza contare che si chiede a questi operatori anche di fare i vaccini come volontari fuori orario di servizio”. “Udine è solo la punta dell’iceberg, ma altre realtà come Gorizia, Monfalcone o Palmanova sono sotto pressione, con tempi di attesa per i codici gialli che, nel migliore dei casi, supera la mezzora – concludono i portavoce pentastellati -. Il rischio è che, a causa dell’alto numero di accessi, questi Pronto Soccorso siano occupati interamente da pazienti Covid positivi, con carenza di spazi e difficoltà di prendere in carico gli utenti non Covid, come capitato oggi proprio a Monfalcone”.
Sono gravissime, aggiunge il consigliere regionale di Open Fvg Honsell già sindaco del capoluogo friulano, le notizie che provengono dall’Ospedale di Udine. “Com’è possibile che ci si trovi così impreparati, con mancanza di personale e turni insostenibili anche nella terza ondata di contagi. Ma proprio non si è imparato dall’esperienza di ben due volte! Inoltre viviamo il colpevole paradosso che la zona rossa scatterà solamente lunedì in modo da favorire i contagi nel weekend! Siamo nell’ennesima emergenza.” “Ripetiamo quindi quanto già detto moltissime volte in passato, aggiunge Honsell:
1) Potenziare la sanità territoriale, le unità domiciliari e le cure domiciliari prima che sia necessario il ricovero. Ma a questo fine il distretto deve essere guidato da esperti di igiene non di bilanci finanziari come è avvenuto.
2) Impiegare tutto il personale disponibile da tutte le strutture, compresi i volontari ex infermieri e medici che si sono resi disponibili, organizzandi gli affiancamenti necessari.
3) Basta risparmi sul costo del personale.