Svolta securitaria a Udine in continuità con la destra , arrivano le “sentinelle” di quartiere. Non ronde, ma semplici “delatori”
Non sappiamo se la giunta comunale di Udine abbia valutato appieno, magari guardando alla storia del passato, nell’istituire i volontari della sicurezza. La delibera che regola il sistema sicurezza “partecipato” cittadino sembra essere decisamente nel solco della migliore tradizioni della destra securitaria ed è stata approvata martedì scorso, ma non è ancora pubblicata, anche se ampie anticipazioni sulla ratio stanno già circolando e bastano certamente per dare un giudizio. Dal nostro punto di vista una sonora bocciatura. Peccato infatti che, a parte l’astensione di Arianna Facchini (Alleanza Verdi Sinistra Possibile) le altre forze del centro sinistra, Pd compreso, non abbiano intuito la pericolosità di tale meccanismo che pare in piena continuità con al giunta Fontanini. Da quanto si capisce, i volontari di quartiere vestiranno i panni delle sentinelle e avranno il compito di segnalare situazioni potenzialmente pericolose sul fronte della sicurezza. Certo non si tratta di sceriffi operativi, di ronde padane di antica memoria, ma forse è perfino peggio. Si parla infatti di semplici delatori. Se da un lato è forse una esagerazione scomodare ombre del passato, alcune analogie rischiano di essere devastanti.
come non ricordare ad esempio i collaboratori di quartiere della famigerata Stasi, esempio massimo di sistema di controllo diffuso sulla popolazione che monitorava i comportamenti politicamente scorretti di tutti i cittadini della Germania Est o l’italianissimo sistema di controllo territoriale fascista di Mussolini. Ricordiamo che questo era basato proprio sulla delazione anonima, odioso strumento nelle mani del regime, per controllare la vita degli italiani che provocò, prima il controllo sulla “fascisticità” dei comportamenti e poi l’arresto e la deportazione di migliaia di ebrei. Le scelte securitarie del regime fascista furono funzionali a tenere sotto il tallone d’acciaio del terrore un intero paese. Il meccanismo ha molte analogie con quello odierno, tanto caro alla “cultura” leghista prima e della “fratellanza” poi: prima trasmettere insicurezza profonda, agitando sulle paure, lo spettro dell’invasione ad esempio. questo diventa il primo ingrediente dell’obbedienza cieca per poi creare un sistema di spioni di paese, di quartiere e perfino condominiali. Nel ventennio si poteva mandare in galera l’incolpevole ebreo o il vicino di casa antifascista, oggi magari creare problemi all’antipatico della porta accanto, un sogno per molti italiani. Forse, grazie al fatto che ancora oggi la Costituzione è argine di libertà formidale, non si arriverebbe alla aberrazione del passato, ma sicuramente le sentinelle di quartiere potrebbero diventare risorsa preziosa per chi pratica la chiusura sospettosa e guardinga verso tutto ciò che è esterno, foresto o semplicemente non sovrapponibile ai propri concetti di vita, magari nel solco di “Dio, patria e famiglia” . Vale la pena fra l’altro ricordarsi che recentemente quella che si riteneva essere una parola quasi in disuso, il delatore, è tornata in auge in epoca di pandemia a indicare chi, col sotterfugio, denuncia coloro che non rispettano le regole imposte dai decreti contro il contagio. Quello che lascia basiti è che oggi ad operare l’operazione, da anni nelle corde della destra, è la giunta De Toni. Madre ispiratrice dell’operazione sarebbe Rosi Toffano, assessora alla partecipazione, associazionismo, quartieri, sicurezza partecipata. Professione avvocato e paladina della legalità, anche se non possiamo non registrare che aleggiano voci su una sua incompatibilità al momento della nomina ad assessore che la renderebbe meno credibile nel suo ruolo politico di cui dovrebbero preoccuparsi il sindaco e il Pd suo partito di riferimento. Ma questa è altra storia sulla quale ci riserviamo futuri approfondimenti. Di certo il sistema sicurezza partecipata che sembra essere stato sposato dalla giunta De Toni è in assoluta continuità con l’ideologia di chi li ha preceduti a palazzo d’Aronco.
Dopo i vigili di quartiere, l’arrivo delle guardie giurate e il costoso incremento degli occhi elettronici, arrivano le “sentinelle” che avranno il compito di segnalare situazioni potenzialmente pericolose sul fronte della sicurezza. Concetto ovviamente che può essere legato a sensibilità individuali che non sono certo patrimonio d’equilibrio e valutazione corretta comune a tutti cittadini e che perfino le forze dell’ordine acquisiscono dopo accurata formazione ed esperienza sul territorio. Certo, sulla carta, saranno certamente previste linee guida che temiamo diventino come i corsi di primo soccorso, utili, ma non certo risolutivi nel caso d’emergenza. Non tranquillizza inoltre il fatto che l’intervento finale resta attraverso il 112, numero unico di emergenza e ci mancherebbe. Da registrare sulla vicenda una nota di Alleanza Verdi Sinistra Possibile che spiega l’astensione della loro rappresentante in giunta.
Si legge testualmente: “La sicurezza è una priorità anche per noi, ma il modello votato martedì in Giunta rappresenta una visione politica diversa dalla nostra, per queste motivazioni la rappresentante di Alleanza Verdi Sinistra Possibile in Giunta Arianna Facchini si è astenuta nella votazione sul protocollo di sicurezza partecipata. La sicurezza urbana storicamente nasce in ordinamenti progressisti con l’intento di intervenire sui fenomeni di criminalità con strumenti diversi da quelli penali come politiche sociali di integrazione e riqualificazione degli spazi urbani. I dati ci dimostrano quanto in realtà Udine sia una città sicura e AVSP ritiene che la sicurezza debba essere demandata esclusivamente a chi è professionalmente formato a questo ovvero alle forze dell’ordine per evitare che si crei un clima di delazione che nulla ha a che vedere con la sicurezza, semmai con la sua percezione. Ogni cittadina/o può infatti già segnalare eventuali presunti illeciti o situazioni di pericolo attraverso il numero unico di emergenza.
La partecipazione delle cittadine e dei cittadini deve avvenire invece in un’ottica di prevenzione facendo rete con le associazioni per mettere in campo politiche di inclusione sociale attraverso servizi di prossimità, mediatori culturali e attività per i minori non accompagnati.
Questo sistema invece è troppo permeabile, senza effettivi controlli, sanzioni e contrappesi per i volontari che eventualmente abusino del loro ruolo, financo rischioso per gli stessi volontari che non vengono inquadrati in una soluzione “di sistema”. L’impegno preso da AVSP è quello di lavorare in quest’ottica assieme al sindaco De Toni e all’assessora Toffano sul protocollo operativo.