Tante chiacchiere: salvaguardia ambientale, siccità e cambiamenti climatici, ma il consumo di suolo continua ad essere pratica comune
Si torna a parlare di consumo del suolo. Cemento, asfalto e coperture solari fintamente ecologiche la fanno da padrone. Fatti sotto gli occhi di tutti confermati anche dal punto di vista statistico dai dai ufficiali , ma forse i numeri non rendono bene di cosa si sta parlando. Allora prendiamo un esempio concreto. A Maniago c’è chi sta cercando di realizzare un impianto fotovoltaico coprendo 120 ettari di terreno agricolo. Centoventi ettari di terreno, spiegava qualche settimana fa Condiretti producono mediamente sei mila quintali di frumento, ovvero cinque mila quintali di farina con cui produrre seicento mila chilogrammi di pane. “Il consumo medio di una famiglia di quattro persone, spiegavano gli agricoltori che avversano questo impianto che per mascherarne la natura devastante e nobilitarlo viene etichettato “agrivoltaico”, è di un chilogrammo al giorno. Quindi centoventi ettari producono il pane per mille 650 famiglie per un anno”. Al di là della vicenda specifica bisogna dire che il Friuli-Venezia Giulia presenta una percentuale di suolo consumato, ovviamente non solo per i parchi solari ma per edilizia abitativa, logistica e industriale, tra le più alte in Italia, dell’8 per cento, attestandosi al settimo posto tra le venti regioni italiane. A dirlo è il monitoraggio dell’Ispra, l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che a livello nazionale ha registrato il valore più alto di consumo di suolo negli ultimi dieci anni. Un dato che non solo aumenta il rischio di dissesto idrogeologico, ma toglie anche spazi all’agricoltura e aggrava la crisi climatica. Con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora nazionalmente i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato. In sostanza la difesa del suolo e delle problematiche ambientali e climatiche da parte della maggioranza della politica, compresa quella locale, ricorda le “chiacchiere e distintivo” di cinematografica memoria. Il consumo di suolo in Italia fotografato dal Rapporto SNPA 2022 che, insieme alla cartografia satellitare di tutto il territorio e alle banche dati disponibili per ogni comune italiano, fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione della copertura del suolo a livello nazionale, comunale e provinciale è davvero desolante. Tra il 2006 e il 2021 il Belpaese, si legge testualmente nella relazione Ispra, ha perso 1.153 km2 di suolo naturale o seminaturale, con una media di 77 km2 all’anno a causa principalmente dell’espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali che, rendendo il suolo impermeabile, oltre all’aumento degli allagamenti e delle ondate di calore, provoca la perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi ecosistemici, con un danno economico stimato in quasi 8 miliardi di Euro. In sostanza per il profitto di pochi si creano danni enormi alla collettività. Il suolo consumato pro capite aumenta in Italia nel 2021 di 3,46 m2/ab e di 5,46 m2/ab rispetto al 2019 con un trend in crescita. Si passa, infatti, dai circa 349 m2/ab nel 2012 ai circa 363 m2/ab di oggi. Numeri che forse dicono poco se non si ripropongono in maniera realistica come nel caso citato in apertura di Maniago. A livello regionale la Valle d’Aosta è la regione con il consumo inferiore, ma aggiunge comunque più di 10 ettari alla sua superficie consumata, la Liguria è riuscita a contenere il nuovo consumo di suolo al di sotto dei 50 ettari, mentre Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Basilicata e Calabria si mantengono sotto ai 100 ettari. Gli incrementi maggiori sono avvenuti in Lombardia (con 883 ettari in più), Veneto (+684 ettari), Emilia-Romagna (+658), Piemonte (+630) e Puglia (+499). I valori percentuali più elevati si collocano anche quest’anno in Lombardia (12,12%), Veneto (11,90%) e Campania (10,49%). Tra i comuni, Roma conferma la tendenza dell’ultimo periodo e anche quest’anno consuma più suolo di tutte le altre città italiane: in 12 mesi la Capitale perde altri 95 ettari di suolo. Inoltre, Venezia (+24 ettari relativi alla terraferma), Milano (+19), Napoli (+18), Perugia (+13), e L’Aquila (+12) sono i comuni capoluogo di Regione con i maggiori aumenti. Suoli urbani: oltre il 70% delle trasformazioni nazionali si concentra nelle aree cittadine cancellando proprio quei suoli candidati alla rigenerazione. Gli edifici aumentano costantemente: oltre 1.120 ettari in più in un anno distribuendosi tra aree urbane (32%), aree suburbane e produttive (40%) e aree rurali (28%). Correre ai ripari è possibile: si potrebbe iniziare intervenendo sugli oltre 310 km2 di edifici non utilizzati e degradati esistenti in Italia, una superficie pari all’estensione di Milano e Napoli. Il Veneto è la regione che ha la maggior superficie di edifici rispetto al numero di abitanti (147 m2/ab), seguita da Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Piemonte, tutte con valori superiori ai 110 m2/ab. I valori più bassi si registrano invece nel Lazio, in Liguria e Campania, rispettivamente con 55, 60 e 65 m2/ab, a fronte di una media nazionale di 91 m2/ab. Logistica: ben 323 ettari nel 2021 prevalentemente nel Nord-Est (105 ettari) e nel Nord-Ovest (89 ettari). Prosegue quindi il consumo di suolo dovuto alla costruzione di nuovi poli logistici rilevati anche in aree a pericolosità idrogeologica elevata. Fotovoltaico a terra: poche le nuove istallazioni a terra fotografate dal SNPA nel 2021 (70 ettari), ma gli scenari futuri prevedono un importante aumento nei prossimi anni stimato in oltre 50 mila ettari, circa 8 volte il consumo di suolo annuale. Oggi oltre 17 mila ettari sono occupati da questo tipo di impianti, in modo particolare in Puglia (6.123 ettari, circa il 35% di tutti gli impianti nazionali), in Emilia-Romagna (1.872) e nel Lazio (1.483).