Ucraina-Gaza: La vita degli altri

Ucraina

Se appare abbastanza chiaro che la vita più importante per gli esseri viventi è quella propria (non è un assioma assoluto perché ci sono ovviamente eccezioni), per quella di altri nostri simili ci sono evidentemente diverse scuole di pensiero. Anche a me sta più a cuore la sorte di un famigliare, di un parente, di un amico o comunque di una persona a cui sono legato affettivamente, ma stiamo sempre palando di persone con cui esiste uno scambio diretto e la precedenza che diamo loro piuttosto che ad altri è umanamente comprensibile.
Proviamo invece a considerare il valore o meno delle vite di altre persone; allora ognuno la pensa a modo suo. Esistono però regole che si riferiscono ai diritti umani universali secondo le quali ogni vita dovrebbe assumere lo stesso valore, la stessa importanza.

Gaza

Che il pianeta che noi abitiamo e di cui siamo ospiti sia pieno di incongruenze è però un dato di fatto visto che mentre la maggioranza dei suoi abitanti al massimo sopravvive, la parte rimanente vive (sempre meno) decentemente mentre al suo interno un’esigua minoranza possiede una ricchezza inimmaginabili godendo dello sfruttamento dei beni altrui rapinandoli ai loro legittimi proprietari, con conseguenze che stanno minando lo stesso equilibrio su cui si basa il nostro pianeta.
Naturalmente ci sono diversi metodi per perpetrare questi furti; la corruzione di chi governa Paesi dal punto di vista delle risorse ricchissimi, procurando loro non solo ricchezze inusitate e le risorse per tenere a bada chi invece rivendica il diritto delle popolazioni e per rendere spesso il loro territorio terra bruciata dall’inquinamento e dalle predazioni. Ma questo quadro è riferito a questioni generali ed ovvie.
Ci sono casi in cui queste disparità nell’interesse e nell’attenzione risultano talmente palesi da ritenerle teoricamente impossibili, anzi considerate (sempre in teoria) dei veri e propri crimini contro l’umanità ma che vengono tranquillamente tollerate se non giustificate da balle colossali intrise di ignoranza patologica. Ci sono in corso ed in giro per il mondo parecchie guerre, una più feroce dell’altra (d’altra parte la guerra è la manifestazione più feroce espressa dall’essere umano) ma non tutte godono della stessa attenzione e della stessa valutazione. In Sudan, ad esempio, da un paio di anni è in corso un conflitto che ha provocato circa 140.000 morti e la bellezza di 12 milioni di sfollati e che pare interessare a poche persone.
In RDC (Repubblica Democratica del Congo) un gruppo di “ribelli” ha messo a ferro e fuoco due regioni dell’est di quello Stato e in due mesi ha seminato terrore, ammazzato parecchie migliaia di vittime e depredato immense quantità di minerali pregiati commerciate dal Rwanda che non le produce ma finanzia e partecipa con proprie truppe alla mattanza e alle azioni dei ribelli. Non che alcune autorità congolesi (a partire dai comandati delle truppe del RDC) siano immuni dal lucrare su quel commercio, sia chiaro, ma quelle materie alla fine sono indispensabili alle aziende occidentali o cinesi (e ai loro governi) che chiudono volentieri un occhio su quanto accade e su come quei beni a arrivano a destinazione.
Lasciamo stare tutte le situazioni di instabilità e di guerre locali in giro nel continente africano, anche esse causate dagli stessi motivi che impediscono all’Africa di evolversi e di sfruttare democraticamente le sue risorse distribuendole ai suoi abitanti in modo onesto. Considerando che a quanto pare le guerre e “guerricciole” nel continente nero e in quello dell’Asia orientale non riscuotono eccesivo interesse in quanto lontane e catalogate al massimo come questioni tra bande locali (molte seguono quelle dinamiche, ma chi le finanzia sono gli enormi interessi dei “Paesi sviluppati”), passiamo direttamente ad altro.
Prendiamo piuttosto in considerazione quanto di più vicino a noi sta succedendo; la guerra in Ucraina e quella (che risulta difficile definire con quel termine) in Palestina e come vengono affrontate e raccontate da noi “occidentali”. Anzi, partiamo pure dallo specificare, a scanso di equivoci, che l’invasione russa in Ucraina è un crimine orrendo e che Putin è, non da oggi, una canaglia. Detto ciò, appare piuttosto lampante che quanto succede in Ucraina suscita maggiore attenzione, non solo in temini di notizie e spazio riservato all’interno dei media occidentali, ma soprattutto considerando la reazione dei governi in cui almeno teoricamente regna la democrazia. Nei confronti dell’invasore russo sono state applicate giuste e pesanti sanzioni che incidono sull’economia e dunque sulla vita degli abitanti della Federazione Russa (e non solo sui ricchissimi oligarchi locali e sodali di Putin); verso l’Ucraina sono stati trasferite decine di miliardi di euri o dollari sia in cash che in armamenti. Giustamente ogni azione criminale dell’esercito o dell’aviazione russa ottiene visibilità e la (quasi) generale condanna. Ogni proposta o tentativo di mediazione tra le parti viene trattata come un insulto mentre si continua ad armare (praticamente inutilmente visti i risultati) l’esercito ucraino e addirittura c’è qualche esaltato che vorrebbe inviare le truppe del suo (e degli altri) Paese rischiando un’escalation che non si sa dove potrebbe portare. Nei confronti di Putin è stato emesso un ordine di arresto per crimini di guerra. Insomma una reazione indignata e giustificata dagli accadimenti. Il gasdotto North Stream 2 è stato sabotato in modo da tagliare una delle principali fonti di approvvigionamento diretto verso il principale utilizzatore di gas russo e principale economia europea, mettendo la Germania praticamente in ginocchio, mentre la Russia ha potuto diversificare la vendita del suo gas e petrolio rimettendoci sicuramente ma rimanendo tranquillamente in piedi contro le previsioni dei soliti pseudo esperti che scommettevano sul crollo della sua economia.
Nei confronti del conflitto russo-ucraino, l’attenzione è massima e la reazione impressionante. Questa guerra, tra le altre cose, ha portato a considerare come necessaria una vera follia; la spesa di ben 800 miliardi di euro per la difesa europea. E non c’è verso di far capire ai nostri geni che quella spesa è semplicemente un’autentica idiozia che servirà solo a tagliare quel poco di spesa pubblica e sociale che è rimasta e che rappresenterebbe sulla carta il fiore all’occhiello della cosiddetta democrazia occidentale e dei suoi valori. La gente non ha di che mangiare o curarsi e si tagliano ulteriormente quelle spese. Tutto ciò per difenderci da un nemico ipotetico che non avrebbe proprio voglia né intenzione e né possibilità di violare i nostri confini.
Bene, facciamoci un giretto all’interno dell’altro macello (definirlo guerra, come si diceva, è del tutto improprio) che si sta compiendo a pochi passi da noi, in Palestina. A quanto pare l’attenzione sui crimini israeliani compiuti soprattutto nei confronti di persone inermi, nella stragrande maggioranza donne, anziani e bambini non suscita lo stesso interesse ma soprattutto la stessa indignazione che si prova verso i crimini compiuti in Ucraina (e anche in Russia in reazione a quelli subiti dagli ucraini). Gaza è stata praticamente rasa al suolo con un livello di distruzione che non ha pari, lasciando due milioni e mezzo di persone senza un tetto. Israele controlla e sigilla tutti i valichi di frontiera attraverso i quali dovrebbero passare gli aiuti indispensabili ad alleviare (non a risolvere) le immani sofferenze degli abitanti della Striscia. La sua artiglieria e i suoi aerei continuano senza sosta a bombardare case, scuole, ospedali, rifugi improvvisati, magazzini con i pochi viveri rimasti, le tende che rappresentano l’unico riparo per coloro che da un anno e mezzo vagano da un posto sicuro all’altro per poi rendersi conto che di sicuro non c’è niente e le bombe colpiscono anche lì.
Gli operatori sanitari e la “protezione civile” palestinesi vengono metodicamente presi di mira e spappolati dai droni, dagli aerei e dai cecchini israeliani che colpiscono qualsiasi cosa si muova. Come ad esempio il convoglio di ambulanze della mezzaluna rossa palestinese fatto a pezzi con tutti i suoi operatori e seppelliti alla bene meglio assieme alle ambulanze in modo da coprire il crimine. La strage dei giornalisti continua imperterrita e il numero dei suoi morti supera i duecento ai quali si devono aggiungere quelli feriti o arrestati dagli israeliani.
Da ormai un mese e mezzo a Gaza non entra neppure uno spillo ed il rischio di epidemie a causa della mancanza sia di strutture ospedaliere che di medicinali e materiale medico in genere. La fame ormai è una dura realtà e soprattutto le fasce più deboli rischiano non più la denutrizione, ma la morte per fame! Coloro che avevano provato a tornare nella zona settentrionale della Striscia ed avevano cercato di recuperare quel poco che era rimasto dalla devastazione animale provocata dall’IDF (Israel Defense Force) hanno dovuto riprendere la strada dell’evacuazione. Basterebbe poco a quelle stesse persone per ricominciare a ricucire una vita certamente difficile, ma possibile grazie all’attaccamento alla propria terra, però anche quel minimo necessario viene loro negato. Evacuazione volontaria la definiscono, mentre stanno separando con la forza i legittimi proprietari dai loro averi, esattamente come nel 1948 quando 700.000 palestinesi furono cacciati da quello che oggi è Israele, molti dei quali sono i discendenti di quegli sfollati. Al contrario, ogni giorno gli israeliani ammazzano una media di 40 -50 palestinesi, sempre in maggioranza donne e bambini (sono terroristi pure loro?) solo a Gaza e il numero riguarda solo le morti dirette, senza contare quelle provocate dall’assenza di qualsiasi assistenza sanitaria o causate dalla denutrizione.
La stessa cosa anche se con dinamiche diverse sta accadendo in Cisgiordania, dove i coloni appoggiati dall’esercito stanno rendendo la vita impossibile ai suoi abitanti distruggendo le loro case, appropriandosi dei loro beni e rendendo la vita dei locali impossibile. C’è un “docufilm” giustamente pluripremiato dal titolo “No Other Land” girato da due ragazzi, uno palestinese ed uno israeliano, che descrive bene la vita degli abitanti di una serie di villaggi che stanno resistendo (non si sa fino a quando) alle violenze e ai soprusi dei coloni e dell’esercito israeliano, uno dei tanti episodi, ma emblematico, che i palestinesi devono subire. Non si vuole svuotare solo la Striscia, ma anche i “bantustan” palestinesi in Cisgiordania.
Tutto ciò mentre i nostri democratici rappresentanti non riescono a formulare una condanna se non quando proprio non se ne può fare a meno come in occasione della recente strage degli operatori della Mezzaluna Rossa macellati dall’IDF. Ma niente paura, Netanyahu sarà sempre il benvenuto quando vorrà venirci a rendere visita nonostante il mandato di cattura internazionale e il genocidio che sta compiendo nei confronti dei palestinesi. Una soluzione si troverà certamente e di sanzioni e boicottaggio, unici elementi in grado di provocare qualche problema ad Israele, nessuno ha intenzione di parlare. Si preferisce piuttosto proibire le manifestazioni contro la mattanza quotidiana di palestinesi, di arrestare chi all’interno delle università Usa ha il coraggio di manifestare la propria idea e la verità su ciò che accade. Probabilmente è questa la versione della democrazia verso cui siamo diretti. Ma anche in questo caso, tutti zitti.
Intanto Tel Aviv continua a spadroneggiare in tutto il suo circondario, bombardando il Libano, la Siria, aspettando il momento giusto per intervenire in Iran. Gli Usa pare, ma il loro presidente è mentalmente instabile, che non vogliano essere trascinati in una guerra che comunque provocherebbe molti problemi a buona parte del globo, soprattutto ora che grazie ai dazi e alla politica economica iperaggressiva di Washington di guai non c’è sicuramente bisogno. Non si pensa neppure che altri d’ora in avanti si sentiranno autorizzati ad usare gli stessi metodi per annettersi territori che considerano, giusto o sbagliato che sia, di loro proprietà o competenza. E ciò non è certo di buon auspicio.
Ma forse c’è solo da aspettare e comunque, chissenefrega, mica si tratta delle nostre vite!

Docbrino