Udine, emergenza freddo e diritti congelati, lettera aperta della Rete Dasi

Riceviamo dalla Rete Diritti Accoglienza Solidarietà Internazionale Friuli Venezia Giulia:

Le persone migranti continuano ad arrivare, Comune, Questura e Prefettura continuano a tacere. Negli ultimi mesi del 2023 varie realtà della società civile udinese sono scese in piazza. A ottobre un gruppo di cittadini e cittadine di Viale Venezia, dopo aver raccolto più di 700 firme, ha indirizzato una lettera al Questore di Udine, denunciando la condizione indegna a cui venivano sottoposte le persone in attesa di accedere allo “sportello stranieri” per la richiesta di documenti essenziali alla loro permanenza sul territorio. Pochi mesi dopo, a dicembre, un nutrito corteo, organizzato dalla comunità ghanese, ha attraversato il centro storico della città proprio per richiedere il rispetto dei propri diritti, lesi dai lunghi tempi della burocrazia a cui sono costrette le persone straniere.
Un anno dopo, di nuovo alle porte dell’inverno, come attivisti e attiviste della Rete Diritti Accoglienza Solidarietà Internazionale del FVG osserviamo con frustrazione che la situazione non è migliorata, nonostante le varie dichiarazioni di intenti di volta in volta avanzate dalle istituzioni.
Cominciamo dalla Questura. Le lunghe file di persone, che in Viale Venezia sono in attesa di accedere ai servizi a cui hanno diritto, non si sono accorciate. Un piano per attivare un sistema di prenotazioni appoggiandosi ai patronati dei sindacati confederali è ancora bloccato e ora andrà sottoposto alla verifica del nuovo Questore.
Nel corso dei numerosi incontri che in questi mesi le associazioni cittadine e le organizzazioni sindacali hanno avuto con le istituzioni, la Questura e l’Amministrazione Comunale hanno continuato a promettere l’apertura di un nuovo “sportello stranieri”, destinato a snellire le liste d’attesa e a fornire una più dignitosa condizione per l’accesso agli uffici della Questura. Dopo tanto tempo, non possiamo fare altro che prendere atto del fallimento delle istituzioni nel mantenere le proprie promesse.
Ancora più preoccupante è il fronte delle domande di protezione internazionale. Le persone richiedenti asilo appena arrivate in Italia lamentano l’enorme difficoltà nel regolarizzare la propria posizione sul territorio, poiché gli uffici della Questura spesso impediscono loro l’accesso, invitandole a tornare nei giorni successivi. Inoltre, coloro che dopo settimane riescono ad accedere alla Questura ci hanno mostrato fogli di invito con appuntamenti fissati a distanza di due/tre mesi. In attesa di tale incontro, non sono inseriti in strutture di accoglienza, come invece prevederebbe la normativa. Ci domandiamo come si possa sopravvivere per mesi senza vitto, alloggio e possibilità di lavoro. Come se non bastasse, la polizia è impegnata a “tutelare” spazi pubblici e privati, in nome di una politica del “decoro” e della “presentabilità” che colpisce le persone in strada e le associazioni che cercano di supportarle.
L’inefficienza della Questura prosegue anche dopo la formalizzazione della richiesta di protezione: i permessi di soggiorno non vengono rinnovati in tempo, impedendo alle persone di ottenere un rapporto di lavoro o un contratto di affitto. Sembra che la burocrazia, già di per sé complessa, si accanisca su ogni aspetto della loro vita.
Veniamo quindi alla questione delle persone senza dimora. Lo scorso anno, un dormitorio per l’emergenza freddo era stato aperto dal Comune a metà febbraio, in un edificio, quello della ex scuola Fritz, contenente grandi quantità di amianto, ed era stato chiuso pochi mesi dopo. L’estate scorsa abbiamo chiesto al Sindaco De Toni una soluzione più strutturale, che risponda in maniera efficiente ai bisogni di tutte le persone senza dimora, in ogni stagione dell’anno e in special modo nelle stagioni fredde, visto che l’unico dormitorio permanente in città è quello di Via Pracchiuso che offre solo 23 posti. Nonostante il Comune abbia stanziato dei fondi del PNRR per l’apertura di due nuovi dormitori, ad oggi non abbiamo notizie sullo stato di avanzamento di questi progetti – sebbene l’inverno sia alle porte.
La situazione sta diventando più pressante perché, con l’intento di svuotare entro dicembre 2025 la ex caserma Cavarzerani per far posto alla progettata “Cittadella della sicurezza”, il Prefetto di Udine da mesi ha incrementato le revoche delle misure di accoglienza per quanti riescono a raggiungere un reddito annuale di 6947,33 euro. Questa scelta solleva forti preoccupazioni anche perché le revoche dell’accoglienza vengono attuate senza che l’Amministrazione comunale abbia mai avviato una filiera sostenibile dell’abitare. Riteniamo che l’accesso a un alloggio sia oggi una
questione centrale nella nostra città e riguardi, insieme ai richiedenti asilo, anche i lavoratori stranieri e italiani che non riescono a stipulare contratti d’affitto, unitamente alle persone in condizioni di disagio e di marginalità economica e sociale.
Considerato quanto sopra descritto,
 rivolgendoci a Questura e Prefettura, chiediamo il rispetto delle tempistiche previste dalle normative, a tutela delle persone straniere che regolarmente si trovano costrette ad accedere ai loro uffici;
 rivolgendoci al Comune di Udine, chiediamo quali siano le misure che sono state attuate per fronteggiare il problema abitativo in città, vista l’annunciata disponibilità ad assumere come urgente tale questione.
Anni fa Tito Maniacco definì Udine “città del silenzio”: una città di piccola burocrazia, irrimediabilmente cidine, quieta e silenziosa. Una città di politica piccola e meschina, che dietro alla facciata di rispettabilità e tranquillità nasconde la violenza quotidiana nei confronti dei più deboli. Chissà se Maniacco aveva ragione. Certo è che questo silenzio e questa indifferenza, con la sofferenza che portano alle persone vulnerabili, sono il sintomo di una malattia morale che coinvolge tanto le istituzioni della città, quanto chi decide di non contrastarla.