Votate: l’astensione non è una soluzione. Non lasciate che avvelenino i pozzi della democrazia. La destra, se potrà, lo farà certamente
Non nascondiamolo, in questa tornata elettorale non ci sono solo gli avversari politici, ma un nemico ancora più insidioso: l’astensione. Contrariamente a quanto pensano molti, il fenomeno del non voto non colpisce tutti in egual modo ed è quindi negativa variabile di peso in una democrazia che vuole davvero rappresentare il tanto evocato quanto poi ignorato popolo. L’astenzionismo non è spalmato in egual modo, riguarda in massima parte i ceti popolari, quelli resi invisibili dalla miopia che si è generata in una sinistra che ha perso di vista i valori storici e fondanti della propria esistenza e delle proprie politiche sociali. Una delusione che alberga anche nei tanti, in passato attivisti e perfino dirigenti, che oggi sono letteralmente schifati dai tanti, troppi, errori compiuti dalla sinistra. A cominciare dall’essere diventati, soprattutto nel Pd, rampe di lancio per carrieristi di ogni credo e risma, personaggi che dopo aver fatto danni più o meno gravi, si sono ritagliati la propria personale poltrona dorata (d’oro saudita nel caso di Matteo Renzi). Basti citare appunto Renzi o Calenda (che è ormai è faticoso inquadrare a sinistra) o volendo allargare il campo al giornalismo, Tommaso Cerno, che prima si prestato alla politica per poi approdare, con magnifica piroetta, al giornalismo militante di destra che più destra non si può. Ma in realtà nel mondo del giornalismo potremmo citarne altri. Con questi precedenti, sui quali non abbiamo mai percepito a sinistra quella giusta dose di autocritica, il rischio che sul voto si diffonda una rassegnazione perniciosa è alto, ed è la più pericolosa delle iatture. L’indifferenza rischia di far gioco alle pulsioni più retrive che oggi si sono palesate in una destra che non solo si è rafforzata elettoralmente ma che non ha perso in minima parte le sue caratteristiche germinali che sono ben identificabili in quella fiammella ben presente nel simbolo di Fratelli D’Italia. Il tarlo del fascismo alberga seminascosto, in doppiopetto, ma si palesa bene nell’azione politica. Detto questo, è ovvio che l’imperativo categorico, non è vincere, ma almeno partecipare. Insomma votate chi volete, ma votate, possibilmente a sinistra, aggiungiamo noi, perchè questa volta in gioco non ci sono solo i pur importanti seggi al parlamento europeo, ma che segnali di rafforzamento della destra, portino ad uno scivolamento della democrazia italiana verso una democratura in punta di premierato, magari puntellata anacronisticamente da quell’autonomia differenziata contentino demenziale per autonomisti e fautori dei federalismi vari (anche a sinistra) che, nonostante la “gran prova” data dalle famose modifiche del titolo V, proseguono testardamente nel pensare che basta una mano di finto potere decisionale locale, per rendere più diretta e virtuosa la gestione della cosa pubblica. La realtà è invece quella di appagare la sete, magari solo quella di poltrone e di interessi economici “privatizzanti”, in favore di soggetti che restano come pupari nell’ombra. Eppure dovremmo aver capito che le Regioni così come sono state strutturate in realtà sono state l’anticamera dello smantellamento delle pubbliche utilità in favore di un liberismo rapace. Quello che ha meravigliato in questi mesi è la palesata sorpresa del centrosinistra nello scoprire, in campagna elettorale, che la destra italiana è proprio nera, ed è ben lontana da quelle forze democratiche “conservatrici” che in molti hanno auspicato come benefica alternanza al governo del paese. E’ evidente infatti, che raggiunto il potere la destra post-fascista voglia mantenerlo anche truccando le regole. Ad essere intellettualmente onesti però, bisogna dire, che quello dei “magheggi” delle norme elettorali, è un male comune della politica tutta, da quando, con la favoletta della “governabilità” a tutti i costi, si è tolto potere decisionale agli elettori violentando, con leggi presunte maggioritarie e premi di maggioranza il reale potere della scheda elettorale, bloccando perfino la possibilità di scelta delle persone da cui farsi rappresentare e addirittura limitando il numero dei parlamentari nazionali. Per non parlare poi di camera e Senato ridotti a ruolo “notarile” di avallo delle decisioni del Governo. L’abbandono del proporzionale puro (che non era perfetto ma certamente più democratico e meno truffaldino degli attuali sistemi elettorali, è stato il modo per rendere sempre più distanti i cittadini dalla politica rendendo sempre più mediaticamente manipolabili quelli che votano, attraverso anche il controllo dei media e abbandonando volutamente all’oblio gli scontenti il cui non voto è sempre funzionale a chi vince. Sappiamo che il richiamo al voto appare l’enensimo grido di dolore, ma recarsi alle urne è davvero l’unico modo per evitare che si avvelenino i pozzi della democrazia. Democrazia che sarà faticosa ma è sempre meglio dell’uomo (o donna) solo al comando. Siamo consapevoli che quello che un tempo era il popolo della sinistra, nella sue ormai costanti migrazioni, ha perso coesione, anima e speranza, passando magari attraverso l’abbacinante epopea del grillismo finito nell’enensimo partito personale che si colloca oggi a sinistra e domani chissà. Un popolo di votanti insomma che oggi appare ancora smarrito, provato da decenni di degrado progressivo della politica, una progressiva ritirata irta di battaglie perse e tradimenti che oggi, a rileggere tutto, lascia basiti sul come sia potuto accadere che intere classi dirigenti si siano fatte plasmare, ammaliare e violentare da pochi avventurieri della politica e dall’accelerazione data dall’abbandono nella realtà di valori che magari anche oggi si professano nella teoria e si scrivono nei programmi, ma che poi si lasciano inquinare dall’orrendo morbo di un capitalismo rapace, virulento e ahinoi contagioso. Chissà che la traversata nel deserto possa avere presto fine, senza illudersi, ovviamente di tornare a vedere il mitico “sol dell’avvenir”.
Fabio Folisi