Allarme Oxfam: lo Yemen sta esaurendo le scorte di cibo. Lo sblocco dell’esportazione di grano ucraino con relativi colpi bassi da parte russa, potrebbe essere già tardivo

photo archivio: WFP

In Yemen le scorte di cibo rischiano di esaurirsi nel giro di pochi mesi, a causa dell’aumento fuori controllo dei prezzi dei beni alimentari e del costo delle importazioni che coprono il 90% del fabbisogno del Paese. Allo stesso tempo il nuovo accordo per lo sblocco di export di grano dall’Ucraina, da cui lo Yemen dipende per il 42%, produrrà effetti solo tra diverse settimane, senza peraltro ridurre i prezzi per la popolazione. Una situazione umanitaria drammatica dato che già 19 milioni di persone sono praticamente senza cibo e altri 7,5 milioni potrebbero ritrovarsi sull’orlo della carestia assoluta. L’allarme è stato lanciato da Oxfam di fronte ad una crisi alimentare senza precedenti che aggrava quella già presente dall’inizio del conflitto nel 2015. Dallo scorso marzo i prezzi di alimenti di base come grano, farina, olio da cucina, uova e zucchero sono saliti in media del 30% e gravano su redditi già sotto i limiti dellapovertà assoluta. “Non si erano mai raggiunti questi aumenti, forse solo durante l’embargo imposto al Paese dalla coalizione saudita, ma mai per un periodo così prolungato. – ha detto Francesco Petrelli, policy advisor per la sicurezza alimentare di Oxfam Italia – Mentre silos e magazzini sono ormai quasi vuoti, le aziende importatrici non sono in grado di garantire l’acquisto dei beni alimentari di base da cui dipende la sopravvivenza di 30 milioni di yemeniti. E tragicamente qualsiasi calo dei prezzi globali di grano e cereali potrebbe non incidere sulla effettiva disponibilità di cibo a prezzi più bassi sui mercati locali. In un paese in cui gran parte della popolazione basa la propria sopravvivenza sulla disponibilità di pane, questo potrebbe avere effetti catastrofici. Per scongiurare questa ipotesi servono perciò due elementi chiave: la piena attuazione dello sblocco dell’export di grano e cereali dall’Ucraina nel più breve tempo possibile; e che la comunità internazionale aumenti immediatamente gli aiuti, da cui dipende l’80% della popolazione, attualmente fermi al 27% di quanto richiesto dalle Nazioni Unite”. Gli ultimi 4 mesi di tregua tra le parti in conflitto hanno dato un po’ di sollievo alla popolazione, ma l’impatto della crisi alimentare globale sommato alla più grave siccità degli ultimi anni – che sta letteralmente distruggendo i raccolti – ha prodotto una crescita fino al 45% del prezzo degli alimenti di base tra marzo e giugno. Nel dettaglio: il prezzo della farina è aumentato del 38%; dell’olio da cucina del 45%; dello zucchero del 36%; del riso del 30%; dei fagioli in scatola del 38%; del latte in polvere del 36%; delle uova del 35%. Nel complesso, il prezzo medio del paniere alimentare di base ha fatto segnare +48% dallo scorso dicembre e un aumento del 25% nel 2022. “Sulla crescita esponenziale del costo delle importazioni in Yemen, incidono anche le fluttuazioni dei tassi di cambio. La moneta nazionale, il rial, si è svalutato del 28% da gennaio. – ha aggiunto Petrelli – Allo stesso tempo anche i prezzi della benzina e del diesel sono aumentati del 43% nel primo trimestre dell’anno. Elemento che sommato alla siccità fuori stagione, causata dall’aumento delle temperature globali, ha messo in ginocchio agricoltura e allevamento. Una larga fascia della popolazione ha in questi due settori la sua unica fonte di reddito, ma in questo momento i raccolti sono andati distrutti o sono stati ritardati e il bestiame sta morendo”. In questo contesto per mancanza di risorse il World Food Program ha dovuto tagliare gli aiuti alimentari a 5 milioni di persone, che adesso devono sopravvivere con metà del cibo necessario a soddisfare il fabbisogno giornaliero minino di calorie, mentre altri 8 milioni andranno avanti con appena un quarto. La conseguenza è che centinaia di migliaia di famiglie si stanno indebitando anche solo per acquistare un po’ di cibo. La situazione più grave riguarda 4,3 milioni di sfollati interni che per il 56% non ha alcuna fonte di reddito, tra cui quasi 2 milioni di donne e bambini. Drammatica la testimonianza di Arwa, una madre che vive da sola con i due figli e si prende cura anche di sua madre e sua sorella. “Non abbiamo quasi nulla da mangiare, perché costa troppo – racconta – Io e mia madre spesso saltiamo i pasti per riuscire a sfamare i bambini. Prima ci potevamo permettere di mangiare ogni tanto pollo o pesce e di rado altri tipi di carne. Ora non abbiamo soldi per comprare nemmeno le verdure, riusciamo ad acquistarne circa la metà rispetto ad un anno fa”. “In questo momento è cruciale che la comunità internazionale intervenga, pagando direttamente le importazioni di grano e cereali e alleggerendo il peso del debito estero del Paese. – conclude Petrelli – Altro elemento imprescindibile è che la tregua, che scadrà il 2 agosto, venga prorogata. Chiediamo con forza alle parti in conflitto di andare in questa direzione, come parte di un processo negoziale che porti ad una pace duratura. La popolazione dello Yemen ha già sofferto in modo indicibile negli ultimi 7 anni e mezzo e adesso deve essere messa nelle condizioni di rialzarsi”.