Alle urne…
Poche ciance, non sprechiamo parole. Votare Si ai 5 referendum su lavoro e cittadinanza, al di là dell’effetto collegato ai quesiti che è certamente importante, diventa fondamentale per la difesa della democrazia nel nostro paese. Non solo sarebbe un preciso segnale politico di una inversione di tendenza rispetto all’attuale narrazione governativa, ma ristabilirebbe il principio della centralità del voto come strumento di cambiamento e non di delega in bianco all’uomo (o donna) forte al comando. La prova che è urgente dare questo segnale è proprio nell’atteggiamento assunto dalla destra, che, in sfregio alle istituzioni che si dimostrano allergici alla democrazia intendendola come conquista di potere. Da La Russa a Meloni, da Salvini a Tajani, passando per tutti i loro pasdaran e aimè per i tanti lacchè mediatici più realisti del Re, l’invito al non voto è uno sfregio ai cittadini, quel popolo sempre evocato, ma che è tale solo quanto vota dalla, per loro, “parte giusta”. Poco importa se in passato anche a sinistra l’atteggiamento fu simile con il famoso “ciaone”, che poi non porto per nulla bene al mascalzone latino, anzi toscano, lo stesso che oggi in Tv difende gli indifendibili errori che alla fine lo hanno portato dal 40% delle Europee del 2014 al 2 virgola delle ultime politiche con la sua Italia Viva che di vivo sembra aver ben poco. Altro che statista, al massimo un bravo imbonitore, abile con la parola meno con i fatti. Ovviamente non può sfuggire che con le attuali norme sul quorum la strada per il, Si è in salita, l’ostacolo “cinquanta più” uno rischia di essere una pietra tombale non solo sui 5 quesiti ma sulle possibilità future degli elettori di esprimersi in maniera diretta ed efficace perchè diciamolo, dopo i decreti sicurezza che limitano la possibilità di dissenso, il prossimo masso è il premierato. Aggiungiamo che anche a Renzi superato, negli ultimi anni, per non dire lustri, la sinistra sembra aver fatto ogni cosa per segare il ramo dove era seduta, con il risultato che oggi la situazione rischia di essere compromessa e forse, ad essere pessimisti, dinnanzi a noi ci potrebbe essere un nuovo ventennio di slittamento progressivo verso una gestione del potere sempre di più securitaria e portatrice di maggiori diseguaglianze. Tutto questo è in gioco assieme ai 5 quesiti referendari ed è bene che gli elettori capiscano che non si tratta solo di nuotare controcorrente contro un potere mediatico ormai schierato sulla narrativa del potere, ma di comprendere che in futuro non ci si potrà lamentare se la precarietà sarà la cifra con la quale misurarsi, sul lavoro, come in sanità, in economia e perfino nelle libertà personali. L’invito quindi non può che essere quello di votare contro l’arroganza dei bulli e delle bulle presenti e passate.