Anche il Club Alpino Italiano (Cai) in difesa del Fiume Tagliamento
In difesa del fiume Tagliamento scendono in campo anche CIPRA Italia, Club Alpino Italiano, Federazione Nazionale Pro Natura, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness, Protect Our Winters e WWF per chiedere in primis alle istituzioni di ascoltare l’appello di oltre ottocento studiosi ed esperti provenienti da trentacinque Paesi in difesa del fiume Tagliamento, su cui incombe un grande progetto infrastrutturale che ne minaccia l’integrità.
Le associazioni invitano anche i cittadini a sostenere e sottoscrivere la petizione “Lasciate che il Tagliamento scorra libero” lanciata da diverse associazioni territoriali le quali più volte hanno ribadito come “oggi, questo ecosistema straordinario è a rischio per possibili interventi strutturali che NON “metteranno in sicurezza dalle alluvioni”.
Il Tagliamento, nel suo medio corso, è il più naturale tra i grandi fiumi alpini. Il suo vasto alveo a canali intrecciati, in continuo movimento, genera un enorme volume di acque superficiali e sotterranee, creando una straordinaria varietà di ecosistemi e biodiversità. Questo esempio unico di funzionalità fluviale è oggetto di studio da parte di università ed enti di ricerca di tutto il mondo.
Per CIPRA Italia, Club Alpino Italiano, Federazione Nazionale Pro Natura, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness, Protect Our Winters e WWF il fiume Tagliamento non può essere compromesso da un progetto che, oltre a non risolvere il problema delle alluvioni, altererebbe irreparabilmente la sua dinamica fluviale. Il progetto in questione prevede: un ponte-traversa con paratoie mobili, da realizzare tra Spilimbergo e Dignano, volto a creare un bacino di espansione in linea, direttamente nell’alveo attivo. Una sorta di “MOSE” fluviale, con un costo stimato di 200 milioni di euro.
“Gli interventi in progetto fanno riferimento a una piena con tempo di ritorno di cento anni, e quindi non potrebbero garantire la stessa efficacia in caso di eventi di maggiore intensità. Una prospettiva limitata e inadeguata nell’era dei cambiamenti climatici. – sottolineano le associazioni CIPRA Italia, Club Alpino Italiano, Federazione Nazionale Pro Natura, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness, Protect Our Winters e WWF Italia – I recenti eventi in Emilia-Romagna, così come in altre località italiane ed europee, dovrebbero spingere le istituzioni verso modelli di pianificazione più avanzati, capaci di mitigare gli impatti degli eventi estremi legati al cambiamento climatico. Quanto accade oggi dovrebbe essere un monito sufficiente per abbandonare consolatorie certezze e affrontare con coraggio nuovi percorsi di adattamento.” Le misure strutturali basate esclusivamente su interventi tecnici o ingegneristici, senza una parallela riduzione della presenza di elementi antropici e della loro vulnerabilità, non possono garantire la messa in sicurezza del territorio contro le alluvioni. Un obiettivo, peraltro, irrealizzabile, poiché esisterà sempre un rischio residuo da considerare.
Inoltre, la realizzazione di una “grande opera” rischierebbe di generare un’illusoria sensazione di sicurezza, incentivando richieste di declassamento di aree a rischio per favorire nuove urbanizzazioni, come già avvenuto in passato, soprattutto nella parte bassa del fiume.
Il rischio alluvionale dovrebbe essere affrontato con un approccio differente, in linea con le indicazioni europee, come quelle della Nature Restoration Law, che promuovono la restituzione di spazio al fiume. Questa normativa evidenzia la necessità di ripristinare la continuità fluviale, anziché interromperla, come invece prevede il progetto in questione.
Interventi strutturali basati sull’arretramento degli argini, sulla riconnessione di spazi di pianura inondabili e sulla delocalizzazione di edifici situati in aree esondabili, rappresenterebbero soluzioni più efficaci. Queste misure consentirebbero di ridurre significativamente il rischio alluvionale, coniugando la protezione delle comunità con la salvaguardia del patrimonio naturale.