Andamento dell’industria in provincia di Udine nel quarto trimestre 2024 secondo dati di Confindustria

La manifattura in provincia di Udine nel quarto trimestre del 2024 continua a mostrare segni di debolezza. È quanto emerge dall’elaborazione dei dati dell’indagine condotta dall’Ufficio studi di Confindustria Udine su un campione rappresentativo delle aziende associate (due terzi del totale per numero di addetti).
In dettaglio, nel quarto trimestre 2024 la produzione industriale in provincia di Udine è diminuita del 3,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma è cresciuta dell’1% rispetto al terzo trimestre 2024, quello estivo (contrassegnato da chiusure per ferie).
Al calo tendenziale ha contribuito maggiormente la decisa flessione delle vendite in Italia, -7,3%, mentre quelle all’estero, +0,2%, hanno sostanzialmente tenuto.
Gli ordini nel quarto trimestre sono risultati in diminuzione del 5,2% rispetto allo scorso anno.
Le attese delle imprese sono orientate ad un sentiment di cautela: l’89% ritiene che la produzione nei prossimi mesi resterà stabile. Soltanto il 9% prevede una crescita, mentre il 2% si aspetta una contrazione.
Nonostante il rallentamento dell’attività produttiva, l’impatto della crisi del manifatturiero sui livelli occupazionali sembra essere meno marcato rispetto agli altri indicatori, segnando comunque una flessione congiunturale dello 0,6%.
Con riferimento ai singoli comparti, il dato complessivo del quarto trimestre è la sintesi di un andamento settoriale e temporale divergente.
In dettaglio: meccanica -0,1% la variazione congiunturale (rispetto al trimestre precedente), -2,1% quella tendenziale (rispetto stesso trimestre dell’anno precedente), siderurgia +2,5% la variazione congiunturale, -8,0% quella tendenziale, legno e mobile +0,7% la variazione congiunturale, +2,5% quella tendenziale, alimentare e bevande -0,1% la variazione congiunturale, +11,5% quella tendenziale, cartarie -3,1% la variazione congiunturale,-7,8% quella tendenziale, gomma e plastica 2,8% la variazione congiunturale, -0,2% quella tendenziale, chimica -5,0% la variazione congiunturale,+6,2% quella tendenziale, materiali da costruzione +2,0% la variazione congiunturale, 0% quella tendenziale.
Complessivamente, il 2024 si chiude con una diminuzione della produzione industriale dell’1,9% rispetto al 2023, terzo arretramento annuo consecutivo (-3,3% sia nel 2023, sia nel 2022).
Guardando all’intero 2024, soltanto l’alimentare, +1,5%, la chimica, +5,2%, la gomma e plastica, +1,5%, evidenziano un percorso di crescita rispetto al 2023. I restanti settori registrano invece tutti variazioni annue negative: siderurgia -3,3%, meccanica -1,9%, legno e arredo -0,4%, cartarie -1,3%, materiali da costruzione -1,9%, tessili -3,2%, pelli e cuoio -3,3%.
“I motivi di questo calo – commenta Luigino Pozzo, presidente di Confindustria Udine – sono diversi. La domanda interna e gli investimenti sono molto deboli, compressi questi ultimi da tassi ancora non rientrati dai picchi passati e da un piano Transizione 5.0 che non è mai decollato. La situazione internazionale è incerta, sia quella geopolitica che quella tecnologica (revisione del Green Deal). Il costo dell’elettricità in Italia, comparando le medie di febbraio, è superiore del 17% a quello della Germania, del 23% a quello della Francia, del 39% a quello della Spagna e, addirittura, del 151% rispetto a quello dei Paesi scandinavi. Pesano, inoltre, la recessione della Germania, la cui produzione industriale è calata nel 2024 del 4,5% su base annua, e le prospettive di dazi USA, rispettivamente primo e secondo partner commerciale per noi”.
“Si tratta comunque di una crisi ciclica – conclude Pozzo – intrecciata con la crisi strutturale di alcuni settori, quali l’automotive, ma non è una crisi di sistema: le imprese restano complessivamente solide, anche patrimonialmente (ben diversa la crisi finanziaria del 2008, con razionamento del credito, carenza di liquidità nelle banche e nelle imprese). La capacità di reazione delle imprese friulane si è dimostrata superiore a quella delle aziende tedesche, perché mediamente più piccole e flessibili, con un’ampia diversificazione di prodotti e mercati di sbocco. Lo sapevamo che bisogna stringere i denti, ma da questa crisi è possibile uscirne vincenti e a breve, investendo in innovazione e formazione di risorse umane qualificate. Per noi, infatti, c’è una sola via d’uscita: creare prodotti tecnologici ad alto valore aggiunto. Ma le imprese non possono farcela da sole. È fondamentale che l’Europa vari una politica industriale adeguata alla gravità della situazione e alla necessità di muoversi in modo rapido, in grado di sostenerci in questo repentino passaggio dall’era della globalizzazione a quella della post globalizzazione, con una guerra economica ormai in atto”.