Appello rivolto a tutte le persone che si alzano in piedi davanti alla Bandiera, all’Inno, alla Costituzione italiana.

Non spendo nemmeno una parola per dire da che parte sto. La testardaggine nel dire stupidaggini, dire minchiate, di travestirsi da vittima per accusare gli altri di prepotenza non ha limiti, anche nella nostra città. Fino ad arrivare nelle aule istituzionali ad odiare le regole democratiche, la partecipazione, dipingendole come persecutrici. Dividono gli altri in due categorie: o fanno parte dei loro clan o sono nemici da disprezzare, e dunque non sono sfiorati dal dubbio che esistono le ragioni degli altri. Il mondo è pieno di vecchi reazionari, di razzisti, di omofobi, di fascisti, di fanatici. La strada è far finta di niente, non concedere il sentirsi vittima e perseguitata. Per fortuna il Paese e l’Europa sono grandi, con forti anticorpi, sono aperte a tutti, quindi un piccolo spazio anche per costoro c’è. Con pazienza, spieghiamo loro che non si può tornare indietro. Ad esempio: che l’identità italiana è per sua natura una mescolanza di lingue e costumi diversi, una molteplicità di cose, una cooperazione di differenze. Tutti, proprio tutti ne sono i figli, è già scritto nei libri, si insegna nelle scuole, è la realtà del nostro Paese, è l’essenza della Costituzione. Conoscere e riconoscere la storia, i suoi giganti, salire sulle loro spalle permette una visione con radici solide, per gli interessi delle persone. Gli altri, anche con titoli di studio in tasca, rimangono dei nani politici. Mostra quanto poco significhi stare al vertice, avere la parola, riconoscimento, comando, se a mancare è la visione da offrire. Dimostra che i loro leader ne sono orfani. Penso che nessuno voglia la guerra, i confini, rimettere i fili spinati e torrette, i cancelli e i portoni, ricostruire le città murate, limitando la libertà a quelli di dentro come quelli di fuori, proprio a tutti. Non si può stare a guardare, vedere distruggere la cultura dell’inclusione, della solidarietà, valori su cui la città e cresciuta negli ultimi cento anni. Va fermata la trasformazione in una società che fa sentire esclusi, sempre a rischio di restare ai margini, con l’aumento della paura per gli anziani, per i poveri, per quelli senza cittadinanza, di precarietà per i giovani. Va in questo senso la modifica del regolamento dei Rioni, per vietare il voto, limitare le candidature, per ridurre di poter essere rappresentati, per una parte di cittadini. Oppure, indicare la responsabilità delle morti nel materiale amianto, scolpendolo sulla pietra. Cancellare la parola “vittime” di fatto è una deresponsabilizzazione delle aziende già condannate dai tribunali. Sono scelte di esclusioni, ferite che vanno sanate.
Dire frasi, fare scelte improprie, inopportune, fare minchiate non è reato, non serve querelare, andare dall’avvocato. Bisogna andare, sorridendo, alla guerra delle parole, alla guerra politica, ribattere colpo su colpo chiamare pregiudizio il pregiudizio, razzista il razzista, fascista il fascista, trasgressore il trasgressore, minchiate le minchiate. La prova a carico è la realtà rispetto ai loro fanatismi, impariamo a sbandierare la realtà e si vincerà la guerra. E quindi, si, i cittadini di Monfalcone hanno radici in decini di paesi del mondo, si, i cittadini hanno il colore della pelle diversi, si, sono stati chiamati per lavorare, si, sono italiani, si, insieme costruiranno il futuro di Monfalcone, si, faranno all’amore con le persone a cui vogliono bene. Altre domande?
Non si tratta di porgere l’altra guancia, si tratta di alzare la testa più in alto. Abbiamo ragione e allora trasformiamo la suscettibilità, l’emotività in combattività. Serve dirlo ogni giorno senza paura, con il sorriso.
Luigino Francovig