Autonomia differenziata. I ministri meloniani scoprono che Zaia non scherza quando chiede le loro competenze. Il Fvg ostaggio del lombardo veneto

Se di mezzo non ci fosse il futuro di noi tutti, sarebbe una divertente commedia farsesca, ed invece è visione tragicomica di un paese in mano a politici apprendisti, ministri per caso. La notizia del giorno è che i ministri di Fratelli d’Italia si sono resi conto che la legge sull’Autonomia differenziata non è proprio aria fritta come pensavano quando hanno deciso di scambiarla con l’improbabile premierato meloniano. Il quotidiano Repubblica ci racconta che i ministri sono saltati dalla sedia quando il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha appena pubblicato il testo delle sue richieste  in Gazzetta Ufficiale chiedendo  di avere competenze esclusive anche se, per ora, fuori dalla fissazione dei Livelli essenziali delle prestazioni che in FdI pensavano essere la barriera insormontabile per rendere inefficiente la norma. Ed invece ecco che, come era prevedibile,  Zaia che non attendeva altro, rivendica a se prestazioni precise che rientrano nelle nove materie fuori “lep”. Funzioni, quelle richieste subito da Zaia, che vanno dritte al cuore di competenze oggi tenute in mano da ministri meloniani. In particolare Nello Musumeci, Adolfo Urso e Francesco Lollobrigida, che in queste ore stanno compulsando, racconta sempre Repubblica, la premier Giorgia Meloni. Insomma il problema non è tanto che così si apre un varco pesante nell’unità nazionale, ma che si vedono scavalcati nelle loro prerogative ministeriali. Così i ministri della fratellanza chiedono di istituire un tavolo di «coordinamento sull’autonomia» a Palazzo Chigi con i governatori di centrodestra pronti a chiedere competenze: oltre a Zaia anche Attilio Fontana per la Lombardia e Roberto Cirio del Piemonte. Un tavolo per evitare quelle che Musumeci ha chiamato «fughe in avanti perché prima occorre fissare i livelli Lep» e trovare i finanziamenti per le regioni che non li rispettano. Si tratterebbe di un congelamento quasi definitivo dell’Autonomia differenziata e per questo Zaia e soci mordono il freno cercando di mettere il classico piede nella porta. Infatti se passasse la linea di “prima i Lep” l’investimento che lo Stato dovrebbe fare nel Mezzogiorno non sarebbe sostenibile e salterebbe il bilancio dello Stato. Detto questo quello che resta allucinante è la capacità spregiudicata con cui i giochi di potere, perchè tali sono, passano sulla testa dei cittadini e non solo di quelli del sud, dato che l’autonomia differenziata creerebbe disequilibri anche fra le regioni nordiste il cui peso economico non è esattamente eguale fra tutti. La linea di Fratelli d’Italia sul tema regionalismo non si è modificata ma ha cambiato rotta con una piroetta degna del peggiore Berlusconi. Lo evidenza in un suo arguto “punto” su “9 colonne” il giornalista Paolo Pagliaro che riprende quanto scriveva nel 2014 Giorgia Meloni: “Bisogna avere il coraggio di dire che il regionalismo ha fallito, che alla fine le regioni sono diventate solamente dei centri di spesa formidabili, che sono state utilizzate dalla partitocrazia per moltiplicare carrozzoni, consulenze, occasioni di malaffare lontano dai riflettori. E, perché diciamocela tutta, l’identità italiana non si fonda sulle regioni”. “Il regionalismo differenziato, ossia l’assegnazione di competenze diverse alle regioni, ha generato una proliferazione di enti territoriali intermedi a geometria variabile, appesantendo ulteriormente l’iperterritorializzazione della maglia amministrativa, con frequenti sovrapposizioni di competenze territoriali e con moltiplicazione delle disfunzioni della pubblica amministrazione, tali da rendere difficoltosa la garanzia di standard adeguati e finanche minimi dei servizi”. Quindi cosa fa oggi Meloni? Ma ovviamente vende le sue convinzioni sull’altare del “premierato” che nella sua testa la dovrebbe vedere gran mogol italiaco a vita. Ma sulla strada ecco l’inciampo dato che l’abile Zaia ha subito colto come occasione spedendo una missiva inequivocabile a Palazzo Chigi per avviare la procedura di cessione delle nove materie non Lep (tra i quali giudici di pace , commercio estero, protezione civile, tributi, ordini professionali, rapporti Ue).  Zaia per perorare la sua causa agita sotto il naso di Meloni e soci, voluminosi dossier curati con un pool di esperti costituzionalisti amici e il parere della consulta regionale Veneta. Così il Ministro Musumeci scopre che è sulla  “sua” Protezione civile che si concentra il primo obiettivo di Zaia, quello di avere competenze sulla gestione emergenziale, con la possibilità di emettere lui stesso ordinanze in materia senza passare dal via libera del ministro. Una competenze che potrebbe essere ceduta subito senza aggravio di costi, ma con la perdita di un ruolo politico di non poco contro per il ministro Musumeci, e quello che è più grave, di efficienza di un sistema nazionale che se passasse la linea regionalista dovrebbe vedere per ogni azione di larga scala  l’avvallo di tutti i “governatori”. Ma non basta Zaia nel mirino ha messo competenze anche del ministero del Made in Italy di Urso, dell’Agricoltura di Lollobrigida. Così la promozione all’estero di aziende e prodotti veneti, il vino su tutti, diventerà appannaggio locale con la possibilità di promozionare i propri prodotti in una logica non certo di made in Italy ma di concorrenza all’interno.

E in tutto questo quale potrà essere il ruolo del Friuli Venezia Giulia, l’impressione è che diventerà ostaggio del “lombardo veneto” a chiarire l’arcano ci pensa il Consigliere regionale di Open Sinistra FVG Furio Honsell che in una nota racconta: “La soddisfazione espressa più volte dal Presidente Fedriga, e anche dai suoi colleghi di partito, per la norma Calderoli per l’Autonomia Differenziata non viene mai motivata. Fedriga accusa chi è contrario di strumentalizzazione politica, ma tale accusa va rimandata al mittente. È la Lega nata con l’idea di Padania che ha voluto approvare questa legge come bandiera ideologica. Il principio di trattenere risorse presso la Regione che le ha contabilizzate, senza tenere conto della storia degli investimenti o dei flussi di manodopera, è né più né meno che l’azzeramento del principio di solidarietà. Parlare di LEP, poi, senza aver previsto né quali sono né come renderli esigibili, significa non preoccuparsi di come rispettare il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione.
È poi sbagliato pensare, come fa Fedriga, che moltiplicare le differenze e le disparità in un Paese non produca l’abbassamento del benessere, non solo dei più deboli, ma anche dei più forti, come dimostrano da anni gli studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La stessa specialità del F.V.G. non potrebbe che perdere efficacia a fronte di autonomie ben più ampie delle regioni del nord Italia che sono tra le Regioni più forti in Europa. Fedriga sembra aver accolto un progetto negativo per la nostra Regione solo per ubbidienza politica. Non accusi dunque di pregiudizio politico gli altri.”

Fabio Folisi