Battere virus diseguaglianza

« Lo scoppio della pandemia e la recessione economica che ne è conseguita hanno stravolto la vita di tutti, ma gli impatti più devastanti hanno interessato le fasce più fragili della popolazione ». Lo scrive Oxfam (Oxford committee for Famine Relief)  il movimento globale di persone che vogliono eliminare l’ingiustizia della povertà nato in Gran Bretagna nel 1942 e poi diffusosi a livello globale con sedi anche in Italia. Nel proprio rapporto sulle diseguaglianze pubblicato  ieri, l’associazione che lotta contro la povertà parte,  (documento di 35 pagine  “Il panorama delle disuguaglianze economiche e sociali in Italia all’epoca del COVID-19”) parte da una disamina delle condizioni pre-pandemia per poi analizzare la situazione corrente ed avanzare delle proposte per contrastare le cause delle diseguaglianze. Drammatica la conclusione: con la pandemia la povertà è aumentata di 2 punti. « Il 20% più ricco degli italiani vede detenere quasi il 70% della ricchezza nazionale, il successivo 20% essere titolare del 16,9% della ricchezza, lasciando al 60% più povero dei nostri concittadini appena il 13,3% della ricchezza nazionale », sostiene Oxfam, riferendo di dati Banca d’Italia di giugno 2019.

Fortunatamente, « circa un terzo delle famiglie ha beneficiato di almeno una forma di supporto tra marzo e agosto ( 60% tra i disoccupati e 40% tra i lavoratori autonomi ) ». Grazie a ciò, « la pandemia ha determinato [solo] un aumento dell’incidenza della povertà di due punti percentuali ». Tuttavia, al contrario, per i più ricchi, secondo i dati di Forbes, si è rilevato « un aumento nei primi 9 mesi della pandemia di 45,7 miliardi di euro del valore patrimoniale dei 36 miliardari italiani più facoltosi ». Lo studio di Oxfam rileva altresì che nell’ultimo anno « le disuguaglianze di istruzione si sono ampliate ». « L’accesso e la qualità della didattica a distanza – infatti – sono fortemente condizionati dalla disponibilità di strumentazione e connessione alla rete Internet, dal possesso di adeguate competenze digitali da parte delle famiglie e dei docenti, da spazi adeguati da cui seguire le lezioni ». In tale ambito, una categoria poco considerata è stata quella degli studenti dei corsi serali, dei corsi di formazione professionale, dei corsi di alfabetizzazione per cittadini stranieri. In questi casi, la formazione ha subito una forte limitazione.  Oxfom Italia, infine, riferisce di come « la pandemia abbia accentuato la fragilità emotiva e psicologica di chi ne ha subito gli impatti più devastanti » nonché delle difficoltà, per i soggetti fragili, di fruire dei servizi pubblici, dei Centri per l’impiego, dei percorsi di inclusione sociale. Basterebbero questi dati per far comprendere la follia della crisi di governo in atto frutto, bisogna dirlo forte, del distacco profondissimo fra il mondo della politica e quello reale.

Tornando al rapporto Oxfam,  nel quale a scanso di equivoci si precisa che la ha ricerca ha « evidenti limiti nel numero di persone intervistate e di territori coinvolti, e non ha la pretesa di esaustività »  l’associazione avanza delle ricette contro le diseguaglianze,  il rapporto si conclude infatti con alcune sintetiche proposte che limitino le diseguaglianze oggi, ma anche in caso di nuove emergenze.

Si va dalla richiesta della « esclusione di forme contrattuali atipiche » a quella dello « innalzamento dei salari minimi » di cui, spiegano da Oxfan  parliamo da tempo. (La proposta sarebbe quella  di innalzare il “salario minimo orario” a 9 euro lorde ed è stata  avanzata anche da Nunzia Catalfo la ministro del lavoro, proposta  ferma per la netta opposizione delle Destre, dei radicali, di Italia Viva); dallo spostamento dei carichi fiscali dal lavoro e dai consumi alla ricchezza ed ai redditi di capitale fino alla « innovazione pedagogica ( peer education, tutoring e mentoring ) ».  Oxfam conclude questa parte del rapporto enunciando altresì l’ipotesi della istituzione di una « dote universale per i giovani ». Purtroppo, come evidenzia la stessa Oxfam, « la ricchezza non costituisce solo una delle dimensioni del benessere economico individuale; determina anche la capacità di influenzare le decisioni pubbliche ». Il conseguente corto-circuito non fa ben sperare per lo sviluppo di una volontà politica volta alla soluzione al problema delle diseguaglianze.