Cgil: La fuga dalle urne sia un monito per tutti
Il fatto che un elettore su tre non siano andati a votare dovrebbe rappresentare il punto di partenza per ogni analisi su questo voto. Anche da parte di chi ha vinto le elezioni. Credo infatti che su questo ulteriore, pesante calo dell’affluenza, incida l’incapacità generale della politica di misurarsi sui programmi e sui problemi concreti delle persone: l’assenza di prospettive per i giovani, i redditi da lavoro e da pensione divorati dall’inflazione, la precarietà, la crisi della sanità pubblica. In una situazione di crescente angoscia per la situazione internazionale e per le sue ripercussioni sulle condizioni reali delle persone, il 36% degli elettori hanno scelto di non andare alle urne, evidentemente scettici sulla capacità della politica di dare risposte e soluzioni. Il 44% dei votanti, invece, ha scelto il centrodestra. Questo basta a garantire al nuovo Governo una solida maggioranza in termini di seggi, non a ridurre l’urgenza e la complessità dei problemi da affrontare: le bollette, l’inflazione, i venti di crisi che soffiano sulle imprese, il rapporto con l’Unione Europea e il suo ruolo di fronte ai rischi di un’escalation della guerra tra Russia e Ucraina. Proprio sul rapporto con l’Europa, e su altri grandi temi come il fisco, le politiche del lavoro, i diritti civili, la coalizione che ha vinto ha programmi e sensibilità molto distanti dalle nostre posizioni. Non è la prima volta che accade e siamo pronti a confrontarci sul merito: senza pregiudizi, ma senza alcun tipo di sconto. Non ne avremmo fatti neppure alla sinistra, che ha subito l’ennesima, dura sconfitta, segno di uno scollamento sempre più evidente tra le istanze del mondo del lavoro e quella parte politica che è o dovrebbe esserne la principale interprete. Se la scarsa affluenza al voto deve essere un monito per tutti, crediamo che debba esserlo in primis per chi ha perso.