Cisgiordania: Uccisa con un colpo alla testa la giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh. Scambio d’accuse fra israeliani e palestinesi
Di guerra non si muore solo in Ucraina, e anche se è normale che le attenzioni mediatiche siano prevalentemente indirizzate su quello scenario così vicino a noi, c’è chi continua a raccontare il dramma delle guerre in tutte le sue forme. Ma oggi, probabilmente solo per un lampo di luce, l’attenzione dei media mondiali tornerà sulla tormentata situazione in Cisgiordania dove un maledetto proiettile ha strappato la vita alla famosa e coraggiosa giornalista palestinese Shireen Abu Akleh. La collega volto notissimo di Al Jazeera, è stata uccisa dopo essere stata colpita da spari alla testa nel corso di scontri fra miliziani palestinesi ed esercito israeliano nel campo profughi di Jenin in Cisgiordania. Anche un altro giornalista di Al-Quds è stato ferito secondo quanto riporta l’Ap. Secondo l’agenzia palestinese Wafa, che cita il ministero della Sanità palestinese, la giornalista Abu Akleh, (51 anni) «è morta dopo essere stata colpita dall’esercito dell’occupazione». L’esercito israeliano (Idf) fa invece sapere che sta indagando sulla «possibilità» che la giornalista di Al Jazeera, Shireen Abu Aqleh, e un altro cronista «siano stati colpiti da palestinesi armati» . Akleh è poi morta per le ferite riportate. Lo ha fatto sapere il portavoce militare secondo cui nell’operazione a Jenin «c’è stato un massiccio fuoco di decine di palestinesi armati contro i soldati». Di certo quei colpi non erano casuali se non altro perchè Abu Akleh era munita di dispositivi di protezione e il colpo l’ha centrata alla testa, più un esecuzione che un colpo casuale. Comunque le circostanze della morte della Abu Akleh non sono chiare – sottolinea per la stessa al-Jazeera Nida Ibrahim da Ramallah – ma alcuni video dell’incidente mostrano che è stata colpita alla testa, l’atroce dubbio è che la giornalista sia stata uccisa a “sangue freddo” dalle forze israeliane. «Stava seguendo gli eventi a Jenin, in particolare un blitz israeliano – ha detto per al-Jazeera Nida Ibrahim, quando è stata colpita da un proiettile alla testa». Di certo Shireen da molto tempo era impegnata nella denuncia al mondo l’aggressione israeliana in Palestina tanto da essere chiamata “voce della Palestina”. Shireen Abu Akleh era certamente uno dei volti più noti e competenti dell’emittente televisiva. Immediate le reazioni, parole di condanna da Abu Mazen per quella che ha definito una vera e propria “esecuzione”. Il presidente palestinese ha detto di ritenere “il governo israeliano pienamente responsabile di questo atroce crimine”, sottolineando che fa parte “della politica quotidiana perseguita dall’occupazione contro il nostro popolo, la sua terra e i suoi luoghi santi”. La presidenza, in una nota citata dall’agenzia palestinese Wafa, l’Autorità nazionale palestinese (Anp), ha quindi accusato Israele di “prendere di mira i giornalisti per nascondere la verità e commettere crimini in silenzio”. Ovviamente da parte israeliana si rigettano le accuse. Ancora un volta la verità resta ostaggio della propaganda. L’esercito israeliano infatti ha contestato che le sue forze avessero sparato ai due giornalisti. Il comando militare ha spiegato che i soldati israeliani sono stati attaccati con pesanti colpi di arma da fuoco ed esplosivi mentre operavano a Jenin e che hanno risposto al fuoco. L’esercito ha affermato che sta “indagando sull’evento e esaminando la possibilità che i giornalisti siano stati colpiti da uomini armati palestinesi”. Il ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid ha affermato che il Israele ha offerto ai palestinesi “un’indagine, anche medico legale, congiunta sulla triste morte della giornalista Shireen Abu Aqla [Akleh]”, mentre il primo ministro di Israele su Twitter ha detto che i giornalisti devono essere protetti nelle zone di conflitto e tutti noi abbiamo la responsabilità di arrivare alla verità”. Verità che sarebbe chiara secondo l’altro giornalista coinvolto, Ali Samodi, colpito alla schiena le cui condizioni non sarebbero gravi. Samoudi che lavora per il network “Al Quds- citato dalla Wafa – ha detto che insieme alla collega di Al Jazeera si trovava con un gruppo di altri cronisti nelle “vicinanze delle scuole dell’Unrwa vicino al campo di Jenin”, e che “tutti indossavano elmetti e divise da giornalisti”. Poi ha aggiunto che il gruppo “è stato preso direttamente di mira dalle forze di occupazione”.