Comitato Difesa Sanità Triestina: I forzati del 21° secolo nella civilissima Trieste

Riceviamo dal Comitato Difesa Sanità Triestina: ” C’è un dato di fatto inoppugnabile: nella civilissima Trieste l’Azienda sanitaria impiega da anni persone in condizioni di lavoro inaccettabili e ora consente che lo stipendio già misero venga ulteriormente decurtato, ridotto a livelli insufficienti per la stessa sopravvivenza delle loro famiglie. Oggi l’ULTIMATUM: o i barellieri accettano condizioni di lavoro miserevoli o licenziati. E la politica sta a guardare, indifferente. Solo la senatrice Laura Stabile ha denunciato da subito con chiare e inequivocabili parole lo sfruttamento di questi lavoratori e ha chiesto di porre fine a questa vergogna sottolineando che un azienda pubblica non può eticamente permettere condizioni di lavoro precarie e sottopagate. Il consigliere Ussai ha preannunciato una simile interrogazione in Consiglio regionale. E tutti gli altri dove sono? Perché non si sente la loro voce? Che ci ricordiamo assidua e incessante in campagna elettorale quando promettevano di riqualificare gli ospedali messi in difficoltà dalla riforma Serracchiani. Dov’è l’onorevole Sandra Savino? Eppure non fa mai mancare la sua voce in TV. E questa volta tace? Dov’è l’on. Tondo eletto per la Camera nel collegio di Trieste? Missing? Dove sono Fedriga, Roberti, la Lega? Eppure sono loro a governare la regione. Forse a loro non interessa la sanità? I diritti dei lavoratori? E il Sindaco di Trieste? Anche a lui tutto questo non interessa? E i consiglieri comunali? Per carità di patria sorvoliamo sulla mozione presentata ieri. E perché non è stata ancora data continuità alla rappresentanza di Forza Italia in Consiglio regionale dopo la condanna di Piero Camber? Il 10% di elettori triestini che hanno votato Forza Italia sono rimasti privi di rappresentanza. Forse chi dovrebbe subentrare fa paura perché è competente ma soprattutto perché gli impegni assunti li rispetta. Ma ora importa solo salvare dal lastrico i 30 barellieri e le loro famiglie senza costringerli a diventare i forzati del 21° secolo nella civilissima Trieste”.