Confindustria Alto Adriatico: Agroalimentare, Export 2022 a +53% sul 2019. Preoccupano i tassi di interesse e l’asfissiante burocrazia
Anche l’agroalimentare, comparto dal peso specifico importante per fatturato, ha dovuto fare i conti con le conseguenze del periodo pandemico. Un’esperienza da cui è però uscito rafforzato visto che l’impulso significativo alla crescita delle esportazioni territoriali è avvenuto proprio nel post-Covid con valori di esportazione, nel 2022, che sono stati del 53% superiori a quelli del 2019. Cesare Bertoia, Presidente della Filiera Agroalimentare di Confindustria Alto Adriatico lo aveva preconizzato quando, a fine 2020, parlò di un 2021 non solo più tranquillo ma ragionevolmente in crescita.
Ed è andata così: nel 2022 la quota export delle tre aree di competenza (Triestino, Isontino e Pordenonese), ha raggiunto gli 880 milioni di euro, pari al 63% dell’export regionale di settore secondo i dati di Export Planning per CAA. I contributi più significativi alla crescita sono giunti dalle ex province di Trieste e Pordenone a fronte della specializzazione produttiva dei diversi territori. In entrambi i casi è evidenziato un incremento assoluto delle esportazioni di agroalimentare superiore ai 200 milioni di euro. In un orizzonte di lungo periodo, come attesta sempre l’indagine di Export Planning, le vendite estere territoriali hanno raddoppiato i valori dal 2008.
Quanto al presente, Bertoia sostiene che «l’ottimismo c’è sempre nonostante la tensione venutasi a creare sui mercati a causa del conflitto in Ucraina, unita all’aumento dei prezzi delle materie prime e, soprattutto, a quello dei tassi, abbiano messo in difficoltà sia le aziende sia i consumatori. Anche perché – prosegue – all’aumento del costo del denaro non è corrisposto un parallelo calo dell’inflazione. L’agroindustria è corsa ai ripari con sforzi importanti accollandosi il differenziale tra oneri delle materie prime e finanziari. Altrimenti – sottolinea Bertoia – i rincari sarebbero stati da capogiro. Mi auguro una controtendenza anche se non percepisco segnali in questa direzione».
Su alluvioni e siccità, due facce della stessa medaglia, Bertoia sostiene che «il comparto ha preso atto che il cambiamento climatico è una variabile di cui tenere obbligatoriamente conto appesantito da una imprevedibilità confermata dalle cronaca: gli ultimi eventi hanno dimostrato che neppure i modelli previsionali più sofisticati sono in grado di anticipare con ragionevole preavviso ciò che potrebbe accadere, credo quindi che in assenza di certezze l’uomo debba riprendere con vigore le attività manutentive del territorio. Per poterlo fare, in senso assoluto e rapidamente, vanno sburocratizzati i processi di gestione ambientale, tutto dev’essere semplificato». Per il Presidente di Filiera ciò costituirebbe anche un’opportunità occupazionale. Quanto alle politiche di ristoro dai danni, «nell’immediatezza di un evento calamitoso hanno senso ed efficacia ma troverei molto più saggia la creazione di fondi nazionali ad hoc che prevedano sostegni economici in conto capitale privi di interessi tali da consentire alle aziende di spalmare le perdite su più anni».