Costruzione impianto per la produzione di energia elettrica in Aquileia. Osservazioni inerenti la valutazione di impatto ambientale
In merito al progetto in argomento, lo scrivente, Aldevis Tibaldi in nome proprio e nella sua qualità di presidente del Comitato per la vita del Friuli rurale, quale istituzione volta alla salvaguardia del dettato costituzionale e dei valori fisici e metafisici del mondo rurale, significa quanto segue:
Sommario delle opere
Trattasi di un impianto che occupa un’area agricola di elevata feracità pari a 128.500 mq e che consta di un complesso di pannelli fotovoltaici ad inseguimento solare realizzati in silicio monocristallino di potenza 565 W e nel numero di 17.524 per una potenza complessiva di picco pari 9989 KWp, ovvero di pochissimo inferiore al limite oltre il quale l’approvazione dell’impianto sarebbe stata di competenza dello Stato centrale. Detti pannelli sono collegati in gruppi di 26 per un totale di 674 e, mentre i relativi sostegni ad inseguimento solare monoassiale raggiungono un altezza fuori terra pari a 2,44 metri, le rispettive fondazioni si spingono ad una profondità presunta compresa fra i 3,0 e i 5,0 metri. Quanto alle opere di connessione, è prevista la realizzazione di cinque cabine, di cui quattro destinate alla trasformazione per passare in media tensione e la restante volta alla consegna alla rete di Media Tensione, ovvero alla cabina primaria esistente da doversi raggiungere attraverso un cavidotto di circa sei chilometri; cavidotto da ubicare ad una profondità non inferiore a 1,20 m e tale da attraversare le piattaforme stradali e svariati corsi d’acqua col presupposto di sottopassarli mediante la tecnica della trivellazione controllata. L’area sarà altresì munita di una viabilità interna ed una esterna, nonché di una recinzione metallica perimetrale sollevata di 15 centimetri sul piano campagna per permettere il transito della fauna di piccolo taglio.
Il proponente ha altresì previsto alcune opere a verde costituite da siepi e filari nell’intento di mitigare la presenza degli impianti. Osservazioni sul piano procedurale e di metodo In via preliminare si è dell’avviso che le procedure in essere, messe in atto dagli uffici regionali, siano viziate in maniera sostanziale da una serie di questioni di metodo, tali da far dubitare la regolarità e la opportunità delle medesime.
Innanzitutto, si lamenta che nei termini previsti per la partecipazione del pubblico vi sia stato un sostanziale, mancato o inadeguato coinvolgimento dei cittadini e dei portatori di interesse coinvolti, tanto più per il fatto che l’area aquileiese riveste una straordinaria rilevanza sul piano culturale ed economico che travalica i confini comunali, oltretutto sostanziata dalla certificata tutela da parte dell’Unesco. Nè in proposito deve tacersi la importanza di Aquileia per essere stata una
delle più estese, ricche e rinomate città dell’Impero Romano, né il fatto che i resti archeologici emersi costituiscono solo una minima parte di quanto rimasto nel sottosuolo. Ben consapevoli che l’Unesco può ritirare il suo patrocinio in qualsivoglia momento a fronte delle mutate qualità ambientali e garanzie gestionali che a suo tempo hanno concorso a conferire il proprio placet, si deve prendere atto che l’Ente non risulta nemmeno tra i destinatari della comunicazione di
avvenuta pubblicazione dell’avviso di cui all’articolo 23, comma 1, lettera e) del D.lgs. 152/2006, redatta dal Servizio Transizione Energetica regionale in data 21 febbraio 2024. Di conseguenza si evidenzia che tale mancato coinvolgimento e la eventuale approvazione dell’impianto in oggetto potrebbe comportare l’esclusione di Aquileia dalla lista dei siti tutelati dall’Unesco, con evidente, plateale danno all’immagine di Aquileia, della Regione e dell’Italia stessa, Danno che oltretutto non tarda a sostanziarsi sul piano economico. . Non meno rilevante ed emblematica è stata altresì l’esclusione dalla lista delle svariate entità invitate ad esprimere il proprio parere e le proprie prescrizioni della Fondazione Aquileia, cui competono sostanziali compiti legati alla tutela e alla valorizzazione di Aquileia. Ancor più deplorevole è la invalsa abitudine dei tecnocrati regionali di rendere de facto problematica se non impraticabile la effettiva partecipazione del
pubblico, così come prevista dalle norme comunitarie e ispirata dalla Costituzione repubblicana: ovvero attraverso una comunicazione adeguata alla complessità degli argomenti trattati e compatibile con il livello culturale dei cittadini. Quindi con pubblici bandi e incontri aperti al dialogo, non certo con perentorie e complesse dichiarazioni emesse via internet e tali da dover implicare la mediazione di esperti del settore. Il mancato coinvolgimento del pubblico è sotto gli occhi di tutti e concorre a scoraggiare la partecipazione, con essa i principi ispiratori della democrazia, ovvero a creare un aura di opacità che finisce per favorire, da una parte, la rassegnazione e l’estraneità del pubblico e, dall’altra, per incoraggiare il malaffare. Il mancato coinvolgimento del pubblico è stato oltretutto evidenziato nell’avviso di conclusione fase di consultazione del pubblico del medesimo Servizio datato 26 marzo 2024 con cui si rende noto agli scriventi “che durante la fase di consultazione pubblica di cui all’oggetto non sono pervenute allo scrivente Servizio osservazioni di pubblico interessato concernenti il progetto”. A tal proposito si evidenzia che la comunicazione di avvenuta pubblicazione
dell’avviso di cui all’articolo 23, comma 1, lettera e) del D.lgs. 152/2006 nel sito internet della Regione, sezione dedicata alla procedura di cui all’oggetto, risulta esser stato pubblicato solamente il 26 marzo 2024 (e successivamente
modificato il 2 aprile 2024. Pertanto il pubblico, come lo scrivente, non aveva modo di sapere che era iniziata la fase dedicata alle Osservazioni, né ha la possibilità di addentrarsi in argomenti di rilevante complessità se non attraverso specifiche comunicazioni orali o per bandi pubblici, che nel caso di specie vengono sistematicamente ignorati. A maggior ragione appare opportuno ricordare che ad oggi non è stata ancora pubblicata sul sito della Regione la delibera del Consiglio comunale di Aquileia divenuta esecutiva il 12 marzo 2024, con cui all’unanimità 15 consiglieri comunali hanno manifestato la contrarietà alla realizzazione sul proprio territorio comunale di nuovi parchi fotovoltaici, da realizzarsi al di fuori di quelle aree individuate dallo strumento urbanistico vigente e che della stessa non sono stati edotti gli altri enti coinvolti. Analogamente si segnala che il parere ineludibile della Direzione generale archeologia belle arti e paesaggio soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, datato 29 marzo 2024 non risulta tra i documenti che il Servizio Transizione Energetica ha trasmesso in data 26 marzo 2024 agli enti coinvolti nella procedura autorizzativa. Un tanto. diversamente dalla nota prot. n. GRFVG-GEN-2024-0206989-A del 29/03/2024, trasmessa dalla società Friuli Venezia Giulia Strade S.p.A. e puntualmente condivisa con tutti gli altri enti coinvolti.
Altresì, si ravvisa che la richiesta di osservazioni e pareri è stata trasmessa dal Servizio valutazioni ambientali con nota prot. n. GRFVG-GEN-2024-0128571-A del 27/02/2024 e pertanto da tale data dovevano esser calcolati i trenta giorni,
ma il Servizio Transizione Energetica già il 26 marzo 2024, incredibilmente dichiarava la inammissibile conclusione della fase di consultazione del pubblico, stesso giorno in cui la Regione pubblicava l’avvenuta pubblicazione
dell’avviso di cui all’articolo 23, comma 1, lettera e) del D.lgs. 152/2006 e la conseguente apertura dei termini per la presentazione delle osservazioni da parte del pubblico. Sempre sotto il profilo del metodo non può essere nemmeno taciuto il fatto che l’incontenibile e indiscriminato assalto ai campi affidati all’agricoltura è dovuto alla mancata, preventiva selezione delle aree da assegnarsi al fotovoltaico. La mancata caratterizzazione da parte della Regione sta rendendo possibile una
smodata occupazione a macchia di leopardo senza una programmazione e una logica urbanistica, se non quella legata al più evidente affarismo che vede l’accaparramento di terre in funzione della vulnerabilità economica dei suoi
proprietari, ma sempre tale da non superare il limite dimensionale oltre il quale la gestione del consenso sarebbe passata dalle mani dei funzionari regionali a quelle del VIA nazionale. Come diffusamente dichiarato dallo scrivente in seno all’audizione tenutasi nel recente in seno alla IV Commissione permanente, l’improvviso, considerevole apporto finanziario che sta’ permettendo l’accaparramento di nuove terre in nome dell’energia “verde” avrebbe dovuto suscitare le necessarie precauzioni in merito alla sua possibile provenienza; invece: nulla di tutto ciò. Nel contempo, le acquisizioni affidate a faccendieri, che il più delle volte siavvantaggiano dalle difficoltà economiche dei possibili venditori, finiscono per
tradursi in un insanabile dissidio fra chi ha ceduto e chi non non ha voluto, o potuto disfarsi delle sue proprietà. Tutto ciò con l’effetto di generare un inevitabile spaesamento ed un insanabile degrado dei tradizionali comportamenti solidaristici del mondo rurale: degrado che finisce per tradursi in conseguenze solo immaginabili e per scontare gli effetti dell’inevitabile alterazione dei costi della terra, che i campi fotovoltaici fomentano. Tutto ciò nonostante la conclamata necessità di aumentare l’autonomia alimentare, quindi quella disponibilità di terre fertili da adibire allo scopo, peraltro in ossequio ai programmi e disposizioni sancitie dal governo centrale.
Osservazioni sul merito
Il progetto non offre garanzie di sorta, ne tanto meno fideiussorie, in merito al fine vita dell’impianto, cioè a garanzia del fatto che, decaduta la efficienza dei pannelli, la loro demolizione e invio a discarica sia garantita e non sia messa a carico dell’Erario. L’impianto appare inevitabilmente soggetto agli effetti delle sempre più frequenti e distruttive grandinate: come tale ne deriverebbe la frantumazione dei pannelli in silicio e la conseguente necessità di ripristinarli previa immediata, per quanto complessa, rimozione e trasporto a discarica dei frammenti. Evento non considerato né escluso l’addebito della bonifica e del ripristino al pubblico . Stante la falda superficiale non sono precisate le conseguenze nei confronti della
medesima derivanti dalla realizzazione dell’impianto e dalla conseguente attività manutentoria, ovvero la tutela del corpo idrico, Non appare risolta con la necessaria congruità la modalità di deflusso dei volumi invasati e la indicazione dei corpi idrici ricettori, come tali verificati e approvatii dall’ente preposto; ovverosia dal Consorzio di Bonifica Pianure Friulana. Fatta eccezione per l’opzione O, non viene considerata alcuna fra le possibili soluzioni ubicazionali effettivamente alternative, né tipologiche, bensì la sola varietà delle opere di mitigazione. Quanto al tracciato del cavidotto l’unica alternativa considerata comporta un allungamento del percorso tale da risultare del tutto improponibile e quindi strumentale. Resta altresì evidente che le opere di mitigazione proposte sono motivate dalla presunzione di creare a tutti gli effetti un contesto di corredo ad un nuovo paesaggio, dominato pur sempre dalle strutture artificiali del fotovoltaico.
Sotto il profilo paesaggistico manca la relativa relazione e l’impianto si presenta alla stregua di un evidente corpo estraneo che oltretutto verrebbe ad essere sottolineato ed enfatizzato proprio dalle quinte arboree perimetrali cui è stato affidato il compito di sottrarlo alla vista. Oltretutto la richiesta di garantire l’impiego di essenze arboree autoctone ed una maggiore altezza delle medesime non avrebbe l’effetto sperato se non a distanza di decenni e, visto che si tratta di essenze caducifoglie, nel solo periodo estivo. Verificate le emergenze archeologiche circostanti e la loro rilevanza, l’area prescelta per l’impianto deve considerarsi ad alto rischio archeologico: come tale non può che rimanere affidata alla esclusiva attività agraria. Non di meno il tracciato del cavidotto rasenta e/o impatta sull’evidente patrimonio archeologico presente nel sottosuolo. Le opere di che trattasi sono inconciliabili con lo stato dei luoghi e tali da rientrare nella fascia di rispetto sancita dal Decreto Legislativo 199/2021 (art. 20). L’attraversamento dei canali per la messa in opera del cavidotto, sebbene affidata alla “trivellazione orizzontale controllata”, non offre le necessarie garanzie circa la fuoriuscita dei fanghi bentonitici di perforazione e quindi le conseguenze derivanti dalla possibile contaminazione delle acque di falda e di superficie.
Nulla si considera circa l’inevitabile deprezzamento che verrebbe a coinvolgere gli immobili circostanti, ovvero dei ristori dovuti. Riservandosi di far pervenire le presenti osservazioni agli uffici dell’UNESCO, all’Amministrazione Comunale di Aquileia e al Ministero della Cultura, lo scrivente sollecita gli organi regionali preposti al PAUR a prendere atto delle presenti osservazioni e quindi a chiudere una liturgia che sta perdurando da troppo tempo a questa parte, non senza giustificate inquietudini da parte della cittadinanza.
Aldevis Tibaldi