Dalla relazione del ministro Lamorgese al Parlamento sulle mafie. In Friuli Venezia Giulia “cosa nostra & c” sono ormai anche “nostre”

Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha presentato al Parlamento la relazione sull’attività svolta e sui risultati raggiunti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel secondo semestre del 2019.  Quasi 900 pagine in cui vengono approfondite le caratteristiche, le articolazioni e le evoluzioni della criminalità organizzata in tutte le sue espressioni sul territorio nazionale, compresi i gruppi criminali stranieri e i sodalizi che realizzano nel nostro Paese. Una sezione è dedicata alla criminalità organizzata italiana all’estero e alle relazioni internazionali. Più in dettaglio, viene descritta la modalità espansiva della mafia calabrese, che arriva ad operare in perfino in Valle d’Aosta; il rafforzamento dei rapporti tra famiglie storiche di Palermo e Cosa nostra americana; le dinamiche delle organizzazioni criminali campane, ancora molto fluide e complesse; i collegamenti con le compagini albanesi da parte della mafia pugliese e lucana. Priorità dell’Unione Europea e della comunità internazionale, si sottolinea nella relazione, è la lotta al riciclaggio dei capitali illeciti. Il contrasto alla criminalità organizzata, infatti, non può prescindere dal potenziamento, a livello nazionale e sovranazionale, degli strumenti di prevenzione e contrasto, due piani che vanno considerati in maniera unitaria, perché le mafie non conoscono confini. Tale attività è stata potenziata dalla “V Direttiva antiriciclaggio” (n. 843/2018 UE), recepita nel semestre in esame con il Decreto legislativo 4 ottobre 2019, n. 125, che ha consentito alla DIA di interloquire direttamente con gli organismi esteri e di estendere gli approfondimenti investigativi anche alle informazioni eventualmente acquisite nell’ambito dei rapporti di cooperazione internazionale. Un focus di approfondimento sul rapporto tra mafia e giochi mostra come nel “paniere” degli investimenti criminali, il gioco rappresenti uno strumento formidabile, prestandosi agevolmente al riciclaggio e garantendo alta redditività. Dopo i traffici di stupefacenti, è il settore che assicura il più elevato ritorno economico. Si tratta di una infiltrazione “carsica” delle organizzazioni criminali, agevolata dallo sviluppo di meccanismi sofisticati di piattaforme illegali di scommesse on line, raggiungibili attraverso siti web dislocati in Paesi esteri. Nel documento, infine, è stato inserito uno “SPECIALE COVID”, che riguarda un evento fuori dal semestre in esame, ma dirompente sul piano sociale ed economico, che intende offrire spunti di riflessione e possibili linee di indirizzo operativo. La delicatezza della fase di ripresa post lockdown può rappresentare un’ulteriore opportunità di espansione dell’economia criminale perché le mafie, si legge nel rapporto, nella loro versione affaristico-imprenditoriale, immettono rilevanti risorse finanziarie, frutto di molteplici attività illecite, nei circuiti legali, infiltrandoli in maniera sensibile.
L’emergenza sanitaria ha impattato su un sistema economico nazionale già in difficoltà, riducendo la disponibilità di liquidità finanziaria e creando nuove sacche di povertà e di disagio sociale. In questa situazione, le organizzazioni criminali tendono a consolidare sul territorio, specie nelle aree del Sud, il proprio consenso sociale ponendosi come welfare alternativo, ma anche esacerbando gli animi. La paralisi economica, inoltre, può aprire alle mafie prospettive di espansione e arricchimento paragonabili ai ritmi di crescita che può offrire solo un contesto post-bellico. L’economia internazionale avrà bisogno di liquidità ed in questo le cosche andranno a confrontarsi con i mercati, bisognosi di consistenti iniezioni finanziarie.  Il rischio concreto è che all’infezione sanitaria del virus possa affiancarsi l’infezione finanziaria mafiosa se le istituzioni non dovessero mantenere alta l’attenzione.

Cosa nostra è anche “nostra”
Anche il Friuli Venezia Giulia trova ampio spazio nella relazione prendendo in particolare peso il fatto che le rotte del crimine seguono anche i cambiamenti geopolitici che hanno collocato la il Fvg nel bel mezzo della rotta Balcanica crocevia, ben prima che si palasse dell’immigrazione, di traffici internazionali di armi e droga. Anche questo su legge nella relazione semestrale sull’attività della direzione investigativa antimafia, inoltrata al parlamento. Traffici illeciti soprattutto di droga, riciclaggio internazionale, estorsioni, truffe, frodi fiscali e infiltrazioni criminali nel tessuto economico le principali urgenze che si sommano alla migrazione clandestina. Nel rapporto c’è anche una suddivisione di “influenza” territoriale che vede le varie mafie suddividersi geograficamente o per “tipologia di traffici” il territorio. Così a Trieste la relazione evidenzia casi di riciclaggio ad opera di sodalizi campani con un aumento di operazioni finanziarie sospette tracciate passate dalle 464 a oltre 700. Per quanto attiene al porto di Trieste, più importanti ed appetibili, scrive con preoccupazione la relazione, potrebbero essere le opportunità di riciclaggio e reinvestimento che si verranno a concretizzare con lo status di “porto franco”. Passando ai cantieri navali di Monfalcone il rapporto evidenzia interessi collegati alla mafia siciliana con casi di caporalato e sfruttamento del lavoro e ovviamente anche l’isontino è attraversato dai commerci del narcotraffico e dal traffico e smaltimento dei rifiuti che sta assumendo valenza transnazionale. La sacra Corona Unita, sempre secondo la relazione, ha scelto invece il Pordenonese per alcune su attività legate agli stupefacenti mentre clan albanesi e thailandesi si dedicano allo sfruttamento della prostituzione. In provincia di Udine, tanto per non farsi mancare nulla è segnalata, come in passato, l’attività della criminalità organizzata con da tempo registrata la presenza di soggetti collegati alla camorra. Soggetti attivi nel settore del commercio al dettaglio di abbigliamento, talvolta utilizzato quale schermo per attività illecite, così come lo spaccio di sostanze stupefacenti ed il traffico di armi. Insomma niente più oasi felice, sempre che lo sia mai stata, anzi leggendo la relazione l’impressione è che proprio in zone a presunta “bassa intensità” criminale le cosche operino contando proprio nella tranquillità territoriale.

Per approfondire leggi la relazione (solo parte Fvg)

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