De Toni come Strassoldo, Peressutti in Salmè come Tavoschi? Il paragone è suggestivo ma speriamo non realtà

La vicenda relativa alla  nomina di Daniela Perissutti in Salmè  a vicepresidente della società partecipata pubblica  Arriva Udine, ricorda il caso che 15 anni fa tenne banco nella cronaca friulana per mesi. Parliamo dell’affaire Tavoschi-Strassolto. Ricordiamo, a beneficio dei più giovani, quella vicenda di voti in cambio di “utilità” personali, anche se è chiaro che ogni vicenda non è completamente sovrapponibile. Curiosamente però  vi sono delle analogie, certamente casuali, ma che non possono lasciare indifferenti. Insomma De Toni come Strassoldo, Peressutti in Salmè come Tavoschi? Di certo crea qualche suggestione evocare la vicenda del patto elettorale che più di 15 anni fa vide protagonista la corsa elettorale per le provinciali del 2006 con quella presunta per l’elezione del sindaco del Capoluogo friulano dello scorso anno.  Ma anche se l’ipotesi di reato potrebbe esser più o meno la stessa, volgarmente chiamata “voto di scambio”, in realtà le differenze ci sono,  a partire dal fatto che il “patto Strassoldo Tavoschi” era palesemente reale, tanto che lo scandalo esplose per il fatto che quell’accordo cartaceo impegnava il candidato presidente Strassoldo a garantire un incarico professionale da oltre 200mila euro  all’ex vicesindaco Tavoschi in cambio dell’appoggio elettorale alle provinciali. Accordo reso pubblico dallo stesso Tavoschi che, sentendosi defraudato, si era rivolto alla Direzione provinciale del lavoro lamentando di non essere stato assunto in Provincia come previsto dal “patto”. La vicenda allora finì effettivamente in tribunale con condanna a sei mesi e venti giorni per entrambi e i benefici della sospensione condizionale della pena, ma soprattutto ebbe forti ripercussioni politiche che portarono di fatto al tramonto della carriera politica di Strassoldo. Il “caso” di oggi è diverso, a parte l’analogia del fatto che sia l’ormai defunto Marzio Strassoldo  che Felice  De Toni, prima di scendere in politica, sono stati rettori dell’Università del Friuli, tutto è basato su costatazioni teoriche. Innanzitutto  sarà difficile comprovare l’esistenza di un accordo vincolante fra il sindaco e Stefano Salmè e coniuge. Le “prove” in sostanza sono solo indiziarie.  Salmè  oggi è presidente del gruppo consiliare “Liberi Elettori- Io Amo Udine” nonché fondatore del “Comitato Centro Storico Bene Comune”,  marito della neo-nominata Perissutti che ha assunto, nonostante la sua collocazione di ultradestra, atteggiamenti politicamente  inaspettati verso l’avversario di sinistra o presunta tale e soprattutto al ballottaggio non si spese in favore di Fontanini. Ma da dire che fosse in grado di pilotare voti è  missione impossibile. Sul piano giudiziario quindi c’è da pensare che l’esposto finirà in nulla ma, anche lasciando perdere sospetti relativi all’aspetto parentale, resta il problema  politico. Si parte dal fatto che non vi sono giustificazioni valide per quella nomina, la Perissutti non pare proprio avere caratteristiche professionali che giustifichino quell’incarico non avendo alcuna competenza in materia di mobilità e trasporti. Facile pensare quindi ad una logica do ut des, ma, fra i cattivi pensieri e le prove, c’è un mare di incertezze. Tutto da provare  e per questo c’è da credere che l’esposto in procura presentato dalle opposizioni di centrodestra (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Identità civica e la lista Fontanini) non avrà vita facile e finirà in un nulla di fatto,  a meno di qualche improbabile  colpo di scena “alla Tavoschi”.  Ma se sul piano giudiziario la strada è tortuosa, non così dovrebbe essere su piano politico, non solo perché l’iter con il quale si è arrivati alla nomina non è certo stato modello di trasparenza, ma soprattutto perché c’è imbarazzo nelle forze politiche di centrosinistra ma soprattutto sconcerto fra gran parte degli elettori che difficilmente possono accettare una nomina così squilibrata a destra, a meno di non ammettere che il “modello Udine” tanto rivendicato dall’happy sindic,  non si traduca in una sorta di “mini premierato”  slegato dagli elettori. Insomma sindaco non di tutti i cittadini e neppure di chi l’ha votato, ma neo-podestà che vuole rispondere solo a se stesso, facendo e disfacendo a proprio piacimento. Speriamo sia stato solo un inciampo e che subito dopo le europee, prima sarebbe  tafazziano, si arrivi all’auspicato chiarimento nel centrosinistra e non solo sull’affaire Perissutti.