Democrazia, ambiente e pluralismo valgono più di una acciaieria. Troppi in Friuli i Sotàn genuflessi che hanno perso di vista etica e deontologia
In questi giorni come FriuliSera abbiamo dovuto e voluto tenere alto il vessillo del pluralismo dell’informazione locale e ringraziamo le centinaia di persone che lo stanno riconoscendo con le loro note di apprezzamento. Intendiamoci, non ci montiamo la testa, anche perchè per noi, purtroppo, permane il grande problema della sostenibiltà economica che si scontra con la pretesa dei più di essere informati e di informare correttamente sulle loro cose, ma rigorosamente gratis. Appare ovvio che finchè non ci sarà una consapevolezza che se vuoi informazione senza padroni devi agire non solo con le pacche sulle spalle e le lodi, ma anche con il vil denaro, alla fine l’avranno vinta quelli che i giornali li coprano (non parliamo della singola copia) per utilizzarli come clava contro gli avversari o peggio per silenziare le notizie sgradite e orientare scorrettamente l’opinione pubblica. Per questo confessiamo di essere molto innervositi perchè, alla consapevolezza che quanto avvenuto dimostra che i giornali online hanno un futuro, si accopagna altrettanta delusione. A questo punto non ci resta che auspicare arrivino anche per noi delle offerte di acquisizione, preferiremmo di sostegno ovviamente, ma la delusione verso alcuni soggetti che da tempo ci avevano promesso attenzione e ora fanno gli indifferenti o peggio, ci potrebbe anche convincere che una giusta offerta, perfino da mister pigliatutto, potrebbe trovarci disponibili. Certo non per diventare l’ennesima voce del padrone, ma più prosaicamente per ritirarci a vita privata, perchè lo confessiamo, la stanchezza è molta. Tristezze a parte, l’enorme richiesta di accessi a FriuliSera che per giorni consecutivi ha decuplicato i propri flussi arrivando a superare 25000 lettori al giorno, ci inorgoglisce, anche perchè il motivo di questo boom, la vicenda Danieli e la sua palese enorme bugia, ci ha consentito di rompere con efficacia quell’assordante quasi assoluto silenzio stampa calato localmente ad arte sulla vicenda. Speriamo almeno che ci sia un briciolo di imbarazzo nei colleghi che hanno visto il loro blasonato giornale, silenziare una notizia non certamente banale. Vero che in quelle ore, dove emergeva il misfatto, erano impegnati nella trattativa su esuberi, prepensionamenti ed eventuali rimpiazzi proprio con il loro nuovo editore Nem, di cui il paron della Danieli nonché gran mogol degli industriali friulani, è in quota non marginale. Quindi avevano una “fracchiesca” ragione di più per non dispiacere al nuovo padrone, che come è noto ha una personale malefica visione delle relazioni sindacali e, basandoci sull’operazione acciaieria, delle relazioni in generale. Volendo ironizzare sembra che paron Benedetti abbia i principi cari più al “marchese del grillo” che, come forse qualcuno pensava, all’abile cardinale Richelieu, che avrà certamente mentito per coprire le sue malefatte, ma guardandosi bene da farsi scoprire. Peccato che non siamo né ai tempi tempi del Papa Re né tanto meno a quelli di re Luigi XIII di Francia, dove spesso ci scappava la ghigliottina, siamo in una democrazia che anche se imperfetta e costituzionalemnte incompiuta, dovrebbe tutelare tutti i cittadini. Basilare sarebbe quindi mantenere viva quella libertà di critica e di informazione, quella “garantita” dall’articolo 21, evidentemente mal digerita da qualcuno che pensa di avere più diritti degli altri in nome del dio denaro, spesso lasciando cadere qualche moneta per apparire un mecenate ed ottenere servile benevolenza a destra e manca. Per non parlare dell’altrettanto principio di “nessuno disturbi il manovratore” caro anche a una gran parte della politica. In questo caso non parliamo solo di paron Benedetti e simili, ma anche dei fautori delle norme bavaglio per giornali e giornalisti che da Roma fino a Trieste si stanno confezionando. La vicenda dell’acciaieria dimostra invece come la mobilitazione popolare possa far pendere le decisioni della politica dal verso giusto. Fra l’altro, rispetto alla vicenda della pretesa di avere i nomi dei firmatari della petizione, fra ieri e oggi, ci sono due elementi nuovi che dovrebbero spuntare i lunghi coltelli giudiziari branditi dall’azienda di Buttrio: il primo è il fatto che l’accordo firmato a Piombino dimostra come fosse infondata la tesi che la petizione stava avendo ripercussioni anche sulla opzione toscana dell’operazione industriale, quindi nessun danno, la seconda che, sempre quelle 21.000 firme avrebbero avuto ripercussioni sull’azionariato. Altra balla smentita dal dato che il titolo Danieli è aumentato tanto da far titolare Milano Finanza : “Danieli svetta a Piazza Affari dopo la firma del protocollo per Piombino”, in sostanza, si legge sul quotidiano economico lombardo che “Il gruppo metallurgico di Buttrio alle 16:00 di giovedì 18 gennaio tratta a Piazza Affari a quota 22,25 euro, +3,49%, aggiornando i massimi di sempre. Negli ultimi dodici mesi il titolo ha guadagnato il 30,3% e il 2024 inizia con un rialzo del 3,73%. La capitalizzazione arriva a 2,16 miliardi”. Insomma nessuna reale ripercussione per le firme dei 21000 alias Marino Visintini diventato suo malgrado formale capro espiatorio. Resta però scolpita a caratteri di ghisa la pessima figura dell’azienda di aver mentito al mondo sapendo di mentire. Speriamo magari che, in un sussulto di coscienza democratica, la Danieli ritiri quella ignobile richiesta di atti tesa alla creazione del libro nero degli ambientalisti. Se non sarà così, non si tratterà solo di uno svarione, ma di un orrendo tentativo di intimidire cittadini e lavoratori contro il quale la mobilitazione dovrebbe essere massima. Sotàn permettendo ovviamente.
Fabio Folisi