Di lavoro si muore

Parlerò senza la loro presenza, i lavoratori, senza un loro mandato, parlerò di loro. Quindi con grande rispetto, con grande umiltà, senza ambizione di avere tutte le verità e soluzioni, senza mettere bandierine, vorrei portare alcuni punti da condividere, sperando diventino una opportunità per una missione comune. Parlare è rompere il silenzio, sul lavoro, sui lavoratori, sulle aziende innovatrici, sulle protezioni della salute e della sicurezza sul posto di lavoro e a casa. Accendo la luce e vedo una catasta di problematiche nella quale va trovato un bandolo. Non è una materia infettiva, interessa solo chi lavora, migliaia di persone, i lavoratori, chi mantiene lo Stato onestamente.
Questo tema è quello che ti entra direttamente dentro il corpo. Causa la globalizzazione, allo scontro di classe, alla scomparsa della contrattazione, i lavoratori e i loro rappresentanti sono diventati vittime. Subiscono conseguenze drammatiche sulla sicurezza e sulla salute, infortuni, morti, malattie professionali mai viste. Da un monitoraggio dell’Osservatorio nazionale morti sul lavoro di Bologna, dell’Inail, dell’Inca CGIL: gli infortuni mortali 2021-1090/ 2022-1361/ 2023-1484; infortuni temporanei o permanenti (sempre traumi che segnano la vita)2021-584.089/ 2022-697.773/ 2023 oltre 750.000; malattie professionali riconosciute 2021-55.205/ 2022 60.774/ 2023 aumento del 21%. Da tenere in considerazione l’aumento doppio delle malattie per i lavoratori stranieri esposti ai lavori più disagiati. Circa un terzo degli infortuni mortali avvengono in viaggio, andando e tornando al lavoro, ma anche dovuto alla professione es. autotrasportatori, rider, ecc.. Sottolineo il posto di lavoro, a casa, posto dimenticato pieno di pericoli, 59 i morti nel 2023, dove ci vivono i bambini. Numeri che vanno aumentati di un 30% dovuti ai lavoratori non iscritti all’Inail, dei lavoratori in nero, dei precari. Attenzione! Sui posti di lavoro ci sono tutta una serie di esposizioni che prese singolarmente possono rientrare nei limiti, ma insieme non diventano sommatorie ma moltiplicatrici sui pericoli per la salute. Sono persone, vittime per scelta politica e per scelta politica sono solo cronaca. Tanti cimiteri piene di morti tutti uguali: dati anagrafici, storie abitative, storie lavorative, esposizione o rischi che dimostrano la causa del decesso. Cambiano nomi, date, non le diagnosi. Una condanna a morte, un crimine di guerra in tempo di pace. Allora, per scelta politica la protezione, diventi “questione sociale”.
E una questione culturale, di lavoro si sopravvive, di lavoro si muore. Per leggere la tematica necessita lavorare su due strade parallele: una sta nell’organizzazione del lavoro dove tutto è programmato e organizzato, dalle fasi del lavoro ai materiali; e una dove di volta in volta va organizzato es. edilizia, agricoltura, trasporto, alle manutenzioni ferroviarie. Comunque dipende dalle scelte delle persone che sono al comando, sul loro modo scelto di fare gli utili. Poi va tenuta in considerazione il ruolo e l’intervento dello Stato come proprietario diretto o come finanziatore, senza vincoli sul tema delle prevenzioni sulla sicurezza.
Di qualsiasi posto di lavoro che si parli, esce una foto che mostra un distacco sulla conoscenza della industria, del mondo produttivo, quindi, del come viene fatto il prodotto, della qualità del prodotto, dell’organizzazione del lavoro e di come lavorano i lavoratori, dei rischi e pericoli, della professionalità dei lavoratori. Di conseguenza la difficoltà a confrontarsi, ma anche a contrastare, a fare rivendicazioni. Loro, i lavoratori sono li dentro con tutti i problemi, e insieme alle aziende innovative ci hanno permesso di superare le crisi del 2008, del 2011, del 2019, e oggi stanno dentro a un processo di transizione, non hanno scelta. Una foto dove i veri emarginati sono i partiti rintanati nelle istituzioni, senza strategie per il governo dei processi, ininfluenti. Distacco e sfiducia il passo e breve.
I ritardi di questi anni hanno accatastato una serie di problematiche, ma da qualche parte bisogna cominciare. Cercando il bandolo della matassa provo a fare il punto su alcuni temi locali, parto dalle esigenze dei lavoratori, da quello che è stato fatto e dalle decisioni del Parlamento Europeo, come cornice: La protezione della salute e della sicurezza e la spina dorsale della transizione e del futuro sviluppo.
-Il tema dell’amianto è in evoluzione negativa, cito due questioni: importazioni in Europa di manufatti e semilavorati da paesi in cui non è proibito l’amianto; L’esposizione di centinaia di migliaia di lavoratori durante le lavorazioni di ristrutturazioni di edifici per il miglioramento energetico. Lavori fatti con soldi pubblici dove non si richiede un certificato di verifica preventiva della presenza di amianto, di fibre vetrose nell’edificio, e dove, l’esposizione al silicio e devastante, per numero di esposti. Anche nella nostra regione cominciano le conseguenze, i primi casi. Nei giorni scorsi l’Asugi ha elaborato un Documento sulle “Buone maniere” in edilizia, siamo in emergenza.
-Del documento europeo sull’amianto, vorrei sottolineare un punto, che ci chiama in causa, che identifica e riconosce la scelta politica fatta dai comuni dell’ex prov. Gorizia sui tubi di cemento amianto per il trasporto dell’acqua potabile. Vengono sottolineati come importanti gli studi italiani recenti e l’applicazione del principio di precauzione, un esempio da seguire l’esperienza italiana, che è quella della ex Prov. di Gorizia. Inoltre ci sono studi riconosciuti dell’istituto Ramazzini di Bologna, del Prof. Brandi fatti proprio dall’Osservatorio Nazionale amianto che indicano le conseguenze nei tumori al fegato, ovaie, colon, stomaco. Quando pensiamo all’amianto lo colleghiamo al mesotelioma, purtroppo bisogna rendersi conto che non è solo cosi.
Sono tre i temi su cui si attende una decisione:
-ci sono oltre 100 leggi tra nazionali e regionali che regolano l’acqua potabile, ma nemmeno una che definisca il limite di sicurezza. Per gli enti di controllo, in mancanza di norme nazionali, rimane una indicazione americana dei primi anni 2000 che fissa il limite di 7 milioni di fibre per litro. La risoluzione del Parlamento Europeo del 2013 dice: non esiste livello minimo sotto il quale si è sicuri;
-la questione dei tubi dismessi che diventano rifiuti speciali. Che fare? Rimuoverli costa tanto o lasciarli sotto terra e riutilizzarli? Vanno date indicazioni in merito con una nuova interpretazione della legge sui rifiuti sulla base delle indicazioni scientifiche in merito;
-gli interventi di prevenzione necessari in prov. Udine 800Km e Pordenone 450 Km. “E un dovere di tutti fare questo Patto generazionale”.
Infine, quale è lo stato di salute delle acque della Regione sull’amianto? Campagna prelievi 2005 i risultati non risultano ancora pubblicati!!! Campagna prelievi 2017 i risultati non sono ancora disponibili!!! (documento del Crua).
Ritengo necessario riflettere anche su questi punti:
-siamo in una realtà produttiva con aziende di Stato o che ricevono contributi dallo Stato, quindi la competitività deve essere legata al rispetto delle leggi o normative di prevenzione della sicurezza e salute, ai reali corsi di formazione e ai reali utilizzi degli strumenti adeguati di prevenzione personali.
– sull’aggiornamento della Direttiva UE del 2018, in materia di sostanze cancerogene negli ambienti di lavoro che peggiorano i rischi per la salute dei lavoratori. In particolare la silice cristallina, cancerogena, materia prima per le fibre artificiali vetrose, il limite di pericolo è stato portato da 0,05 mg/m3 a 0,1 mg/m3.
– sul ruolo dell’Inail che condivide diversi studi, partecipa a convegni, elabora documenti nella quale richiama l’importanza di rispettare le indicazioni di prevenzione individuale, in attesa di ulteriori conoscenze. L’Inail, che ha un utile, una disponibilità liquida di oltre 26 miliardi. Appetibile per il primo governo Conte per 1,5 miliardi per un taglio del cuneo fiscale!!! O del lavorio politico attuale per ridurre la parte finanziata dalle aziende. L’Inail finanzia anche progetti di prevenzione es. sull’amianto. E allora perché non chiedere di utilizzare i soldi fermi per finanziare “progetti di prevenzione” per i lavoratori esposti alle fibre, sulla base dei suoi studi.
– sul ruolo della Regione per un “centro di ricerca” per verificare le sostanze che compongono i materiali e la loro possibile pericolosità per la salute dei lavoratori, es. silicio. Le etichette sui materiali certificano solo il rispetto delle norme in atto.
– sul ruolo della Regione per il “tesserino individuale”, un registro, per la raccolta dei tempi, del tipo di esposizione e del tipo di materiale. Dati determinanti nella cura medica, e nella futura pensione. Va tenuto in considerazione la continua e veloce evoluzione dei materiali, e che questi lavoratori sono nelle ditte di appalto, a volte difficilmente rintracciabili.
La sicurezza sul lavoro è la spina dorsale per costruire il futuro, per dare garanzie ai lavoratori di un’unica vita, evitando che il lavoro provochi, come conseguenza, che una parte del corpo si ammali, e venga sentita come separata e come una vergogna. Una vita di sofferenza.
Questi lavoratori vanno a lavorare per un futuro loro e della propria famiglia, del Paese Italia. Mai più vittime, monumenti, testimonianze e perdite di tempo. Si rivendichi oggi i loro, i nostri diritti, non contrattabili. La condizione indispensabile è costruire un fronte ampio, un patto tra le forze politiche, istituzioni, sindacati, associazioni, medici, ricercatori, imprenditori, nella linea della Costituzione. Farsi carico della responsabilità morale è la condizione per tornare a fare politica, tornare a scegliere e decidere, cioè fare quello che va fatto. Solo quando la politica incontra il popolo, i cittadini, e insieme scendono in piazza i temi si trasformano in conquiste vere che cambiano la vita. E successo questo con la Resistenza, le grandi riforme degli anni 70, il miglioramento sui diritti, la dignità, le conquiste dei lavoratori nei posti di lavoro.
I lavoratori non hanno scelta, loro la ci sono. Di lavoro si muore! Facciamola finita, basta.
Luigino Francovig
Monfalcone