Dopo lo choc della arida sentenza Tar, ora è fondamentale la mobilitazione: la Regione si appelli al Consiglio di Stato
Le sentenze si rispettano, ma si possono commentare e soprattutto impugnare. C’è da sperare infatti che la decisione del Tar sulla vicenda delle firme della petizione No acciareia non sia conclusa con la sentenza del Tar che imporrebbe alla Regione Fvg la consegna alla Danieli spa, entro un mese, delle anagrafiche dei firmatari della petizione, con conseguenze facilmente prevedibili. Non una pur possibile richiesta di risarcimento danni, che sarebbe davvero temeraria e aprirebbe anche per il numero (oltre 20.000 cause) ma più facilmente la costruzione di una lista nera per colpire eventuali dipendenti, spiranti tali e fornitori dell’azienda di Buttrio “rei” di avere espresso la propria opinione su una questione socilmente rilevante. Tanto rilevante che dopo i noti pasticci e tentennamenti, la giunta regionale decise il no definitivo al progetto Danieli-Metinvest, non certo per le firme in se ma per la forza delle ragioni espresse dai territori interessati. E’ possibile ed auspicabile quindi che la Regione Fvg impugni la sentenza dinnanzi al Consiglio di Stato. Il passaggio non è però automatico, bisogna che vi sia la volontà politica di resistere. Resistere non solo nel merito della sentenza, come ha ben espresso ieri commentando l’avvocato Monai che rappresentava alcuni “cointeressati” (i firmatari) nella vicenda, ma soprattutto per il fatto che i giudici non hanno in pratica considerato l’intero quadro della situazione, soprattutto le ripercussioni che potrebbe avere il possesso di quella lista di nomi in mano all’azienda di Buttrio. Una sorta di mini dossieraggio legalizzato, spiegava Monai ieri: “domandiamoci se questo pingue schedario di soggetti “ostili” alla nuova acciaieria possa mai discriminarli ora che Danieli potrà svelare se tra essi vi siano suoi dipendenti o se taluno dei firmatari, in futuro, ne domandasse l’assunzione”. Senza contare che in linea pratica il TAR ha ritenuto che la dichiarata volontà di Danieli di conoscere quei 21.974 nomi per promuovere contro tutti costoro le azioni risarcitorie e le querele per diffamazione costituisca non un’indebita pressione ma “il legittimo esercizio di un diritto”, anche se il legale della Danieli avrebbe rassicurato, solo ai media e non nel processo, spiegava Monai “che non sarà questa la reale intenzione del colosso siderurgico”. In sostanza però viene da chiedersi, se non verranno trascinati in giudizio a cosa servono quei nomi, evidentemente i giudici del Tar hanno valutato le questioni aridamente, asetticamente rispetto alle ripercussioni reali, non considerando in pieno la valenza della loro decisione. Sarà quindi fondamentale che la Regione impugni la sentenza, del resto una decina di giorni orsono l’intero Consiglio regionale si era schierato in difesa del diritto dei cittadini di esprimersi attraverso le petizioni che, anche se la mozione votata non faceva riferimento diretto alla vicenda in discussione al Tar, dovrebbe essere qualcosa di più di un impegno morale. Speriamo che il Consiglio regionale non deluda i cittadini che rappresenta. Ma siccome fidarsi e bene, ma non fidarsi è meglio, servirà che vi sia un forte pressione dal basso sulla politica, perchè la questione non è certo di poco conto, in gioco ci sono concetti basilari, irrinunciabili in una democrazia, la libertà di espressione e la possibilità per i cittadini di manifestare le proprie opinioni su questioni specifiche non possono essere violentate dalla volontà di vendetta di nessuno.